martedì 29 giugno 2010

[Ebook - ITA] Io, Rocco

IO, ROCCO

“È piùfortedime…”

l'autobiografia di Rocco Siffredi

Ingrandimenti



Rocco Siffredi


IO, ROCCO


MONDADORI


Indice


Le fotografie contenute nell'inserto, ove non diversamente specificato,
appartengono alla collezione privata di Rocco Siffredi.

ISBN 88-04-55995-0

Copyright © Adcan, 2006 Rocco par Rocco
This hook is published by arrangement with the French Publishing House
Michel Lafon Publishing S.A.
© 2006 Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., Milano
Titolo dell'opera originale: Rocco parRocco
I edizione settembre 2006


11 Premessa
13 Da Ortona..
.
23 ...a Parigi
31 Da Denise a Supersex
41 La scuola americana e la scuola francese
45 Attore porno, un mestiere a rischio
51 Una parentesi nella mia vita di attore
59 Alla conquista degli States
65 H caro prezzo della gloria
71 I miei rapporti con i fan
77 Rocco's style
83 L'ipocrisia dei media
87 I misteri della legislazione
91 Fantasticherie e realtà
95 II porno e le sue metamorfosi


101 Rocco e le sue sorelle

109 Ieri, oggi e domani

117 Vent’anni di carriera, vent'anni di passione

133 Dall'altra parte della camera

141 Gabriele, il mio alter ego

145 Rocco e i fantasmi


147 CINEMA e cinema Io, Rocco
159 Che fortuna avere dei genitori fantastici
169 Gennaro, il mio fan più sfegatato
175 La mia tribù: la mia ragione di vita
191 Domani è ora


Ho iniziato a fare film porno più di vent'annifa, e quando mi hanno
offerto l'opportunità di parlare di me attraverso un libro l'ho accolta
con entusiasmo, perché sicuramente è la migliore occasione che potessi
immaginare.

Dedico, dunque, questo libro a tutti i miei fan con i quali, pur-
troppo, anche quando li incontro durante i miei viaggi, non ho mai il
tempo di parlare con calma. A tutti voi che avete sempre seguito e
apprezzato il mio lavoro.

Intendo darvi qui un'immagine franca e sincera dell'ambiente
della pornografia e, al tempo stesso, offrimene una descrizione meno
caricaturale di quella che abita le fantasie dell'immaginario comune.

Voglio trasmettervi la mia passione e la mia energia, ma soprattutto
era da tempo che cercavo il momento per ringraziarvi di essermi
stati accanto per vent'anni: tutti ifilm che ho fatto, che mi hanno
dato piaceri ed emozioni che non dimenticherò mai, sono tanto miei
quanto vostri.

Spero di cuore di esserci riuscito.


Premessa


Da sempre la pornografia è oggetto delle più diverse riflessioni
da parte dell'umanità. Che cosa è pornografico, e che cosa
non lo è? Che cosa è perverso, e cosa no?

Sono domande che portano le persone a confrontarsi e a scontrarsi
tra loro.

Questo mi ha sempre incuriosito.

Il modo in cui le persone si accalorano su questi argomenti
e come difendono affermazioni parziali con un convincimento
assoluto mi ha fatto sempre sospettare che in fondo a ognuno
di noi queste domande restino sospese come in un ammasso
nebuloso di contraddizioni e grandi conflitti intimi.


Da Ortona..
.


Sono nato nel 1964, il 4 maggio, a Ortona, una cittadina sulla
costa adriatica, in Abruzzo. Mio padre faceva il cantoniere e
mia madre, come la maggior parte delle donne in quel periodo,
faceva la moglie e la madre di cinque maschietti e una
femmina.

Com'è stata la mia infanzia? Normale.

Oggi, che sono un uomo adulto, che so cosa vuol dire essere
padre, mi rendo conto di quante e quali rinunce abbiano dovuto
fare i miei per darci una vita dignitosa. E non è solo questo.
Ciò che ancora mi emoziona è il ricordo della loro delicatezza
e generosità di modi nei confronti di noi bambini,
quando cercavano di non farci capire che i soldi erano già finiti
e che loro, per esempio, mangiavano cose diverse da quelle
che stavano nei nostri piatti.

***

Io sono il penultimo dei figli e con Antonio, il più piccolo, ho
vissuto la mia infanzia insieme ai miei due amici Claudio e
Luciano.

Vìvevamo nel complesso delle case popolari dove i bambini
giocano tutti per la strada. C'erano due bande, una la comandavo
io e l'altra Ernesto. Io ed Ernesto, naturalmente, eravamo rivali.
E questa cosa, ancora oggi, mi fa sorridere, quando mi capita
di incontrarlo in paese. I giochi erano sempre gli stessi, le


14 Io, Rocco

bande si battono o per il territorio o per il semplice gusto di battersi.
Ma il nostro gioco preferito era costruire le capanne sugli
alberi e bruciare quelle della banda avversaria. Eravamo una
ventina, le nostre armi erano archi fatti con le stecche degli ombrelli.
Ci allenavamo a tirare su uno dei ragazzi scelto a sorte, e
questo, per non prendersi una freccia in un occhio, si metteva
di spalle; ciononostante, più d'una volta ho dovuto riportare
qualche bambino dalla madre con una freccia in un orecchio...
che incoscienza, ho i brividi quando ci ripenso! La nostra era
una banda rispettabile, avevamo perfino il nostro quartier generale.
A casa di Donato. Uno di noi la cui madre non aveva più
marito e perciò doveva andare a lavorare. Quando lei usciva di
casa, noi prendevamo possesso del territorio. Distribuivo le mie
guardie sulle mura del fortino e con i miei ufficiali aprivo il
consiglio di guerra. Una volta la mamma di un bambino è venuta
a dirmi di lasciare che anche suo figlio qualche volta faces-
se il capo. Io, intimorito, subito le ho detto di sì, ma appena se
n'è andata ho dato al figlio due giorni di rigore. Una delle poche
cose che un bambino sa da subito è cos'è un capo!

Il personaggio della mia famiglia che più di tutti mi incuriosiva
era un uomo che in realtà io non ho mai conosciuto. Era il
mio nonno materno. Mia nonna, sua moglie, come fanno le
vedove che restano sposate anche nel lutto, non faceva che
parlarmene, e più mi raccontava e più quest'uomo, nella sua
astrattezza, diventava per me una figura fantastica.

Mia nonna ha sfornato un figlio all'anno, non ne ha saltato
uno, regolare come un orologio svizzero. E così, siccome il
nonno di mogli ne ha avute due, tra quelli della prima e quelli
della seconda, ha avuto ventiquattro figli!

L'Italia era ancora un Paese rurale e la famiglia di mia madre
viveva dell'allevamento di tori da monta. Non cederete
mica alla tentazione di risatine allusive...! C'è stato un momento,
a quell'epoca, in cui questo lavoro ha avuto una grande
crisi. Ve lo ricordate quel film di Totò, per me il più grande
attore della commedia brillante italiana, in cui si parla della
"grande moria delle vacche"? Ecco, il periodo era quello. C'e-

Da Ortona...

ra stata una grande carestia di vacche da monta e i tori erano
molto nervosi. Non si accoppiavano da diversi giorni e cominciavano,
come si dice dalle mie parti, a fare cattivo sangue.
Mio nonno è morto perché, mentre cercava di rinforzare gli
attacchi di uno di questi tori irrequieti, la catena si è spezzata e
il toro l'ha incornato.

***

I miei genitori erano credenti e praticanti. Sono andato a messa
tutte le domeniche mattina fino a quindici anni. E non sol-
tanto andavo in chiesa, ma dovevo anche fare il chierichetto.
Mia madre avrebbe voluto che io diventassi prete della comunità
della parrocchia di San Giuseppe. Ci teneva tantissimo.
Ero il più alto dei suoi figli, avevo un bell'aspetto e per lei sarebbe
stata una soddisfazione enorme vedermi vestito con una
tunica nera lunga fino ai piedi. Ma il mio destino non ha
previsto per me che prendessi i voti!

Oggi il mio rapporto con la religione è ben più consapevole
di allora. Ma la mia è una scelta personale, interiore, che mi
conduce a una spiritualità intima e mi porta a non riconoscermi
nei dettami dei rappresentanti della Chiesa.

Ho avuto una sessualità precoce, e senz'altro questo lavoro ha
fatto sì che la potessi liberare nel corso degli anni in modo
sempre più forte.

La domanda che mi sono sentito porre più volte, in tutto
questo tempo, è stata sicuramente perché ho scelto di fare l'attore
porno. Naturalmente il motivo sembra essere troppo evidente
per essere credibile: il piacere di fare sesso con tantissime donne
belle e diverse, di tutto il mondo. Una risposta che può sembrare
banale, ma è la pura e semplice verità.

Mi sono masturbato per la prima volta a dieci anni. La prima
eiaculazione è stata come scoprire il paradiso! Potevo godere
semplicemente accarezzandomi, da solo, potevo farlo
ogni volta che volevo, dipendeva solo da me, in totale autonomia.
Una sensazione di piacere e di libertà insieme! Da quel


16 Io,Rocco

momento, ho cominciato a chiudermi in bagno sempre più di
frequente. Purtroppo, però, la finestra della terrazza dava proprio
sul bagno e, un giorno, mentre me ne stavo lì tutto intento,
ho alzato la testa, ho aperto gli occhi e chi c'era dall'altra
parte di fronte a me? Mia madre! Stava facendo il bucato, si
era accorta di me e mi stava guardando!

Sono rimasto impietrito dalla vergogna. Non avevo il coraggio
di uscire e affrontare il suo sguardo. Sono rimasto in bagno
per altre due ore. Sentivo la voce di mia madre che, come se
nulla fosse, mi chiamava per la cena: «Hai finito? La pasta si
raffredda». Alla fine mi sono detto che non potevo restare lì
per tutto il giorno. Accada quel che deve accadere! Ho preso
un gran respiro e sono uscito. Non sapevo esattamente che tipo
di reazione mi sarei dovuto aspettare, evidentemente nemmeno
lei. Mia madre non ha detto niente. Sono riapparso in
cucina e lei ha fatto finta di niente, mi ha guardato e nei suoi
occhi ho visto una malizia delicata: si era accorta che suo figlio
era diventato grande.

La domenica pomeriggio tutti i miei amici restavano incollati
alle radioline ad ascoltare le partite di calcio. Io impazzivo,
mi sembrava di essere l'unico a sentire questa spinta in
mezzo alle gambe. Mi sentivo strano, diverso.

Naturalmente, crescendo le cose sono peggiorate.

D'estate, dopo la scuola, lavoravo come ragazzo di spiaggia:

aprivo gli ombrelloni, portavo le sdraio, pulivo la spiaggia.

Bastava che una ragazza mi stringesse la mano o mi lancias


se uno sguardo ammiccante, che accavallasse le gambe, e mi ri


trovavo con un'erezione immediata e incontrollabile. Ve li ri


cordate quei costumi degli anni Ottanta a pantaloncino così

stretti... Dovevo tuffarmi subito in acqua. E restarci per delle

ore, a volte, finché la ragazza non se ne andava!

Se capitava che una ragazza, mentre prendeva il sole, muo


vendosi, lasciasse intravedere qualche pelo pubico dal costu


me, correvo a masturbarmi dentro una cabina o dietro la rimes-

sa delle sdraio.

Facevo anche tre ore di autobus per andare a trovare una

Da Ottona...

ragazza, sperando almeno che mi desse il bacio che mi aveva
fatto desiderare.

A scuola ho immaginato le insegnanti in qualsiasi situazione
erotica, ho avuto su di loro fantasie improbabili. Non ne ho
risparmiata nessuna, a prescindere dalla loro età e dalla loro
bellezza. Le fantasie erotiche che avevo a quel tempo mi sorprendono
ancora oggi, dopo che ho fatto oltre mille film!

La mia libido si stava sviluppando in modo imbarazzante. Cominciavo
a rendermi conto che tutto il mio vigore sessuale poteva
essere davvero troppo ingombrante in un paese piccolo
come Ortona. All'epoca non si parlava di sesso, o meglio non si
parlava della propria sessualità, non ci si confidava su argomenti
del genere. Non avevo un termine di paragone, e davo
per scontato che la mia sessualità fosse come quella di tutti gli
altri.

In ogni caso, mi sono masturbato così tanto, nella beatitudine
di questi anni, da procurarmi una cistite cronica all'uretra.
Quando marinavamo la scuola, facevamo varie stronzate per
passare il tempo. Una volta ho lanciato l'idea del torneo di seghe.
Vinceva chi veniva più volte. Il mio record all'epoca rima-
se imbattuto: undici eiaculazioni in sei ore.

La cistite mi provocava un forte bruciore dentro il pene che
io scambiavo per voglia di sesso e così continuavo a masturbarmi.
Per qualche ora mi sentivo appagato e poi, giù di nuovo, ricominciavano
forti bruciori. Era diventato un circolo senza fine,
più mi bruciava e più mi masturbavo.

Mia madre era preoccupata per i miei bruciori all'uretra. Mi
fece ricoverare e, dopo circa due settimane di controlli minuziosi,
un giorno il medico venne nella mia stanza e mi disse
discretamente all'orecchio: «Ragazzo, bisogna che smetti di
masturbarti se vuoi guarire».

Tuttora non so se corrisponda a verità quella storia che se ti
masturbi troppo perdi la vista, ma a quel tempo io ho perso
sette o otto diottrie per occhio!

***


18 Io, Rocco

Ho scoperto la pornografia a tredici anni. Andavo al mare a
piedi e lungo la strada statale trovavo le riviste pornografiche
gettate via dai camionisti e le raccoglievo. Le pagine erano appiccicate
dallo sperma, io le staccavo piano piano, con attenzione,
per non rovinare le fotografie, e le conservavo gelosamente
nascoste in cantina. La scoperta di queste riviste ha
avuto un'importanza assoluta. Le donne che vi trovavo erano
le mie fidanzate, mi davano orgasmi inimmaginabili. Era come
se ognuna di loro mi regalasse un pezzo del proprio corpo
e io me ne prendessi cura.

Tra questi giornalini quello che mi aveva completamente
sedotto era "Supersex". Sarà stato per il modo di fotografare in
bianco e nero, o non so cosa, ma dentro quelle immagini c'era
un realismo avvincente, come se i personaggi mi si materializzassero
davanti.

Il protagonista era una specie di supereroe che veniva da un altro
pianeta e viveva avventure sul genere dell'heroic fantasy.
Grazie al suo fluido erotico, tutte le donne si sentivano irresistibilmente
attratte da lui. La sua frase celebre, ogni volta che
aveva un orgasmo, era "ifix tcen tcen" che rimane tuttora la parola
d'ordine fra gli affezionati. Quando ho scoperto Supersex,
ne sono rimasto subito ammaliato.

Ogni ragazzo ha i suoi eroi, una rockstar, un campione spor


tivo, un attore del cinema. Io avevo Gabriel Pontello! L'attore

che interpretava Supersex. Ogni volta che trovavo per la strada

una rivista con lui, me la guardavo avidamente. Pensavo: "Che

fortuna! Scopa tutte le donne più belle del mondo e magari lo

pagano pure!".

Gabriel Pontello era così carismatico! Aveva una personalità

poderosa, energica. Sembrava uscire dal giornale e materializ


zarsi nella realtà.

Questo attore aveva un impatto fortissimo sull'immaginario

erotico dei lettori. Voglio raccontare un episodio, accaduto in

un paesino di montagna vicino L'Aquila, tanto per darvi

un'idea di fino a che punto il suo personaggio fosse capace di

coinvolgere i lettori.

Da Ortona...

Entriamo in un ristorante in compagnia di Gabriel Pontello.
Il cameriere lo riconosce. Sta quasi per svenire. Comincia a
tremare, sudare e balbettare e, quando finalmente si rilassa un
attimo, durante il pranzo, gli si avvicina e gli chiede: «Mi scusi,
posso farle una domanda? Siccome ho mancato l'uscita dei
numeri 233-234 che ero influenzato... mi ricordo che nel 232 lei
era sceso sul pianeta Terra e aveva recuperato le due fiche che
l'avevano aiutato a fuggire... ma poi cos'è successo? Perché nel
235 subentra quel personaggio che non ho mai visto prima e
che vuole farla fuori... Cos'è successo?».

Immaginatevi la faccia di Pontello! Che ne sapeva lui delle
storie che l'impaginatore costruiva intorno alle sue scene di
sesso? E immaginatevi pure la faccia del cameriere che in
quell'istante aveva intuito che nessuno di quegli attori, compreso
Gabriel Pontello, conosceva le storie che interpretava.

In ogni modo, è stata la scoperta di Gabriel Pontello e dell'universo
della pornografia a cambiare la mia vita.

***

Accade qualcosa un giorno a casa mia. All'interno della mia famiglia.
Un'emozione violenta come un terremoto che sconquassa
tutti i nostri equilibri.

Mio fratello maggiore, Claudio, muore a soli dodici anni. Io
ne avevo sei. È stato il dramma di tutta la mia infanzia.

I miei genitori hanno fatto di tutto per salvarlo, avrebbero dato
la loro stessa vita. Per sei o sette anni l'hanno portato da ogni
specialista che sembrava prospettare una via di salvezza. Ma lui
si era ammalato di una malattia incurabile. Un pomeriggio è andato
a dormire come faceva di solito e non si è più risvegliato.

Prima dei sei anni non ho alcun ricordo, tranne questo. Quel
giorno nella mia camera c'erano dei palloncini che avevo portato
a casa da una festa: li ho scoppiati tutti dalla rabbia. È stata
la mia prima vera tristezza.

Mia madre è sprofondata nel dolore, il dolore di chi subisce
la peggiore maledizione, quella di sopravvivere al proprio figlio.
Io sono stato mandato per qualche mese a Milano da una


20 Io, Rocco

zia. Cinque o sei mesi dopo le cose cominciavano a migliorare,
perciò mi hanno fatto tornare a Ortona. Ma quando ho visto
mia madre che apparecchiava la tavola e serviva tutti, anche
Claudio, come se stesse ancora con noi, per me è stato uno
shock brutale.

Mio padre ha dovuto tentare, faticosamente, di riportarla
alla realtà, ma mia madre si è ostinata, giorno dopo giorno, a
riempire questo piatto davanti al posto che sarebbe rimasto
vuoto per sempre...

Quando Claudio è morto si è vestita di nero e ha continuato
a vestire il lutto ogni giorno. E ogni giorno è andata con mio
padre al cimitero. Un anno a Ortona ci fu una nevicata particolarmente
abbondante, ma loro riuscirono comunque a fare la
loro visita quotidiana al cimitero, in Vespetta, perché mia
madre obbligò il marito a spalare la strada. Mio padre rientrò
a casa bestemmiando. La Vespetta era il solo mezzo di cui disponeva.
Più di una volta sono caduti per la pioggia o sul
ghiaccio, e spesso mia madre si è fatta male.

Questo è stato un periodo di grande sofferenza che mi ha lasciato
troppi ricordi tristi. Oggi mi capita spesso di sentirmi dire
che nei miei occhi c'è sempre un leggero velo di malinconia.

Da quel momento in poi, la percezione che appena cominciavo
ad avere di me stesso nella realtà è cambiata. Mi sentivo
grande, responsabile, volevo partecipare ai sacrifici dei miei
genitori, togliere loro qualche responsabilità. Ed ero orgoglioso
di poter contribuire in qualche modo, anche solo in rrrinima
parte.

È stato per questo che sin dall'età di nove, dieci anni, durante
le vacanze scolastiche, andavo a lavorare in spiaggia.

***

Ho smesso di studiare a sedici anni, dopo aver preso l'attestato
di tecnico elettronico. L'elettronica non era nemmeno mai
stata una mia passione! Be', la mentalità dell'epoca prevedeva
una formazione professionale e io avevo uno zio che lavorava
alla SIP. Questo zio mi aveva promesso che mi avrebbe fatto

Da Ortona...

entrare in azienda con lui se mi fossi impegnato a terminare i
tre anni di studio, e con il massimo dei voti.

Tuttavia, benché ci fossi riuscito, mio zio non mi ha mai trovato
lavoro. In un certo senso, lo devo ringraziare, altrimenti
ora starei ancora a piazzare telefoni e, molto probabilmente, a
cercare di sedurre qualcuna delle clienti!

Ho lavorato anche in cantiere, come manovale, e lì ho scoperto
che costruire case è molto faticoso. E dunque ho pensato,
come la metà dei miei coetanei, di farmi un libretto di navigazione.
Sono andato dal medico che rilasciava il certificato di
idoneità. Dopo la visita, il medico mi ha detto che aveva bisogno
dell'esame dello sperma.

«Ma come dello sperma?» faccio io.
E lui: «Certo. Devi andare per mare, no?». E mi ha allungato
un giornalino porno. «Masturbati!»

Mentre io mi facevo questa sega lui mi si è piazzato davanti,
mi guardava e ansimava forte, senza mai distogliere lo sguardo
dal mio pene. Era disgustoso. Parlando con gli altri ragazzi,
poi, ho scoperto che tutti erano passati per la perversione di
quel medico.

Parto, dunque, come mozzo per tre mesi su una piccola petroliera.
È stata un'esperienza terribile, perché prima di allora
non lo sapevo mica che soffrivo di mal di mare! Per tutti e tre i
mesi ho vomitato pure l'anima! Il lavoro non era male, dovevo
pulire i bagni, la mensa, la cucina e servire ai tavoli. Ma, dopo
qualche settimana, le mie condizioni erano peggiorate: ero
debilitato fisicamente a causa del troppo dar di stomaco. Il
primo ufficiale ha avuto pietà di me e mi ha trasferito nella sa-
la macchine, con la speranza che il mio stato migliorasse.

Durante la navigazione facevo turni di lavoro di due ore e
quattro di riposo. Il lavoro si limitava al controllo dei macchinari.
Purtroppo, in sala macchine, con l'odore di benzina, era ancora
peggio e, appena lasciavo la cuccetta, dovevo camminare
per tutto il tempo che ero in servizio con un secchio in mano...

Se mi hanno sbarcato in Sicilia, tuttavia, non è stato a causa
del mal di mare. In stanza con me dormiva un ragazzo nero, e i
marinai l'avevano preso di mira con scherzi davvero pessimi. A


22 Io, Rocco

pranzo vedevo spesso che non mangiava o addirittura rimetteva
tutto. Una volta mi sono deciso e ho assaggiato il suo pasto.
Era immangiabile, disgustosamente salato. Qualche giorno dopo
sono salito di proposito in sala mensa prima degli altri e ho
sorpreso uno dei marinai mentre svuotava l'intera saliera nel
piatto del ragazzo. Mi sono avventato su di lui e ci siamo riempiti
di pugni. È stato quell'episodio che mi ha fatto finire dal capitano
assieme al marinaio stesso e, senza nemmeno cercare di
capire chi avesse torto o ragione, questi ci ha sbarcati entrambi.

Finiva così la mia carriera marinaresca, ma stava per iniziare
la prima più grande avventura della mia vita.
Rotta per Parigi...

...a Parigi


Tornato a casa, avevo mille domande nella testa, mille dubbi.
L'idea di fare lavoretti per guadagnarmi da vivere non era entusiasmante,
perciò cosa avrei avuto da perdere se avessi tentato
di andare a fare qualcos'altro da qualche altra parte? Telefono
ad Armando, mio fratello, che lavora in un ristorante a
Parigi.

Armando mi trova da lavorare con lui come cameriere. Ho
diciassette anni, mi ritrovo in Francia e sono... felice.

Mio fratello era il direttore di un ristorante della catena Casa
Nostra. Per sei mesi ho lavorato e mi sono adattato alla lingua
e alla vita francesi senza alcun problema. Finito di lavorare, filavo
dritto alla palestra Gymnase Club di Porte Maillot. Adoravo
fare sport. Nei pomeriggi d'estate andavo a rimorchiare le
ragazze alla Place Trocadéro. E stato uno dei più bei periodi
della mia vita. Finalmente mi sentivo a mio agio nel pieno del-
la mia giovinezza, potevo esprimere tutto il vigore delle mie
energie. Ero libero, indipendente e vivevo a Parigi.

Ero nel bel mezzo di questa spensieratezza quando ho conosciuto
Claudia. Una classe di studenti tedeschi era venuta a
mangiare nel ristorante dove lavoravo. Quando ho servito
Claudia i nostri sguardi si sono incrociati e in quell'attimo, non
so perché, ho saputo subito che io e questa sconosciuta ci saremmo
innamorati. D. colpo di fulmine! Proprio come te lo raccontano,
e tu pensi sempre che non esiste.


24 Io, Rocco

Lei non parlava né francese né italiano, e io non conoscevo
né il tedesco né l'inglese. Non sono riuscito a smettere di guardarla
per tutto il tempo; non potevo dirle una sola parola,
l’ammiravo e basta. Non ho realizzato che stava per ripartire
finché questo non è accaduto. Non ho pensato di darle un numero,
di fare qualcosa per non perderla. Non potevo pensarci,
mi dicevo: "Sei un coglione". La sera sono tornato al lavoro e
lei era lì davanti al ristorante e stava aspettando me. Non siamo
stati a cercare le parole, non siamo stati a pensare ai modi,
ci siamo stretti. E basta. Io avevo diciassette anni e lei quindici,
non di più. In qualche modo è riuscita a spiegarmi che aveva
trovato un escamotage per restare fuori tutta la notte. Quella è
stata la prima volta che ho passato una notte intera con una
donna stretta addosso a me, a fare l'amore.

Non è stato come la "prima volta".

Avrò avuto più o meno quattordici anni, ma sembravo più
grande. Accadde a Pescara con una studentessa che avevo incrociato
sull'autobus e che aveva, credo, ventitré anni. Stava
per finire i suoi studi e abitava in un appartamento con altre
quattro amiche. Non era straordinariamente bella, e si è presa
cura di me come avrebbe fatto una professoressa che istruisce
uno studente all'amore. Era dolce e mi comunicava molta complicità.
Io ero nervoso, e lei aveva una pelle bianca con un pube
peloso e nero. Per la prima volta lo mettevo dentro una donna.
Era bagnata, calda e avvolgente! Dopo tre o quattro colpi, sono
venuto subito.

Da quella volta, poi, ho solo cercato di rifarlo, ma spesso

con scarso successo. Ero costretto soprattutto a praticare il co


siddetto "petting". Le ragazze che incontravo rimandavano

continuamente con le solite scuse: l'amore vero, il fidanza


mento, il matrimonio e così via.

Ovviamente, a Ortona frequentare una ragazza era normale,

ma già alla seconda dovevi cominciare a fare attenzione. Alla

terza avevi ormai la reputazione di essere un porco. Vivere in

un paesino era così.

... a Parigi

Claudia, così giovane, aveva cancellato in una sola notte tutta
questa frustrazione. E divenne la mia prima storia sentimentale
seria.

Questa notte costò a Claudia qualche problemuccio. Perché in
hotel si erano accorti che lei non c'era. Era stata perfino avvertita
la polizia.

È ripartita per la Germania due giorni dopo e per due settimane
circa non ho più saputo nulla di lei. Ero innamorato. Ero
bloccato a Parigi, e non sapevo cosa fare per rivederla. Anche
Claudia si era innamorata esattamente come me e, forse sarà
stata l'incoscienza dei suoi quindici anni, di punto in bianco ha
fatto le valigie e lasciato la sua famiglia e il suo Paese per venire
da me. Il suo coraggio mi ha fatto sentire un uomo. Mi sono trovato
cresciuto tutto a un tratto. Era felicità pura e spensierata. Io
e lei eravamo una coppia, una vera coppia, anche se vivevamo
da mio fratello. E cominciavamo a fare i nostri progetti per il futuro.
Ma, nemmeno due settimane dopo, arriva la cattiva notizia
dall'Italia: ricevo la cartolina di chiamata al servizio militare.
Il servizio militare in sé non mi creava alcun problema, ma
l'idea che per un anno avrei dovuto interrompere la quotidianità
con Claudia mi era assolutamente insopportabile. Allora
decido di portare Claudia a Ortona: voglio che i miei genitori la
conoscano. Passiamo insieme ancora gli ultimi dieci giorni prima
della mia partenza e poi insieme andiamo alla stazione, lei
se ne torna a casa in Germania e io mi dirigo alla caserma di Albenga.


Volevo essere riformato. Ho fatto di tutto. Poi mi sono ricordato
della mia cistite cronica... e, all'improvviso, ha ricominciato
a farmi stare molto male! Riesco a farmi spedire all'ospedale
militare di Genova per gli esami. Ingenuamente, inquino
perfino il flacone degli esami dell'urina lasciando che qualche
goccia di sangue ci cada dentro. Naturalmente, quel dottore ne
ha viste più di quante io ne possa immaginare. Mi rifa l'esame,
ma questa volta, urinando davanti a lui, non posso usare la lama
del rasoio, e così può accertare che i valori sono assoluta



26 Io, Rocco

mente nella norma. Sono stato subito rimandato alla mia unità
che, dopo il primo periodo di addestramento, era stata trasferita
a Cremona. Per cinque mesi Claudia e io ci siamo scritti lettere
interminabili, tutti i giorni, ininterrottamente. Lei mi rispondeva
sempre, poi tutto a un tratto non ho più ricevuto
niente. Claudia ha smesso di scrivermi, senza motivo. Non potevo
immaginare che si fosse stancata di me, e vivevo nella
speranza che non fosse quella la ragione.

Dopo il servizio militare sono tornato a Parigi. L'ultima speranza
era che Claudia fosse andata da mio fratello. Ma, ovviamente,
lei non c'era e, per la prima volta, Parigi mi sembrava
brutta: senza Claudia non era più la stessa.

Lavoravo da Pizza Pino, agli Champs-Elysées, ma dopo due

settimane mi sono ritrovato coinvolto in una rissa e il direttore

mi ha cacciato. Ho trovato facilmente un nuovo lavoro, in un al


tro ristorante. Avevo deciso che Parigi sarebbe stata comunque

la mia città, con o senza Claudia. E non sarei mai più tornato a

Ortona. Ho affittato un appartamentino su Rue de la Pompe...

Lavoravo tutto il giorno, ma non smettevo mai di pensare a

Claudia.

Un giorno, senza motivo, preso dalla forte nostalgia salgo

sulla metro per tornare nel posto dove l'ho incontrata la prima

volta. E, come se qualcuno avesse voluto esaudire i miei desi


deri, accade una cosa incredibile, magica, irreale. Sono appena

uscito dalla metro e un taxi si ferma alle mie spalle, davanti al-

la porta del ristorante: è Claudia. Scende dal taxi...

Ci siamo guardati sbalorditi e ci siamo abbracciati. Siamo

rimasti per più di mezz'ora senza parlare. Piangevamo come

bambini per esserci nuovamente ritrovati. Quando abbiamo

ripreso fiato, lei mi dice che non mi ha più scritto perché si è

innamorata di un altro ragazzo. Mi è crollato addosso il mondo

intero. Ora che me lo diceva, mi rendevo conto che era la cosa

più naturale da immaginare. L'avevo anche pensato, ma lo

rifiutavo. E saperlo così, direttamente da lei, mi faceva male

forte ma, al tempo stesso, mi stava già guarendo dalla cotta.

La cosa più sorprendente di questa storia era che lei era ve


nuta a Parigi con il suo nuovo ragazzo nella speranza di incon


... a Parigi

trarmi e chiarire tutto. Andiamo a cena insieme, me lo presenta
e lui, prendendomi in disparte, cerca di spiegarmi che lei non
ci sta più capendo niente, è innamorata di lui, ma non riesce a
togliersi me dalla testa. Non può scegliere. L'ho tolta io dal-
l'imbarazzo e ho scelto per lei. Lei è scoppiata in lacrime e lui,
un giovane generoso, ha continuato a ripeterci che quell'incontro
casuale, davanti al ristorante, era stato un segno del destino
e che dovevamo rimanere insieme. Era vero che c'era stato del
magico, ma ora qualcosa era cambiato. La vedevo diversa. For-
se io ero deluso.

Io e Claudia ci siamo rincontrati sette anni dopo. Un'altra coincidenza
fortuita. Ero su un set. Una truccatrice con molta discrezione
mi chiede se non sono mica quel Rocco che viveva a
Parigi. In questo caso, mi dice, avremmo un'amica in comune,
Claudia. Grazie a questa ragazza, io e Claudia ci siamo rivisti,
abbiamo cenato insieme. Lei nel frattempo si era sposata con
un altro ragazzo ed era mamma di due bambini. Il fatto che io
fossi diventato ormai un pornostar l'ha fatta ridere così tanto!
Tutti gli incontri con Claudia erano stati dettati dal destino.
Non so perché, ma sapevo che quella era l'ultima volta, non ce
ne sarebbero state altre. Non l'avrei mai più rivista.

***

Sylvie l'ho incontrata dopo che Claudia se n'era andata. Io lavoravo
in un ristorante di Rue de Bellefeuille. Lei veniva a
pranzo da noi tutti i giorni, era simpatica, solare. Mi ha sedotto
la sua dolcezza. Quasi subito mi ha proposto di andare a stare
da lei. Viveva insieme a sua madre. Mi stupii di come la
madre accettasse con estrema naturalezza quella convivenza a
tre. Per un po' abbiamo vissuto una storia d'amore molto tenera.
Il solo problema per me, in realtà, era la mia età. Ero giovane,
volevo divertirmi e trovavo deprimente l'idea che per
tutta la vita sarei andato a letto solo con Sylvie. Ho cominciato
a tradirla e mi sentivo giustificato. Di Sylvie, però, conservo
ancora un ricordo molto dolce.


28 Io, Rocco

A proposito dei miei amori parigini, vorrei ricordare anche la
mia breve relazione con Rita, una ragazza che, sebbene non
abbia avuto una grande importanza nella mia vita sentimentale,
si è trovata al centro di un aneddoto che, ancora oggi, dopo
più di vent'anni, mi provoca un forte imbarazzo.

All'inizio, Rita e io abbiamo vissuto una bella storia come
quella che possono avere dei ragazzi che stanno in una città
tanto romantica come Parigi. Rita però era troppo saggia e
troppo quadrata per me. Non aveva né la mia follia né la mia
passione per il sesso. Io uscivo sempre più di rado con lei, trovavo
ogni volta nuove scuse per non vederla. In verità, appena
finivo di lavorare scappavo al 106, un locale per scambisti
attraverso cui mi sono avvicinato al mondo della pornografia.
Ci andavo senza di lei. Non ho mai chiesto a Rita di accompagnarmi,
davo per scontato che non avrebbe capito.

Una sera che ero sulla scala del 106, completamente nudo,
stavo prendendo da dietro una ragazza quando ho sentito una
mano sulla spalla. Mi sono voltato, era Jean-Claude, uno degli
amici di mio fratello. Mi sono sorpreso di vederlo lì, ma non
troppo, anche lui aveva abitudini libertine. Ho notato subito
che mi guardava allarmato... c'era qualcosa che non andava.

Lui sembrava quasi in imbarazzo per me, me ne accorgevo,
ma stava accadendo tutto così velocemente che non ho fatto
nemmeno in tempo a staccarmi dalla ragazza. Gli ho detto, ridendo:
«Oh! Jean-Claude! Come stai? Stasera è uno sballo qui!
Vedrai che...».

Non avevo ancora finito la frase quando, dietro di lui, vedo

Rita! Lei mi ha lanciato uno sguardo freddo e duro, disgustato.

Io mi sono letteralmente squagliato dalla vergogna, il mio ses


so si è svuotato di qualsiasi desiderio. Ero lì, io, l'unico nudo

come un verme, non sapevo dove scappare, con questa ragaz


za china davanti a me che si gira, mi guarda completamente

ignara di quello che stava accadendo dietro al suo sedere, e io

vedo soltanto il buco del suo culo! Avrei voluto infilarmici di

testa e sparire. Rita non ha detto niente. Ha girato i tacchi e se

n'è andata.

Qualche settimana dopo mi ha chiamato per dirmi, in tono

... a Parigi

ironico, che ora almeno aveva capito perché io ero sempre
molto stanco!

A Parigi mi sono davvero divertito. Julienne, per esempio, la
mia fisioterapista e mia cliente al ristorante, dopo un incidente
in moto in cui mi ero rotto entrambi i gomiti, si era offerta "gentilmente"
di seguirmi nella riabilitazione degli "arti". Questa
donna, elegante e raffinata, aveva lo studio proprio sopra al ristorante.
Il primo giorno di seduta, mi sono steso sul lettino e
lei ha cominciato a lavorarmi il gomito per cercare di piegarlo.
Ma a ogni suo movimento il suo corpo sfiorava il mio.

Era una sollecitazione continua. Il suo braccio sfiorava il
mio sesso -indossavo dei pantaloncini corti -, il suo corpo
premeva sul mio e il mio sesso è uscito fuori. Dapprima Julienne
è sembrata imbarazzata, ma poi l'ha trovato divertente.
Ha spostato i suoi esercizi su questa parte del mio corpo e da
quel giorno ogni seduta è iniziata sempre così.

Tutti i giorni lei pranzava al ristorante e ogni volta, prima di
andarsene, mi diceva in tono professionale e distaccato: «Ci
vediamo dopo per la seduta». E con la stessa compostezza mi
salutava quando terminavamo la terapia.

Geneviève era un'agente immobiliare conosciuta sempre al ristorante.
Bionda, alta, molto nordica, di carnagione chiara con
le lentiggini su tutto il viso. Una ragazza molto particolare con
una gran parlantina. Siamo usciti insieme e mi ha proposto di
salire nell'appartamento che diceva essere suo. Ci siamo spogliati
veloci, infoiati, e ci siamo buttati sul letto...

È stato allora che abbiamo sentito qualcuno entrare. Per l'esattezza
abbiamo sentito il padrone di casa, con i bambini che
scorrazzavano per il corridoio. Lui ci vede, riconosce l'agente
immobiliare incaricata di mostrare il suo appartamento in vendita,
nuda nel suo letto sotto di me, e resta pietrificato. Ha avuto
la classe di non dire niente e di aspettare che ci rivestissimo.

Credo che Geneviève abbia avuto non pochi problemi con il
suo lavoro in seguito. E con me non si è mai più fatta viva!


Da Denise a Supersex


La prima volta che sono andato da Denise il suo locale si chiamava
106; poi, in seguito, è diventato il 41, perché i suoi locali
prendevano il nome dal numero civico della via.

Avevo appena vent'anni, ero uscito con una donna di quaranta
ed eravamo finiti a letto insieme. Lei diceva che avrei dovuto
smettere di sprecare il mio tempo al ristorante, ero un bel
ragazzo e avrei dovuto senz'altro cercare di fare fortuna come
modello.

Le ho risposto che non conoscevo nessuno. «Ma, piuttosto,
tu conosci i locali di scambisti?»

Lei ha riso: che c'entravano ora questi locali?

«Vorrei andarci e si può entrare solo in coppia. Tu puoi accompagnarmi?
»
Mi ha risposto di sì, che il suo ex marito li conosceva e che
mi avrebbe accompagnato.

Il giorno dopo è stato uno dei momenti più eccitanti della mia
vita. Riuscire finalmente a entrare in uno di quei locali! Ero come
un bambino sotto l'albero con i regali che ha tanto desiderato.
La proprietaria ci ha ricevuti personalmente. Denise, celebre
pornostar degli anni Ottanta, era una donna di gran classe e
femminilità, alta e bionda. Le sono subito piaciuto. Aveva
aperto questo club con l'intenzione di limitarlo a una piccola
cerchia di habitué, persone selezionate con cura, un posto in


32 Io, Rocco

cui si ritrovava il jet set francese che, nel rispetto della privacy,
non nominerò. A loro va la mia più sincera gratitudine, perché
grazie a loro ho cominciato a fare sesso con tutte quelle meravigliose
donne che li accompagnavano. L'AIDS in quegli anni
non era ancora conosciuto, e ogni notte c'erano orge incredibili!
Locali di questo tipo, negli anni a seguire, sono stati aperti
un po' dappertutto, ma all'epoca ci si divertiva davvero.

Oggi sono diventati troppi: appena un locale è in crisi viene
automaticamente trasformato in un club per scambisti. Con la
mera illusione di arricchirsi velocemente, i gestori inseriscono
coppie finte, pagate apposta per far divertire i single che sborsano
almeno il triplo del prezzo dell'entrata se non sono accompagnati.


Questo non succedeva nel periodo d'oro del 106...

Quella sera Denise mi promise che mi avrebbe fatto entrare lo
stesso in seguito anche se fossi stato da solo. Allora, tutte le
notti, finito di lavorare, andavo nel suo locale. Aspettavo con
ansia che il tempo volasse. Servivo gli ultimi clienti a velocità
impressionante! Soprattutto se arrivavano coppiette di innamorati,
con l'intenzione di prendersela comoda in coccole, affettuosità
e moine. Facevo di tutto per farli sentire a disagio e
tutt'altro che in un posto romantico per mandarli via il prima
possibile. Rovesciavo acqua e cibo "accidentalmente" sulle loro
gambe e li servivo alla velocità della luce, mettendo a dura
prova la pazienza di mio fratello.

A quel tempo la tradizione voleva che nei locali per scambisti
si iniziasse semplicemente col togliersi la giacca: arrivando, i
clienti lasciavano borse o giacche. Io, invece, per non perdere
tempo lasciavo direttamente tutti i vestiti al guardaroba e
iniziavo a girare nudo, mano nella mano con Denise, facendo
l'apertura con le coppie che si sentivano pronte. Ero diventato,
in un certo senso, quello che dava il la all'orgia, quello che
riscaldava l'ambiente, soprattutto con le coppie più timide.

Da Denise a Supersex

Una sera come tante passate al 106 è successa una cosa magi


ca. Ho visto materializzarsi davanti a me, in carne e ossa, Su


persex, il mio mito adolescenziale, accompagnato da due ful


gide ragazze com'era sua abitudine.

Fremevo. Ho chiesto a Denise che me lo presentasse. Dentro
di me sapevo che quella era un'occasione da non perdere. Lei,
usando tutta la sua discrezione, gli ha parlato all'orecchio e mi
ha accontentato. Emozionato dal fatto di poter parlare con Gabriel
Pontello, gli ho espresso la mia più grande ammirazione,
ma lui mi ha guardato dall'alto in basso con fare snob. Era
davvero pieno di sé, forse anche un po' arrogante.

Mi ha detto in tono freddo davanti a tutti: «Allora, saresti
tu? Si dice in giro che tu abbia un cazzo enorme. Fammi vedere
quello che sai fare...». Si è acceso un enorme sigaro e mi ha
ceduto le sue ragazze.

Le due ragazze erano Barbara Dare, una grande pornostar
degli anni Ottanta, e Patty Rhodes, una produttrice, che poi ho
ritrovato nel corso della mia carriera e che è diventata una
delle mie più grandi amiche. Malgrado avessi dovuto essere in
imbarazzo per la situazione e per la presenza di Supersex, ero
eccitato come non lo ero mai stato. Ho fatto l'amore con
entrambe, per un paio d'ore con immenso piacere, e poi sono
tornato da lui, come un allievo che attende il voto dal suo professore.
Mi ha sorriso, mi ha dato l'indirizzo del suo studio a
Montrouge e mi ha detto di presentarmi il mattino dopo alle
nove.

Si trattava di una serie di fotoromanzi di cui il primo, indimenticabile,
era Adam et Ève. Io interpretavo il ruolo di Adamo.
Quello di Eva era interpretato invece dalla più bella star
dell'hard che io abbia mai incontrato in Francia. Per me, lei rimane
unica e incomparabile: era Marilyn Jess, conosciuta anche
come Platinette. Una bionda sensuale con seni e forme
perfetti e un fascino irresistibile. Senza esagerare, tutti la definivano
all'epoca la "Marilyn Monroe dell'hard". Ero lusingato
dalla fortuna di iniziare con lei!


34 Io, Rocco

Varcando per la prima volta la soglia dello studio di Gabriel
Pontello, mi sono detto che, questa volta, mi trovavo vera-
mente tra le delizie del giardino dei desideri. Platinette, le luci,
l'atmosfera, le macchine fotografiche: mi affascinava tutto. Io,
che venivo da un paesino italiano, stavo per realizzare il mio
sogno... a Parigi!

Eravamo pronti, nudi, coperti solo da una foglia di fico. Io
stavo dietro Platinette e, senza nemmeno toccarla, ho avuto
un'erezione e la foglia si è staccata completamente.

Pontello mi ha detto: «Rocco, dobbiamo fare soft. Puoi tenerlo
buono per cinque minuti?».

L'ho guardato e, con aria stupita, ho chiesto sinceramente
preoccupato, ingenuo: «Ma come si fa? Voi avete una tecnica o
qualcosa?».

Pontello è scoppiato a ridere. «Normalmente, noi abbiamo
semmai il problema opposto con gli attori!»

Per risolvere l'impasse, abbiamo fatto una piccola pausa e
sono rimasto solo in camerino per circa venti minuti. Poi, al
momento di riprendere, ho chiesto a Pontello di mettermi davanti
a Platinette questa volta. Ero assolutamente sicuro che se
le fossi rimasto dietro mi sarei eccitato di nuovo. All'inizio è
andato tutto bene e ha cominciato a bersagliarci di flash, ma
quando lei si è spostata per cambiare posizione e ho sentito il
suo odore e il suo respiro sulla spalla, mi sono eccitato ancora
e più di prima. Nello studio c'è stato uno scoppio di risate e
così Pontello ha dovuto decidere di passare direttamente alle
foto hard.

Queste sedute fotografiche sono durate quattro giorni, dalla
mattina alla sera. Era duro, molto diverso dal portare piatti, ma
infinitamente più divertente.

La sera dell'ultimo giorno, Pontello mi si è avvicinato con tre

o quattro biglietti da cinquecento franchi, ringraziandomi, e io
mi sono detto: "Che figata mi pagano pure!". Era più o meno
quello che guadagnavo in quindici giorni al ristorante!
Subito dopo Pontello ha ricevuto una telefonata dal produttore
Marc Dorcel. Davanti a me, ancora estasiato per la mia

Da Denise a Supersex

prestazione, mi ha proposto immediatamente a Marc. Io non
stavo nella pelle. Poi, come se la fortuna mi stesse inseguendo,
lo sento confermarmi che il venerdì successivo ci sarebbe stato
posto per me in un film diretto da Michel Ricaud. E grazie a
Gabriel Pontello, infatti, mi sono ritrovato a girare il mio primo
porno, Belle d'amour.

Il giorno di inizio riprese ero veramente tanto emozionato,
teso, ma non imbarazzato perché, alla fine, stavo realizzando
quello che era il mio più grande sogno. Non so se vi riesce
minimamente di immaginare la sensazione che ho potuto
provare quando ho finalmente aperto la porta di
quell'appartamento nel quinzième arrondissement di Parigi,
vicino alla Tour Eiffel. Tremavo di gioia, avevo il fiatone e le
tempie che esplodevano. Era la prima volta che vedevo dal vivo
ragazze incredibilmente belle in giarrettiere e tacchi a spillo,
fino a quel giorno le avevo viste solo in fotografia! Lavorare in
quell'ambiente significava per me iniziare a vivere in un
mondo che fino a quell'istante avevo solo immaginato,
desiderato e sognato di toccare con mano. Ero come un
bambino meravigliato che ha gli occhi spalancati. Ero
soggiogato dalla bellezza di tutte quelle donne e dall'atmosfera
del tutto particolare tipica dei set cinematografici. Ricordo di
essere arrivato sul set con la valigia piena di vestiti, facendo la
figura del tipico italiano che ogni volta che si sposta porta con
sé tutto l'armadio! Camminavo dentro un appartamento
lussuosissimo, mi vedevo intorno una decina di ragazze che si
muovevano nude, disinvolte e naturali, si infilavano abiti sexy,
truccate come star. Il mio cervello è andato subito in tilt. Tutti i
miei desideri, da quando mi masturbavo con "Supersex" fino
alle donne con le quali facevo sesso al 106, si stavano
materializzando all'improvviso!

Si stava decidendo della mia vera vita, quella che volevo: sa-
rei stato in grado di recitare in un film hard?

C'era Pontello, c'era Marc Dorcel, il produttore, e c'era Michel
Ricaud, il regista più famoso del momento, e c'ero io, fottuto
di emozioni. L'atmosfera era carica, piena di tutto: del sesso,
dell'amore e dei profumi delle donne; mi sono sentito travolge



36 Io, Rocco

re da un'eccitazione inebriante, avevo i brividi in tutto il corpo.
Mi sono chiuso in bagno a masturbarmi perché avevo paura
che mi chiamassero subito in scena. Avevo il cervello in ebollizione.
Volevo essere assolutamente certo che, al momento di cominciare
a recitare, non sarei venuto troppo in fretta.

Mi hanno chiamato, c'eravamo. Toccava a me.

La mia scena era con un'austriaca bruna, molto donna, con
un gran fisico prestante, e una biondina francese molto, molto
sexy. E un uomo, André Vinus, il protagonista del film, una
grande star all'epoca. Ho salutato tutti, cercando di dissimulare
il mio imbarazzo di debuttante, e ho ascoltato molto attentamente
le indicazioni di Michel Ricaud, il regista.

All'epoca l'ambiente del porno era ancora molto maschilista.
E la scuola francese lo era più di ogni altra: l'uomo non
aveva bisogno di toccare la donna per avere un'erezione o un
orgasmo. La professionalità di un attore si misurava limitando
al massimo l'utilizzazione fisica del corpo femminile: meno
toccava la donna e più aveva credito di essere un ottimo professionista.
Erano sempre gli stessi cinque o sei a lavorare. Una
vera e propria lobby: era dura entrarci e ancora di più rimaner


ci. Gli attori si muovevano dall'Italia alla Francia, spostandosi
da un set all'altro, compatti, solidali e gestendo così le date di
inizio di ogni film. Erano sempre gli stessi attori a tenere la situazione
sotto controllo, impedendo ai nuovi di accedere a
questa cricca, perché per ogni nuovo attore uno dei vecchi sarebbe
dovuto uscire. Gli stessi produttori erano molto restii al
ricambio degli attori, a loro interessava avere la sicurezza di un
cazzo che potesse garantire l'erezione. E se, nonostante tutto,
qualcuno riusciva a passare le maglie di una rete così serrata, i
veterani non gli rendevano certo la vita facile.
André non faceva eccezione alla regola. Mi ricordo che prima
di iniziare la scena si inginocchiò e prese a masturbarsi.
Senza mai guardare le donne. Per me era un'assurdità che, davanti
a due splendide ragazze così, lui non riuscisse ad avere
un'erezione naturale. Io invece me ne stavo in piedi, e sfoggiavo
già un'erezione orgogliosa. Così, quando lui mi ha consigliato
di cominciare a farmelo succhiare, ho creduto che mi

Da Denise a Supersex

stesse dando un "gentile" suggerimento tecnico. L'ho accettato,
ingenuamente, senza rendermi conto che dietro la sua proposta
si nascondeva una serpe velenosa che voleva solo vedermi
"capitolare" in fretta sulla scena e screditarmi agli occhi
del regista. Le due ragazze continuavano a praticarmi questo
doppio meraviglioso pompino, indimenticabile... soprattutto
per l'epilogo.

Non sono riuscito a trattenermi e, mentre me ne stavo venendo,
ho intravisto che André mi scrutava e come un lampo
si alzava in piedi con un'erezione mantenuta con molta abilità;
poi, con il tono di chi detta legge, ha detto: «Allez, on tourne».

Nel pieno del silenzio che nel frattempo era sceso sul set, ho
sentito Dorcel che gridava a Pontello: «Di' un po', Gabriel! È lui
il tuo italiano? Il tuo animale da letto che riesce a non venire per
otto ore filate?».

Pontello non gli ha risposto, è venuto dritto da me. «E allora?
Che cosa ti succede?»
«Non so, Gabriel, non capisco, te lo giuro! Me lo succhiava
talmente bene che non sono riuscito a trattenermi!»

«E per la scena, come facciamo ora?»

Sentivo Dorcel, che si era messo a gridare: «Dai, Pontello!
Lascialo perdere il tuo italiano».

Mi è crollato il mondo addosso. Ci stavo da così poco, ed
ero già riuscito a mandare tutto a puttane? Mi sono fatto coraggio
e sono andato a chiedere a Ricaud di darmi solo cinque
minuti, cinque inutili minuti per ricompormi e per tentare di
rifare la scena. Non aveva per niente l'aria molto convinta, ma
me li ha concessi. Sono sceso di sotto al bar, ho bevuto almeno
tre camomille, cercando di rilassarmi, di distendere i nervi.

Alla fine sono riuscito a farla quella scena, ma non è stato
niente di eccezionale, ero solo un debuttante troppo emozionato.


Quando ci ripenso mi considero fortunato che mi abbiano dato
una seconda occasione, soprattutto considerato quanto
l'ambiente non brillasse in generosità. Ai giorni nostri, la pornografia
è un'industria enorme, ci sono riviste specializzate e


38 Io, Rocco

festival dell'hard in tutto il mondo, è molto facile per le persone
che desiderano entrarci incontrare registi e produttori.

Pontello ha deciso di darmi una seconda opportunità e mi ha
chiesto se volevo andare in Italia con lui per il primo film di
un'italiana esordiente, Moana Pozzi.

Ne ho parlato con mio fratello, e lui mi ha obbligato a scegliere:
o il ristorante o il porno. Io non ho avuto dubbi, ho scelto
il porno. Arrivato in Italia, ho incontrato il branco, la lobby
feroce degli attori con cui non mi ero ancora confrontato.

***

Sul set del film Moana, la bella di giorno ho immediatamente capito
che Jean-Pierre Armand, il numero uno incontrastato tra
gli attori dell'hard francesi, e la sua combriccola, Christopher
Clark, Eric Drée eccetera, mi consideravano un potenziale
concorrente. Le proporzioni del mio sesso li infastidivano, ma
anche il mio aspetto fisico. L'accoglienza pertanto è stata decisamente
glaciale. Ricordo che quando mi sono presentato a
Jean-Pierre Armand e gli ho teso la mano, lui l'ha scansata infastidito,
dicendomi di correre a casa da mamma a farmi togliere
la merda dal pannolino. Vi lascio immaginare il clima...
Jean-Pierre era il più temuto fra gli attori. Aveva una reputazione
terrificante e si diceva che nessun attore debuttante che
avesse lavorato al suo fianco fosse riuscito ad avere un'erezione.


Dovevamo girare la scena di un'orgia e gli attori avevano fatto
in modo che io avessi l'attrice più vecchia, Karin Schubert, nella
speranza che fallissi. Quello che non sapevano, però, era che
questa attrice aveva fatto parte del mio immaginario erotico
adolescenziale, mi ero masturbato un'infinità di volte su di lei,
e quindi, loro malgrado, mi stavano facendo un gran bel regalo!
Jean-Pierre aveva due ragazze straordinarie e ha fatto di tutto
per destabilizzarmi. La sua prestazione più che una scena di
sesso sembrava un esercizio di ginnastica artistica alla Juri Che-

Da Denise a Supersex

chi, per il quale ho la massima stima. Avrà eseguito più di venti
posizioni, tutte complicate e all'insegna della performance. Io
ero in ginocchio davanti a Karin Schubert, pieno di rispetto per
questa superdonna, aspettando che la macchina si spostasse su
di me, quando... è finita la pellicola. Hanno interrotto le riprese
per cambiarla. Armand si è reso conto che la sua dimostrazione
non mi aveva impressionato, allora è passato alla mossa di riserva.
Mi si è avvicinato roteando il pene, come le pale di un
elicottero, rasentandomi la spalla, senza dire niente.

Karin Schubert se n'è accorta e gli ha detto: «Jean-Pierre,
smetti di fare il tuo giochino!».
E lui: «Ti sta scopando bene il lattante?» mentre si avvicinava
sempre più al mio viso, fino a toccarmi l'orecchio.

Ho perso il controllo, mi sono alzato di colpo, l'ho preso per
il collo e l'ho attaccato al muro. Sì, l'ho minacciato. «Ora ti dimostro
che non sono un frocio come te! Aspetta che finisca la
scena e poi ti spacco la faccia.» Avevo accumulato troppo stress,
dalla mattina, con tutti i giochetti che lui e i suoi amici continuavano
a fare.

Questo episodio ha segnato, irrevocabilmente, la mia entrata
ufficiale nell'ambiente, soprattutto perché su quel set c'erano
tutti i più grandi attori dell'epoca e ho potuto dimostrare a
ognuno di loro che non era facile farmi fuori, né psicologicamente
né fisicamente. Finita la scena sono corso a rivestirmi
velocemente, e Jean-Pierre è venuto da me scusandosi e cercando
di farmi credere che era la prima volta che ne combinava
una del genere. Ho accettato le scuse, avevo messo in conto
che, se finora non avevo trovato il bigliettaio all'entrata, prima

o poi qualcuno sarebbe venuto a incassare il mio ticket d'ingresso
in quel mondo.
E da lì è iniziato un lungo e divertentissimo periodo. Le proposte
fioccavano a una velocità pazzesca. Tutti i giorni giravo
su set differenti, in produzioni e Paesi diversi. Era iniziato il
mio periodo d'oro.

Giravo in media venti, venticinque giorni al mese, gli altri
mi servivano per gli spostamenti da un set all'altro. Ero final-
mente in una vera full immersion di sesso.


40 Io, Rocco

Dopo quella sua esibizione, Jean-Pierre Armand mi ha sempre
rispettato. Debbo dire, non fui sorpreso dal suo comportamento,
era perfettamente in linea con la mentalità di tutta la
sua generazione. Un'altra volta, in un ristorante di Roma, insieme
agli attori di una superproduzione americana, Jean-
Pierre ha sfidato tutti a dargli un tempo per eiaculare.

Uno degli americani, credendolo ubriaco perché era già con
il cazzo fuori, in piedi a capotavola, gli ha risposto: «Eh, già,
ora io dico uno, due e tre e tu vieni?».

E lui: «Come hai detto? "Uno, due e tre?"» e mentre lo dice
si tira tre volte il cazzo ed eiacula sul tavolo.
Lui era impressionante!

Devo ammettere che dai francesi ho imparato molte cose. La
scuola francese è stata, per tre generazioni di attori, runica incontrastata
d'Europa.

Quando ho iniziato, nel 1985, c'erano Gabriel Pontello, André
Vinus, Le Gitan, Richard Lemieuvre, Eric Drée, Alban Ceray,
e Jean-Pierre Armand che, eccetto qualche appassionato,
nessuno più ricorda. Loro facevano dei veri e propri film in
trentacinque millimetri. Agli inizi del cinema hard, al contrario
di oggi, si dava molto più spazio alla trama che al sesso.
Ora il sesso è il novanta per cento se non il cento per cento del
film per una produzione. L'importanza della trama nel film
hard si notava soprattutto nelle produzioni americane, con registi
di grande calibro quali Gerard Damiano, Anthony Spinelli,
Henry Pachard, Alex Derenzi, per citarne alcuni tra i più
importanti. Loro erano i più vicini al cinema, erano interessati
alla narrazione prima che al sesso. E infatti credo che il loro
modo di lavorare abbia molto turbato il mondo di Hollywood
che ha deciso di chiamare questo genere, che fino ad allora era
stato definito underground, X-rated, "proibito".

La scuola americana
e la scuola francese


Bisogna dire che in quel momento c'erano solo due scuole di
cinema hard: quella americana e quella francese, due mondi
che avevano del resto pochissime cose in comune. La caratteristica
principale della scuola francese era che gli attori non
avevano bisogno dell'aiuto della donna né per avere un'erezione,
né per avere un orgasmo. L'attrice era solo un gran bel-
l'oggetto, ma non aveva alcuna rilevanza per la performance
del pornostar. Di conseguenza il porno era tutto incentrato
sull'uomo.

La scuola americana, rispetto alla francese, aveva una visione
completamente diversa del sesso. Le attrici s'impegnavano
a tal punto per far sembrare vera la scena che spingevano gli
atteggiamenti all'esagerazione estrema. È altresì vero che gli
attori davano maggior prova di professionalità nelle loro prestazioni
e quindi appassionavano e coinvolgevano molto di
più lo spettatore. A questo proposito, mi ricordo per esempio
l'episodio di Ashlyn Gere, una superstar americana che durante
una scena in posizione da cowgirl, cioè quella in cui è la
donna che cavalca l'uomo, si era seduta su di me e si muoveva
su e giù freneticamente. La sua performance era così caricaturale
che mi stava facendo perdere l'erezione, e più io la
perdevo più lei aumentava il ritmo e la foga.

«Yes,fuck me... Yeah... more more fuck me!»

A un certo punto ho dovuto fermarla e chiederle: «Ashlyn,
ma stai sentendo davvero qualcosa?».


42 Io, Rocco

E questo, solo per raccontarvi l'assoluta immedesimazione
nella parte dell'attrice americana!

Bisogna anche precisare che in America si gira in presa diretta,
a differenza che in Europa, e, nel caso in cui si lavori con
una partner che dimostri una totale mancanza di partecipazione,
il fatto che i film vengano doppiati rappresenta una salvezza.
Una volta, in Europa appunto, giravo una scena molto
forte con un'attrice che non dava nessun segno di vita.

Il produttore, disperato, mi dice: «Rocco, salvami questo
film. È importantissimo. Me ne frego di cosa dirà, ma tirale fuori
un minimo di espressione».

Allora io ho ricominciato la scena daccapo, con molta più
energia e foga. L'attrice non apprezzava per niente questo mio
modo di fare sesso e ha preso a inveire contro di me.

Urlava: «Disgraziato! Ti ammazzo! Smetti, non puoi farmi
questo!».

Quando ho visto il film finito, ho capito il grosso vantaggio
del doppiaggio! Tutti i suoi insulti e improperi erano diventati:
«Oh, sì, Rocco, fammi male, scopami forte, oh, sì, mi fai
godere».

Non mi piacciono le classificazioni, in genere le trovo sempre
delle forzature, tuttavia talvolta sono utili per distinguere, se
non altro, delle categorie esemplari. L'antitesi fra la scuola francese-
europea e quella americana potrebbe essere ridotta all'opposizione
fra "meccanica mancanza di sensualità" e "appassionata
professionalità".

Per quanto questi due metodi possano essere massimamente
antitetici, entrambi mi sono stati estremamente utili. Mi hanno
dato, l'uno, la tecnica per affrontare al meglio ogni eventuale
impasse sul set e, l'altro, la passionalità emotiva per comunicare
con i partner e con il pubblico. Perché questo tipo di lavoro ti
espone nudo, mi pare il caso di dirlo, a una serie di contraddizioni
che ti mettono in difficoltà, non soltanto psicologicamente ma
anche empiricamente: le sperimenti proprio sulla tua reazione
fisica. Ciò che intendo dire è che, anche se sono il primo a sostenere
che il sesso non si può recitare, al punto che ne ho fatto il

La scuola americana e la scuola francese

mio motto, tuttavia, nel momento in cui ti trovi davanti una
macchina da presa devi recitare.

Non puoi continuare a essere completamente te stesso, tu sai
che stai davanti all'obiettivo. E per sostenere questo paradosso,
per esserne all'altezza, devi attingere dentro di te a una gamma
infinita di sentimenti, sensazioni, ricordi, motivazioni,
convincimenti. Se vuoi fare questo lavoro, e vuoi farlo bene,
non puoi mai permetterti di scansare la contraddizione,
l'incoerenza, l'inconciliabilità fra i vari aspetti della tua vita.
Perché se non le analizzi continuamente in modo consapevole
non potrai andare avanti per molto.


Attore porno, un mestiere a rischio


H mestiere dell'attore è estraneo a ogni concezione classica di
lavoro. Più di una volta, rientrando nell'ordinaria quotidianità,
mi sono sentito un extraterrestre atterrato da un altro pianeta.

Mi trovavo in Germania, a Dusseldorf, nell'88, sul set di un
film americano diretto da Freddy Lincoln e, come al solito, gli
attori americani avevano l'esclusiva su tutti i ruoli principali.
Io, come europeo, avevo avuto solo una parte minore, quella
di facchino dell'hotel. La protagonista era Alicia Monet, una
grande star americana, che quel mattino, prima delle riprese,
si era buttata giù, ancora non ne colgo il vero motivo, un miscuglio
di droghe e alcol.

Nella scena lei si trovava distesa sul letto, con le gambe spalancate,
e io dovevo semplicemente entrare, lasciare le valigie
e dire: "Good morning, lady, you're very beautiful...".

E tutto ciò, in un inglese molto approssimativo, perché allora
non parlavo ancora bene questa lingua.

Lei avrebbe dovuto rispondermi: "Oh, amore mio..." in italiano,
ma siccome nemmeno lei conosceva la lingua, la scena
risultava terribilmente comica e bizzarra.

Io cercavo, comunque, di rimanere concentrato, almeno per
fare una buona scena di sesso. Come da copione, mi sono inginocchiato
davanti a lei per cominciare a leccarla. A quel punto
lei ha lanciato un peto raccapricciante! Un fetore terrificante
ha invaso tutta la stanza.

Tutte le persone del set, imbarazzate, hanno stretto i denti per


46 Io, Rocco

non ridere, nel rispetto di non so cosa, e il regista, con un ghigno,
mi ha chiesto: «Rocco, can you, please, do it again?».

E io mi sono riportato i bagagli dietro la porta aspettando di
nuovo l'azione. Alicia era completamente in barca e non si rendeva
conto di niente. Per lei era tutto normale e intanto i macchinisti
aprivano le finestre.

Alcuni secondi dopo, di nuovo silenzio sul set, il ciak, e io so-
no rientrato. Mi sono messo di nuovo in ginocchio con la faccia
sotto il suo sedere e dopo l'ennesimo "amore mio" Alicia, come
se fosse nel copione, ha mollato un peto ancora più assordante
e nauseabondo del primo! Mi chiedevo perché mi stesse facendo
questo, non capivo e in più non sapevo del cocktail che aveva
ingollato. A tutta la troupe è venuta una ridarella incontenibile,
io ho guardato Freddy, sperando che desse lo stop, ma lui,
cercando di restare serio, mi ha fatto cenno di continuare. Però
l'atmosfera era ormai degenerata.

Stando al copione io avrei dovuto possederla, ma lei mi ha
spinto sul letto e, con lo sguardo torbido da ubriaca, mi ha detto:
«I wanna fuck you, baby...».

Era completamente stordita dal miscuglio che si era fatta,
era così instabile che dovevo sorreggerla perché non mi cadesse
sopra. La scena è durata un'ora buona e, mentre lei cercava
di cavalcarmi, mi chiedevo come avessero fatto gli americani
a conquistarsi la fama di migliori professionisti...

Quando abbiamo finito di girare, Hans Moser, il coproduttore
europeo, ci ha chiesto di restare ancora sul set per fare
qualche foto da utilizzare per la copertina della videocassetta.

A quel punto Alicia mi ha preso il cazzo in mano e, prima di
succhiarlo, mi ha lanciato un altro sguardo torvo e ha farfugliato:
«Rocco... Amore mio...».

Poi si è messa voracemente il mio cazzo in bocca e, senza al


cuna ragione, ha iniziato a morderlo con tutta la forza dei denti!

Il dolore è stato indescrivibile: in un lampo ho capito che, se l'a


vessi spinta via, me lo avrebbe letteralmente strappato. Alicia

continuava a stringere a più non posso e, all'improvviso, ho vi


sto il sangue colarmi sulle gambe. A quel punto l'ho presa per

la gola e le ho premuto le dita sulla glottide. Per non soffocare,

Attore porno, un mestiere a rischio

lei ha dovuto lasciarmi e poi ha cominciato a sputare. Sputava
sangue. C'era sangue dappertutto, su di me, sulle lenzuola,
sembrava di stare dentro un film horror. Solo che il sangue era
vero ed era il mio! Ero allucinato, pietrificato dal dolore. Quando
ha ripreso fiato, Alicia ha iniziato a gridare, in preda a una
crisi di nervi. Intanto Ziggie, l'assistente, portava me di corsa
all'ospedale di Dusseldorf. Per la cronaca, subito dopo, è successo
che Alicia è scappata eludendo la sorveglianza dell'equipe,
è scesa in strada, completamente nuda e sporca di sangue, e
se n'è andata a spasso per le vie della città come se niente fosse!
Immaginate lo scandalo che ha provocato in pochi secondi nel
quartiere...

Quando siamo arrivati all'ospedale, l'assurdo non era ancora
finito. Avevo una tovaglia intorno al pene insanguinato e cercavo
disperatamente di spiegare al dottore cosa mi era successo,
senza sapere una parola né di inglese né di tedesco.

Ziggie ha parlato per me e, mentre io soffrivo terribilmente, il
dottore è scoppiato a ridere come un matto e continuava a ripetere:
«Ja, ja, ja, ja, ja!» in quel modo tipico dei tedeschi quando
trovano qualcosa divertente.

Quando è riuscito a ricomporsi, il dottore mi ha medicato e
messo i punti attorno al glande. Non credete che sia stato uno
scherzetto, era doloroso come avere ancora i denti di Alicia
conficcati nella carne.

Ma non è finita lì! Del resto, andando avanti, vedrete che ogni
mia disavventura ha sempre avuto retroscena grotteschi, inimmaginabili!
Insomma, torno in albergo con una medicazione tale
che mi impedisce di camminare normalmente, e trovo il marito
di Alicia che mi aspetta sulla porta della mia camera.

«Sei tu che hai picchiato mia moglie?»

In realtà, nessuno l'aveva picchiata, ma lo staff della produzione,
che era riuscito a riacciuffarla per le strade di Dusseldorf,
l'aveva prelevata velocemente e molto energicamente per
non avere grane con la polizia, e nella manovra lei aveva sbattuto
la testa contro il tetto del van.

Questo accadeva mentre io ero ancora in ospedale e non ne


Attore porno, un mestiere a rischio 49

48 Io, Rocco

sapevo nulla, perciò gli ho semplicemente risposto: «No, io
non ho picchiato Alicia. Ma penso che lo farò ora...».

A questo punto lui ha tirato fuori un coltello e mi si è scagliato
contro. In quell'istante ho visto Ziggie arrivare da dietro
e torcergli il braccio fino quasi a romperglielo.

«E ora tu e quella puttana di tua moglie ve ne andate immediatamente
via! Sparite!»
Il giorno stesso sono stati riportati in aeroporto e imbarcati
per gli Stati Uniti.

Dopo questa storia, Alicia e quello psicopatico di suo marito
sono totalmente scomparsi dal mondo dell'hard. Credo che
nessun attore abbia mai più voluto rischiare di rimetterle l'uccello
in bocca.

***

Un'altra volta, sempre in Germania, nel '92, ho lavorato in un
film il cui protagonista era Ron Jeremy, un altro di quegli attori
che ha segnato la storia della pornografia. Credo che sia l'attore
più anziano ancora in attività! Purtroppo, malgrado la sua
fama di grande professionista, le ragazze avevano il terrore di
lavorare con lui perché aveva una pancia enorme e peli
dappertutto, un'abbondante e maleodorante sudorazione e un
sesso di dimensioni davvero impressionanti.

Le riprese erano già iniziate da una settimana e Ron ogni
giorno andava a trovare Teresa Orlowsky, la produttrice, dalla
quale riceveva sempre la stessa risposta: «Ron, mi dispiace,
tutte le attrici si rifiutano di lavorare con te. Non so cosa fare.
Se vuoi, puoi ritornare negli Stati Uniti».

Lui era disperato. A me Ron stava troppo simpatico, e siccome
avevo un buon feeling con Nathalie, un'attrice francese, l'ho
supplicata di cercare di fare uno sforzo. Alla fine Nathalie ha
accettato e siamo andati tutti sul set quello stesso pomeriggio.
Eravamo su un laghetto, era estate e faceva un caldo torrido.

Il regista stava per dare l'azione, eravamo pronti per la scena
di sesso, quando all'improvviso una coppia di attori che
aveva finito di girare un attimo prima è venuta da noi corren


do e gridando: «Via! Scappate! È pericolosissimo qui! È pieno
zeppo di zanzare giganti!».

Ron avrebbe preferito essere morto! Dopo tutto lo sforzo, ci
mancavano pure le zanzare a impedirgli di lavorare! L'ho visto
sprofondare nello sconforto.

«Non c'è problema, Ron, non saranno mica un po' di zanzare
a fermarci!» ho detto. E ci siamo sistemati per riprendere
con le scene.

Io avevo il ruolo dell'amante e lui quello del voyeur che veniva
a sbirciare di nascosto. Cominciavamo a sentire tutti troppo
caldo. Sto per spostare Nathalie per mettermela sopra, e le vedo
fare un'espressione agghiacciata. Con gli occhi spalancati guardava
in lontananza e, dopo un attimo, stava gridando come una
pazza! C'era un nugolo nero e denso di grosse zanzare, che ancora
non so dire se fossero veramente zanzare. Comunque, in
meno di cinque secondi questi insetti ci hanno attaccati e divorati
completamente. Facevano un rumore assordante. Siamo
scappati verso il van della produzione. Cercavamo di proteggerci
alla bell'e meglio. Quando siamo riusciti a chiuderci dentro,
ho dovuto stendermi; avevo una sensazione di congelamento,
tutto il veleno che gli insetti mi avevano iniettato cominciava
a fare effetto. Avevo una paura fottuta. Ero ricoperto di punture
su tutto il corpo, ma ciò che mi preoccupava di più erano quelle
sul sesso. Ne avevo una ventina intorno al glande. Non sapevo
cosa pensare e ignoravo che tipo di pericolo stessi correndo.

La sera, al ristorante, Jeremy ha raccontato al resto del cast la
sua versione della storia. «Questo pomeriggio ci siamo dati in
pasto alle zanzare. Ma io sono stato fortunato, perché la zanzara
capo del plotone tedesco mi ha punto per primo e ha sputato
subito il mio sangue con disgusto. Si è accorta che sono ebreo
americano. Poi ha visto Rocco, che è italiano e non è ebreo, e ha
gridato alle sue truppe di buttarsi tutte su di lui!»

E, incredibile ma vero, lui aveva una sola puntura in tutto in
corpo.
Allora io ho replicato immediatamente: «Guarda che le zanzare
condividono i gusti delle attrici!».
La settimana successiva ho dovuto girare diverse scene e ho


50 lo, Rocco

sofferto come un cane perché il mio sesso era gonfio e dolorante,
e ricoperto di piccoli crateri aperti. Ma dovevo tenere duro
ancora per una settimana! Le mani, la bocca, il sesso delle attrici,
tutto mi faceva terribilmente male. E, via via, questi crateri si
sono trasformati in croste, che mi prudevano, ma che, ovviamente,
non potevo grattare via perché mi sarebbe venuta un'infezione.
Per fortuna, in quel periodo l'AIDS non era ancora così
diffuso. Se ciò fosse accaduto oggi, per ovvie ragioni avremmo
dovuto immediatamente annullare le riprese!

Quando non mi sono capitati incidenti sul lavoro, non di rado
sono stato io stesso a favorirli, come se inconsciamente desiderassi
autodistruggermi.

Cinque anni fa, dopo un periodo abbastanza stressante, ho
cominciato a sviluppare delle allergie. Ho fatto i test a Roma e i
medici mi hanno confermato un'allergia alle graminacee. Mi
hanno prescritto un vaccino. Queste iniezioni avrebbero dovuto
essermi somministrate in un lasso di tempo di tre mesi, nello
stesso giorno della settimana, alla stessa ora e soprattutto da
un allergologo. Ma per me era impossibile rimanere per tre
mesi nello stesso posto, in più sono abituato a farmi le iniezioni
da solo e quindi ho deciso che potevo provvedere autonomamente.
Purtroppo, non mi era stato detto che si trattava di
iniezioni sottocutanee, e non intramuscolari, quindi, come un
idiota, tutte le domeniche mattina, alla stessa ora, mi facevo
una bella puntura sulla spalla. Con questo ritmo, nel giro di tre
mesi mi sono ritrovato sfinito: l'allergia era considerevolmente
aumentata. In altre parole, mi ero iniettato prodotti allergizzanti
ad altissime dosi, elevando il mio grado di sensibilità dal-
le quindici alle venti volte!

E sfortunatamente da quando ho fatto questa stronzata mi è
successo più di una volta di dover ricorrere a punture di cortisone
per crisi allergiche molto forti.

Per non parlare di tutte le fratture che ho riportato a causa
della mia sconsiderata passione per la moto e per la velocità,
tanto che i miei figli mi chiamano Robocop per la quantità di
viti e placche di metallo chirurgico che ho in corpo!

Una parentesi nella mia vita di attore


C'è stato un momento nella mia carriera, circa tre anni dopo
che avevo iniziato, in cui ho dovuto smettere con questo lavoro.
È stato quando ho incontrato Tina.

Me ne stavo andando dallo studio romano di un fotografo
perché, dopo due ore che aspettavo, la modella non si era ancora
presentata. Dovevo prendere un aereo la sera stessa e per
nulla al mondo potevo permettermi di perderlo.

Scendendo le scale, incrocio una biondina trafelata e sfinita,
che continua a ripetere: «l'm late! l'm late!».

Ci siamo guardati e io ho provato la sensazione fortissima di
ricevere un colpo in pieno stomaco! Un po' com'era successo
con Claudia.

Le ho tenuto la porta aperta, lei mi è passata davanti e, prima
che sparisse per le scale, le ho chiesto: «Excuse me, but who
are you?».

«l'm a model, and I have to do some photos... But l'm late, l'm late!»

L'ho accompagnata in studio. Sono rimasto lì e la sera l'ho
invitata a cena. Io ero con il mio amico Maurizio, che mi accompagnava,
e lei con la sua amica inglese. Sarebbe dovuta
andare come sempre: corteggiarla, portarla nel mio studio e
poi farci sesso, magari anche una cosetta a quattro. Quella sera
Maurizio e l'amica di Tina hanno fatto l'amore come pazzi sul
divano di casa mia. Invece io e Tina niente, eravamo a letto,
già paralizzati da un sentimento fortissimo e incapaci di fare
qualsiasi cosa davanti agli altri due.


52 Io, Rocco

A un certo punto Maurizio mi ha detto: «Cazzo, Rocco! È
una bomba 'sta piccoletta! Una vera troietta! E la tua? Me la
passi che la provo un po'?».

Io ero confuso e Tina, che aveva capito tutto, mi ripeteva
sottovoce: «No, Rocco! I don't want..».

Non sapevo che fare. Con Maurizio eravamo abituati a scambiarci
sempre le ragazze, ma quando queste erano d'accordo!
Quella notte, invece, Tina e io non volevamo dividere con nessun
altro la nostra notte d'amore, la nostra prima notte d'amore,
volevamo conservarla tutta per noi. Fare l'amore davanti a
un'altra coppia avrebbe sciupato tutto. Abbiamo rimandato
alla notte successiva.

Con Tina ho avuto una relazione di sesso eccezionale. Facevamo
l'amore di continuo senza mai perdere il desiderio, né l'eccitazione.
Eravamo al tempo stesso puri e violenti come anima-

li. Non avevo mai provato, prima che con Tina, qualcosa del
genere. Prima di lei, non avevo mai schiaffeggiato una ragazza.
Ma Tina mi aveva subito fatto capire, senza mezzi termini, che
il suo piacere era anche fatto di violenza, che aveva bisogno di
essere dominata con la forza e che questo non era la negazione
dell'amore, né della dolcezza dei sentimenti, anzi, era qualcosa
che ci isolava e che ci rendeva distanti da tutto e tutti.
Ha iniziato lei. La prima volta è stata una cosa strana. Stavamo
facendo l'amore e, all'improvviso, mi ha dato uno schiaffone
fortissimo in pieno viso. D'istinto gliel'ho restituito e l'ho
sentita venire sotto di me, come mai prima di allora. Ho provato
una sensazione di complicità assoluta.

Questa violenza amorosa è aumentata sempre di più nel corso
della nostra storia. Una volta mi facevano male le mani a forza
di schiaffeggiarla e lei continuava a implorarmi perché non
riusciva a venire, allora l'ho colpita con il lato più duro della
mano. Le ho fatto sanguinare il labbro, mi sono spaventato,
l'ho abbracciata. «Basta, Tina, diventa pericoloso!»

Una parentesi nella mia vita di attore

E la gamma delle emozioni legate alla mia sessualità è cresciuta.


Ma Tina non amava il mio lavoro. Abbastanza presto mi ha
chiesto di tagliare i rapporti con tutto quanto avevo intorno e,
sostanzialmente, di scegliere tra il porno e lei.

Ho risposto immediatamente, senza pensarci nemmeno un
secondo: «Io voglio te».

Ero molto giovane e non avevo ancora la consapevolezza di
quello che volevo fare. Ho tentato così un'altra strada, quella
di modello. Io e Tina abbiamo deciso di trasferirci a Londra.
Sono andato subito a propormi da Gavin's Models, un'agenzia
per modelli molto famosa. Purtroppo, però, in tre mesi ho
lavorato un solo giorno.

Cominciavo a perdermi d'animo, ma proprio in quei giorni
si è fatta viva un'agenzia madrilena con una proposta. Io e Tina
siamo partiti per Madrid. Andava un po' meglio che a Londra,
i Grandi Magazzini ed El Cortes Inglés mi avevano scelto
come testimonial, ma non era abbastanza. Incontravo molte
difficoltà come modello, nessuno mi spiegava perché. Dopo
vari casting ho cominciato ad accorgermene da solo. Avevo un
corpo troppo muscoloso, troppo strutturato. Se si vuole lavorare
in questo settore, bisogna assolutamente avere delle mi-
sure standard, e non era certo il mio caso. Occorre che il modello
stia bene all'abito e non il contrario. E io non ero così
speciale perché mi facessero dei vestiti su misura! Se riuscivo
ad arrivare a fine mese era soprattutto per qualche lavoretto
nella pubblicità in televisione.

Siamo partiti per la Grecia. Non era possibile proseguire in
quel modo. Nel giro di poco tempo i soldi erano finiti. Non avevamo
nemmeno il denaro per comprare da mangiare. Per quasi
un mese ci siamo nutriti solo di spaghetti in bianco con un filo
di olio di oliva. Appena ho preso la prima paga, siamo andati
dritti al ristorante e abbiamo ordinato dieci piatti in due, tanto
eravamo affamati! Ma i nostri stomaci si erano ristretti a forza
di non ingerire alimenti e abbiamo potuto mangiare poco più di
un piatto e mezzo a testa. Eravamo proprio al verde, ma eravamo
felici!


54 Io, Rocco

«Che ne dici di tornare a fare foto di nudo insieme?» le ho
detto. «Per un fotografo mio amico a Roma con il quale ho già
lavorato.»

Era l'89, abbiamo rimesso ancora tutto in discussione e siamo
partiti per Roma.

Questo fotografo era Riccardo Schicchi e, com'era immaginabile,
conoscendolo, lui approfittò subito della mia situazione
precaria e mi disse che con Tina avrebbe potuto fare solo
un set, ma che se io avessi accettato di lavorare con un'altra
modella avrebbe avuto più giorni per me.

Non era facile. Tina, nonostante si rendesse conto di tutti i
nostri problemi, non voleva che lavorassi con altre modelle.
Accettò, alla fine, solo perché obbligata dalla situazione.

E qui ho incontrato Magica, una bella ragazza ungherese
che Riccardo stava cercando di convincere da molto tempo a
fare foto hard. Non appena l'ho sentita contro di me, la sua
pelle sulla mia, ho avuto voglia di lei. Era un desiderio anima-
le, sessuale, istinto allo stato puro, perché tutta la mia passione
e il mio amore, invece, erano solo per Tina.

Tra una ripresa e l'altra, Schicchi mi ha detto sottovoce: «Rocco,
questa ragazza è pronta per fare delle foto hard, sai?».
E io gli ho risposto: «Può darsi, ma io non posso ora. Nella
mia condizione, posso solo fare simulazione».

E lui ha insistito: «Dai, solo qualche foto hard. Ne hai già fatte
migliaia, chi vuoi che se ne accorga! Inoltre, prenderai tre volte
tanto quanto ti spettava...».

Lui insisteva, io, in realtà, ero sinceramente molto tentato, e
ho trovato nel guadagno quello che mi sembrava un buon
motivo per accettare. Non ho pensato minimamente a quanto
quelle foto avrebbero influito sul mio rapporto con Tina, ma
solo che mi avrebbero dato la possibilità di uscire dalla tensione
della crisi economica, almeno per qualche giorno. E questo
è stato l'inizio della fine con Tina.

Gli ho risposto immediatamente: «Ma a una sola condizione.
Se metti qualcuno di guardia all'entrata dello studio, perché
Tina dovrebbe raggiungermi qui fra poco».

A quel tempo, però, non conoscevo granché della psicologia

Una parentesi nella mia vita di attore

femminile. Oggi so che le donne hanno un intuito fenomenale.
Tina non aveva visto niente di quella seduta, ma ha sentito,
appena è arrivata, che avevo fatto sesso con Magica. Me lo ha
letto negli occhi. L'ha annusato nell'aria.

Mi ha subito chiesto: «Che cos'hai fatto con quella ragazza?».

Io mi sono aggrovigliato tra scuse e bugie e Riccardo è scoppiato
a ridere, perché lui è di una perversità naturale e quella situazione
lo divertiva. Senza dire una parola Tina se n'è andata,
pallida come un fantasma. Quando l'ho raggiunta in hotel, ho
continuato a negare, a cercare di convincerla che non l'avevo
tradita. Ma lei non mi ha mai creduto.

Siamo ritornati ad Atene. Tina era molto cambiata, mi dimostrava
indifferenza e non perdeva occasione per dirmi: «Sta' zit-
to... tutto quello che sai fare nella vita è abbassarti i pantaloni e
scopare».

Ho cercato di farla ragionare, di sedurla nuovamente, di ricordarle
che se avevamo tutti quei problemi, se ci trovavamo in
tutte quelle difficoltà, era perché avevo messo da parte la mia
carriera di attore porno per lei.

Ma ormai era andato tutto in frantumi.

Prima non smettevamo mai un attimo di fare l'amore, ora
ero costretto a masturbarmi in bagno, guardandola leggere i
suoi libri a letto. Ho cercato di fare l'amore con lei tutte le not-
ti. E la risposta era sempre la stessa: «Sono stanca...».

Speravo che con il tempo saremmo riusciti a ritrovare serenità,
fino a che lei non ha cominciato seriamente a delirare e a
dirmi cose assurde. «Ero la più bella modella del nudo e tu mi
hai letteralmente sfondato la fica! Guardala adesso! È tutta allargata!
È colpa tua!»

Creava ogni occasione per mettermi in difficoltà, si metteva
a gridare in mezzo alla gente che volevo picchiarla e spesso ho
rischiato che le persone intorno mi spaccassero la faccia.

Non c'erano alternative, dovevo lasciarla.

Non è stato un bel periodo. Sono tornato a Ortona. Non avevo
più un lavoro e da quasi due anni non avevo contatti con il
mondo del porno. Tina mi cercava al telefono e io non le
parla



56 Io, Rocco

vo. Era dura, soffrivo molto, ma volevo evitare di cadere di
nuovo nella sua trappola. È stato l'istinto di autoconservazione
che mi ha sempre salvato, anche nel mio lavoro, durante tutta
la carriera. La parte razionale di me, il mio cervello, mi ha impedito
di riallacciare i rapporti con Tina.

Quando ho trovato la forza di reagire, sono andato a Monaco
dov'ero stato chiamato da un'agenzia per fare un servizio fotografico,
ma già dalla prima notte con gli altri modelli, nella stanza
dell'hotel, ho capito subito che davvero l'universo della moda
non faceva per me. Non sentivo altro che uomini che mi davano
e si davano tra loro consigli estetici del tipo: "Dovresti annerire
le ciglia per mettere in risalto lo sguardo, dovresti usare la cipria
per farti più emaciato" e stronzate del genere. Eravamo in quattro,
ma mi sentivo un uomo solo. Non ho dormito per tutta la
notte. E la mattina avevo preso quelle serie decisioni, per la mia
vita, che sarebbero rimaste incrollabili. Il mio mondo, quello in
cui sentivo di poter crescere con spontaneità e piacere, era quello
della pornografia e dei film hard. Mi sono imposto che non mi
sarei mai più innamorato sul lavoro. E soprattutto che non avrei
mai più anteposto nulla e nessuno alla mia professione. Con Tina
avevo commesso troppi errori. Le persone non si possono
cambiare, è impossibile. E a ciò che rende fondamentale lo sviluppo
e la salute della nostra vita non si può rinunciare.

Questo lavoro è dentro di me, e se Tina avesse potuto amarmi
con un sentimento lucido e non fosse stata ossessionata dal
sangue che le annebbiava il cervello, non mi avrebbe mai messo
davanti a una tale decisione.

Rosa, mia moglie, l'ha capito e l'ha accettato. Sono tredici anni
che viviamo felicemente insieme, perché con lei non ho mai
dovuto essere qualcun altro.

A questo punto, dovevo rientrare nell'ambiente. Ho telefonato
subito a Teresa Orlowsky, una grande pornostar tedesca che,
assieme al marito, aveva rivoluzionato la produzione della
pornografia creando uno studio gigantesco, supertecnologico,
costato all'epoca cinquanta milioni di marchi.

Una parentesi nella mia vita di attore

Quando Teresa mi rispose al telefono, fece un grido di felicità
nel sentirmi. Io ne fui lusingato. Mi serviva quell'emozione.
Come se in un cielo completamente nero alla fine ricominciassi
a intravedere qualche raggio di sole. Ero felicissimo. Mi
disse subito di questa nuova produzione, nello studio tutto
nuovo. E visto che io ero già in Germania, presi immediatamente
il primo treno per Hannover.

Su quel set mi sono veramente sentito rinascere, come se mi
fosse arrivata una boccata di ossigeno che mi riportava a respirare
a pieni polmoni. Finalmente, dopo essere stato a lungo
lontano, mi sentivo di nuovo a casa. Conoscevo le regole del
gioco in quell'ambiente, ero nuovamente in un universo di cui
conoscevo tutti gli ingranaggi, che sapevo controllare. Non
dovevo truccarmi, non dovevo adulare nessuno per ottenere
sfilate o sedute fotografiche. Finalmente ritornavo a essere me
stesso. Di fronte a me c'erano belle ragazze truccate e vestite
in modo molto sexy che, come me, stavano lì per fare sesso.

Dopo alcune settimane ho ultimato pazientemente il mio
percorso di ricostruzione per tornare di nuovo a essere final-
mente il vero Rocco Siffredi, e di quella persona che era esistita
al mio posto per due anni non era rimasto più nulla, l'avevo
completamente smantellata. Compromessi, mezze verità, sacrifici.
Basta! Avevo deciso di fare davvero l'attore porno.

Ora era tutto estremamente chiaro nella mia testa. Volevo
diventare un vero professionista. Ed è proprio questa passione
per la pornografia che mi ha salvato e ha permesso la metamorfosi.


Comunque, l'esperienza con Tina mi aveva definitivamente
fatto crescere. La forza di respingere la persona che amavo mi
ha dato tanta sicurezza in me stesso. Da lì ho preso l'importante
decisione di non indossare più nessuna maschera nelle
scelte che avrei fatto nella vita di tutti i giorni, di non avere
più vergogna del lavoro che avevo scelto. All'inizio della carriera,
quando conoscevo una ragazza e mi chiedeva che mestiere
facessi, io rispondevo sempre che facevo il modello. E


58 Io, Rocco

vedevo nascere nella sua espressione un sorriso lusingato. Ma
più venivo apprezzato come modello, più mi sentivo a disagio.
Vent'anni fa un attore di film hard, nell'immaginario collettivo,
non era considerato migliore di un ex carcerato o di una
prostituta. Ora potevo trovare il coraggio di presentarmi come
attore porno, senza paura. Non ho mai più mentito sul mio
mestiere.

E, come faccio abitualmente nella vita, ho messo sul piatto del-
la bilancia gli aspetti positivi e quelli negativi di questa scelta,
e ho potuto constatare che i lati positivi erano superiori a quelli
negativi. Il mio lavoro mi appassionava, mi aiutava a restare
vivo. Ho iniziato a rivendicarlo senza più vergognarmene. E di
ciò che la società intorno avesse voluto credere di me non mi
sarebbe più importato nulla. Io ero libero e felice. Nemmeno se
avessi vissuto altre cento vite a Ortona, avrei ottenuto la metà
di ciò che ho avuto da questo lavoro!

E ho anche deciso in piena consapevolezza di rinunciare a
sposarmi un giorno e ad avere una famiglia. Sono cresciuto in
un ambiente in cui l'influenza della Chiesa sulla mentalità
della gente rende l'idea di famiglia inconciliabile con la scelta
di un lavoro di questo genere.

Alla conquista degli States


Tanto oggi quanto in passato, se si vuol diventare una star del
porno, ed essere riconosciuti come tale, bisogna prima affermarsi
negli Stati Uniti. Ecco perché ho cominciato a sognare
una cosa che, a quel tempo, era semplicemente impensabile:
andare direttamente sul territorio americano. Fino a quel momento
nessuno dall'Europa ci aveva ancora provato. Semmai
era il contrario, erano gli americani che venivano in Europa e
al loro confronto noi eravamo considerati dei dilettanti, attori
di seconda categoria.

Quando sono arrivato negli Stati Uniti per lavorare, sapevo
di dover fare i conti con un universo che mi sarebbe stato ostile.

Furono Patty Rhodes, una delle due ragazze che incontrai al
106 la sera che conobbi Pontello, e suo marito Freddy Lincoln a
incitarmi a intraprendere l'avventura negli States. Loro credevano
in me. Freddy era sempre stato affascinato dal mio modo
di fare sesso, diceva che ero molto passionale, molto vero, e
quando aveva saputo che ero italiano si era entusiasmato. Il suo
vero cognome è, infatti, italiano, lo stesso dicasi per John Leslie,
Joe Silvera e John Stagliano, Tom Byron, Alex Derenzi e molti
altri.

Mi diceva: «Rocco, sei sprecato per rimanere in Europa. Vali
molto di più. Vieni in America, ti aiuteremo noi a farti un
nome».

Al mio arrivo, sono rimasto loro ospite per tre mesi e mi hanno
presentato a tutti i loro amici produttori e registi. Ma avevo


Alla conquista degli States 61

60 Io, Rocco

questo grosso problema della lingua. Con l'inglese riuscivo a
cavarmela un po', ma il mio accento italiano era ancora troppo
marcato e le parole che dicevo spesso non si capivano bene. Per
quasi tre mesi, la durata del permesso di soggiorno turistico,
avevo lavorato solo pochi giorni e solo per Freddy e Party. Nessun
altro mi aveva dato una possibilità. Era veramente difficile
convincere gli americani che qualcuno che non fosse dei loro
potesse comunque far parte del loro sistema.

La mia prima scena in America fu con Britney Morgan, una
biondina pimpante. Eravamo su un letto e, prima ancora di
iniziare le riprese, lei era in ginocchio davanti a me con le sue
unghie finte (era la prima volta che le vedevo, da noi non si
usavano), mi graffiava le gambe e mi diceva con una voce arrapante:
«Oh baby, give me your big code».

Io cercavo in tutti i modi di distrarmi, non ero abituato a tanta
enfasi; da noi, se il regista non dava l'azione, l'attrice non ti toccava
neanche con un dito. C'era una sorta di strana mentalità, tipo:
se inizio a succhiarglielo prima del ciak pensano che io sia
una troia. Più di una volta mi è capitato che le attrici non si concedessero
completamente nemmeno durante la scena e, quando
gliene chiedevo la ragione, mi rispondevano: «Se mi vede qualcuno
che conosco, almeno non mi prende per una troia».

Come se nel ciucciare bene un cazzo o nel godere come una
troia ci fosse qualcosa di sbagliato!

Una settimana prima che scadesse il visto ho ricevuto una telefonata
da John Leslie, il più grande pornostar degli anni Ottanta
insieme a John Holms, che nel frattempo era diventato
uno dei registi più ambiti del momento. L'avevo conosciuto a
Roma, qualche anno prima. Adesso stava iniziando a girare un
film dal titolo Catwoman. E mi proponeva un ruolo.

Quello è stato il primo semaforo verde al mio successo negli
Stati Uniti. Non appena i produttori americani hanno saputo
che John mi aveva fatto lavorare nel suo film, la mia segreteria
ha cominciato a registrare proposte di lavoro. Sfortunatamente,
però, il mio visto stava per scadere e dovevo rientrare subito
in Europa, rinunciando a queste offerte.

In Europa ho girato qualche film, giusto per rifarmi finanziariamente,
e poi sono ripartito per gli States. Il tempo di ricontattare
i produttori e i registi che mi avevano cercato. Ma la
lingua era ancora una difficoltà!

Lo stesso John Stagliano, un regista fra i più affermati negli
Stati Uniti, mi fece fare un casting, ma mi disse di tornare quando
avessi saputo parlare meglio in inglese.

Dopo quel rifiuto ero completamente afflitto. Ma la fortuna ha
voluto che la fotografa Suze Randall mi chiamasse per un servizio
per la rivista "Penthouse" con la modella olandese Zara
Whites. All'epoca Zara era una classica modella di soft. Le foto
dovevano essere solo erotiche e per questo motivo il mio sesso
non doveva assolutamente comparire.

Ma, ovviamente, il mio problema è sempre quello di riuscire
a tenerlo a bada, e la fotografa, donna di grande humour e simpatia,
con la quale poi ho legato tantissimo, mi ha detto: «Merda,
Rocco! Dobbiamo fare del soft, se non riesci a non eccitarti,
trova almeno un buco per nascondere il tuo cazzo!».

Io non sapevo che fare, ero tanto imbarazzato quanto eccitato.


A quel punto Zara, con un sorriso malizioso, si è voltata e
mi ha detto: «Rocco, se vuoi, puoi nasconderlo dentro di me, se
può esserti d'aiuto...».

E il servizio è stato straordinariamente realistico. In seguito
abbiamo lavorato molto insieme, Suze era una perfezionista e
i suoi servizi duravano anche cinque o sei ore! Mi adorava come
modello.

Zara quella sera mi ha confessato che avrebbe voluto provare
anche lei a fare l'attrice porno, così il giorno dopo ci siamo
incontrati con John Stagliano e lei ha puntualizzato che la scena
di sesso l'avrebbe fatta solo con me.

Ed è stato unicamente grazie alla scena con Zara Whites che
John Stagliano ha lasciato correre il mio cattivo inglese. E così,
con il film Buttman Ultimate Workout la mia carriera negli States
ha preso il volo.


62 Io, Rocco

Con John ho girato tutta la serie di Buttman negli Stati Uniti
ma anche in Inghilterra, in Francia, in Italia, in Ungheria, in
Canada, in Australia e nei Paesi Bassi.

Nella mia carriera ho lavorato con tutti i più grandi registi di
porno al mondo, ma quando i miei fan mi incontrano mi riconoscono
soprattutto per il ruolo fìsso che interpretavo nei film
di John Stagliano, Dario, un famoso attore di cinema tradizionale
che sguinzagliava il suo amico cameraman John per andare
a scovare donne con bei sederi, perché lui era troppo conosciuto
e non poteva esporsi in pubblico direttamente. In quegli
anni di lavoro con John Stagliano ho avuto la fortuna di vedere
e testare i più bei culi del mondo...! John Stagliano ha una passione
sconfinata per i culi, ecco il perché del nome Buttman.

Gli americani non erano abituati a vedere un attore europeo recitare
tra loro e quindi si mostravano molto diffidenti. E stato
duro riuscire a convincerli e provar loro che valevo davvero.

Quando ho iniziato a girare anche per altri registi, la mia vita si
è complicata ulteriormente. Quelli un po' più nazionalisti mi
hanno reso il lavoro estremamente difficile. Avevo conosciuto
diversi attori americani in Europa, come Billy D., Randy West,
Jerry Butler, e con alcuni di loro era nata una forte amicizia. Ma
poi, una volta là, le cose sono cambiate molto. Era come se non
mi avessero mai conosciuto prima, probabilmente non credevano
che sarei davvero arrivato negli States...

Ricordo un set teso e imbarazzante dove Randy West spesso
gridava contro il regista di spiegargli per quale cazzo di motivo
si ostinava a lavorare con un immigrato italiano: «What a
fuck! Why have you gotta work with these silly immigrants?».

E meno male che lui era uno di quelli che mi dicevano: «When
you'll come to USA, you'll he my guest, man»l

Senza presunzione posso dire che se oggi gli attori europei
sono molto più rispettati e accettati negli Stati Uniti il merito è
sicuramente in gran parte mio. Si sono ritrovati a percorrere
una strada già spianata.

Alla conquista degli States

Quando ho ricevuto il mio primo Oscar, a Las Vegas nel 1991,
ero davvero commosso nel tenere tra le mani questo trofeo, non
solo perché è il più prestigioso di tutti, ma perché questo significava
che ero stato definitivamente accolto dal grande circo del
porno americano. Dopo aver incontrato così tanti ostacoli, l'immigrato
otteneva finalmente la sua rivincita e tutto ciò mi riempiva
davvero di soddisfazione.


Il caro prezzo della gloria


Oggi mi rendo conto che i miei primi sette, otto anni di vita da
attore sono stati i più divertenti e i più spensierati. Quando la
fama è arrivata agli inizi degli anni Novanta, quella leggerezza
d'animo con cui avevo iniziato è scomparsa e mi sono ritrovato
in una situazione molto più delicata e complicata da gestire,
poiché, oltre a essere attore, avevo deciso di passare dall'altro
lato della camera ed ero diventato regista e produttore. Da un
lato c'erano la pressione delle aspettative mediatiche e quella
di gestire così tanti problemi di carattere produttivo che prima
di allora non avevo mai affrontato, dall'altro, inevitabilmente,
erano cambiati tutti i piani di relazione con gli altri colleghi, at-
tori e attrici. Le ragazze che dovevano girare con me mi avevano
in qualche modo messo sul piedistallo e i rapporti umani
erano mutati. Mi rattristava, soprattutto, l'atteggiamento delle
attrici nei miei confronti. Mi vedevano più come una star che
come un loro collega. E i registi non facevano che appesantire
questa situazione.

«Ti rendi conto? Lavori con Rocco Siffredi!»

Venivo continuamente contattato da attrici che desideravano
lavorare con me solo perché, mi dicevano, volevano vincere
l'Oscar per "la miglior scena di sesso", visto che io me lo accaparravo
ormai tutti gli anni.

Questa cosa mi deprimeva moltissimo. È stato allora che ho
capito che il divertimento puro, ormai, era finito. Tutto era diventato
meno spontaneo, meno naturale. E, sessualmente par



66 Io, Rocco

lando, non è il massimo se fai questo lavoro con l'obiettivo di
dare il meglio di te.

Un'altra tristissima conseguenza del passaggio nei ranghi
delle star internazionali è stata che alcuni miei colleghi hanno
iniziato a invidiarmi e certi, addirittura, a odiarmi nel senso
più stretto del termine. Capisco la competizione, che mai come
oggi predomina nell'esistenza dell'uomo -sei obbligato a
rincorrere la posizione di numero uno altrimenti sei tagliato
fuori -, ma credo che i miei colleghi non abbiano avuto alcun
ritegno.

Mi riferisco, soprattutto, agli attori che miravano a prendere
il mio posto. Alcuni di loro hanno veramente fatto di tutto per
mettermi fuori gioco, con ogni mezzo che avevano a disposizione.
Basta appena un mal di denti per pensare male di un at-
tore di film porno, figuratevi se comincia a girare la voce che
ha contratto il virus dell’HIV!

Per dieci anni, con regolarità, hanno fatto circolare queste simpatiche
dicerie sul mio conto. Potete immaginare il mio stato
d'animo quando una ragazza veniva sul set e mi chiedeva il referto
del test dell'HIV... Ovviamente, con una tale reputazione,
il minimo dolore, raffreddore o malessere sembra subito accreditare
le voci che corrono nei corridoi. Oggi presentare il test
dell'HIV a ogni ripresa è obbligatorio e sono convinto che sia
giustissimo. Tuttavia, all'epoca era già tanto se se ne parlava, e
per me era diventato davvero molto faticoso dover affrontare
una tale sporca menzogna. Questa storia me la sono portata
dietro per qualche anno, con cattiverie reiterate e gratuite che
avevano l'intento di demolirmi psicologicamente.

Ho ricevuto telefonate da amici e produttori che si preoccupavano,
non solo per me, ma anche per la mia famiglia.

Una volta ha chiamato un mio distributore. «Pronto Rocco!
Abbiamo appena saputo da Internet che hai contratto L'AIDS...
Sii forte, non ti preoccupare, ora si può curare!»

Ma la volta che in assoluto mi sono incazzato davvero è stato
quando hanno toccato la mia famiglia.

Il caro prezzo della gloria

Un direttore di produzione tedesco mi ha chiamato in piena
notte e mi ha detto: «Rocco, so che la vita può essere crudele,
ma bisogna che tu sia forte. Capisco che è molto dura per te, e
che è ingiusto. Ma fatti forza, ti prego...».

Erano circa le tre del mattino, ero in pieno sonno e non capivo
assolutamente quello che voleva dirmi. «Ma che dici? Di
che parli?»

«Rocco... Mi hai appena chiamato tu...»
«Ma che cazzo dici? Come facevo a chiamarti se stavo dormendo!
»
E lui è caduto dalle nuvole. «Cosa? Ma era la tua voce, un
attimo fa al telefono, mi hai detto che volevi suicidarti!»
Allora ho iniziato a capire. Credo di essere riuscito appena a
sospirare: «Ma sei ubriaco? Se è uno scherzo è di cattivo gusto».

E lui, ancora più convinto di prima: «Te lo giuro, Rocco! Mi
hai appena detto che volevi suicidarti perché avevi saputo di
aver trasmesso l'AIDS a tua moglie e a tuo figlio!».

Io ero furioso, il sangue mi è arrivato fulmineo al cervello,
ero scioccato, una belva feroce, non ho più chiuso occhio. Era-
no riusciti a colpire il mio punto debole, minando la mia incrollabilità.
Mi avevano colpito nell'intimo!

Fino a quella notte non avevo dato troppo peso alle dicerie e
alle cattiverie Ma a quel punto ho cominciato a fare delle ricerche.
Mi sono chiesto se la fonte di questa meschinità fosse direttamente
lui o qualcun altro. Alcuni dicevano che dietro questa
storia di cattivo gusto c'era un produttore tedesco, e altri, invece,
che si trattava di un attore francese. Ho iniziato a indagare
per conto mio e alla fine ho scoperto che erano entrambi coinvolti,
coalizzati contro di me.

Solo che l'attore francese lo faceva con molta più cattiveria,
convinta, ostinata.

Lui aveva debuttato nel cinema porno uno o due anni prima
di me. Quando io ho cominciato lui era considerato la star del-
l'epoca. Il mio ingresso in questo mondo lo aveva oscurato, mi
ha visto immediatamente come quello che avrebbe messo in se-
ria crisi la sua carriera e si è accanito contro di me fin dall'inizio.
Era diventato l'eterno secondo. Ma essendo lui un lucidissimo


Io, Rocco

stratega, ha cominciato dapprima facendo di tutto per conquistare
la mia amicizia, si spacciava per il mio migliore amico per
entrare nella mia intimità e potermi osservare da vicino. Nella
mia ingenuità da ventenne, io non capivo perché ostentasse
tanta generosità nei miei confronti. Quando uscivamo la sera,
dopo le riprese, prima di tornare a casa lui si fermava sempre
davanti a un locale pieno di prostitute e mi diceva: «Dai, Rocco,
divertiamoci» e pagava sempre lui. Non capivo perché mentre
io avevo rapporti completi lui si limitava a toccare i seni delle
donne, fingendo di masturbarsi. Oggi immagino che lo facesse
nella speranza che il giorno successivo sul set avrei avuto prestazioni
scarse.

Altre volte, per mettermi in difficoltà, veniva da me dicendomi:
«Hai visto quella che ti devi scopare tu? Ha le unghie nere e
putride. Secondo me non si lava neppure...».

Poi, quando ha visto che niente faceva veramente presa su di
me e sulle mie prestazioni sessuali, è passato ad altro, qualcosa
di più diabolico, più a effetto. Ha cominciato a far circolare
quelle voci ignobili di cui parlavo prima. Andava anche dalle
attrici per dir loro: «Non lavorare con Rocco. È violento, ti farà
del male. E poi non dimenticare che tutti dicono che ha l'AIDS».
Oppure: «È importante che tu lavori con Rocco, è il numero
uno. Ma poi, ti avverto, ci sarà l'ambulanza fuori dal set ad
aspettarti». È dura quando comincia a creartisi intorno questo
genere di ambiente.

Ma se fin qui qualcuno potrebbe ritenerla pura competizione,
quello che ha fatto in seguito è stato degno di un serpente
velenoso. Un giorno un ex legionario che gli aveva fatto da
guardia del corpo per tre anni, e con il quale aveva finito per
rompere ogni rapporto, è venuto a confessarmi tutto quello
che sapeva. Durante il periodo in cui aveva lavorato per lui
avevano parlato soprattutto di come eliminarmi. Mi ha spiegato
che era ossessionato da questo desiderio. Il legionario
stesso si era proposto per spezzarmi le gambe, ma il francese
aveva bocciato questa soluzione, ritenendola troppo pericolosa
perché palesemente riconducibile a lui nell'ambiente. Aveva
pensato, piuttosto, a una cosuccia raffinata per mandarmi

Il caro prezzo della gloria

in galera. Si trattava di introdurre sui miei set una minorenne
con documenti falsi, che poi, una volta finito di girare, sarebbe
andata subito a sporgere denuncia contro di me. Se questo
piano gli fosse riuscito, certo, sarebbe stata una soluzione definitiva!
Aveva offerto al legionario un sacco di soldi per attuare
questo piano.

Ho preso il telefono e ho chiamato questo psicopatico, con il
quale non avevo rapporti da più di tre o quattro anni. Ho tentato
di fargli capire la gravità di quello che aveva intenzione di
fare. Pensavo soltanto: se questo progetto fosse andato in
porto e fossi finito in prigione, che cosa ne sarebbe stato di
mia moglie e di mio figlio? Lui, come immaginavo, ha negato
tutto. Io conoscevo la sua perfidia e il suo carattere ossessivo,
era davvero capace di arrivare a tanto, ne sono assolutamente
convinto. D'altra parte non sono stato né il primo né il solo
che ha cercato di togliere di mezzo. Una volta, a Parigi, ha reclutato
alcuni maghrebini armati di coltello per spaventare un
altro attore.

L'invidia è stata una componente costante della mia carriera.
Sebbene spesso sia rimasto veramente senza parole, profondamente
disgustato da tutte le voci che facevano circolare su di
me e, cosa ben peggiore, dalla situazione in cui veniva trascinata
anche la mia famiglia, ho sempre cercato di spingermi oltre
e tentare di vedere il lato positivo. In un certo senso più mi
invidiavano, più mi rendevano forte. Era come se riuscissi a
prendere le loro energie e a metabolizzarle a mio vantaggio. La
loro crudeltà forgiava ancora di più la mia forza di volontà.
Più loro cercavano di tirarmi verso il basso, di affossarmi, più
io mi creavo una barriera di protezione contro le loro bassezze.
L'invidia è davvero il peggiore tra i sentimenti. Non ti aiuta a
crescere ma semmai a sprofondare. Perfino alcune donne,
seppure fortunatamente un'esigua minoranza, non mi hanno
certo risparmiato. Ci sono state delle ragazze che si sono messe
in competizione con me. Tentare di non farmi avere un'erezione
sembrava l'ultima specialità sportiva in voga. È paradossale,
no? Per una donna non dovrebbe essere visto come


70 Io, Rocco

qualcosa di positivo non riuscire a eccitare il proprio partner!
Nel caso di queste attrici, era una sfida. Era come se riuscire a
non fare avere un'erezione a Rocco Siffredi dovesse essere
qualcosa di cui vantarsi!

Quando ripenso a tutte queste grane, riconosco che effettivamente
sono cominciate quando ho vinto il mio primo Oscar a
Las Vegas e quando, l'anno successivo, a Cannes ho ricevuto
l'Hot d'Or come miglior attore del cinema hard. Da allora a oggi,
ho ricevuto più di cento riconoscimenti! Vi state chiedendo
se li danno con i punti del supermarket? Il fatto è che ci sono
numerose manifestazioni in tutto il mondo.

All'inizio l'Adult Video News di Las Vegas, sponsorizzata
dall'omonima rivista, era l'unica manifestazione di premiazione,
e ancora oggi resta la più attendibile. In seguito ne sono fiorite
molte altre in Europa, prima fra tutte l'Hot d'Or di Cannes,
che è durata meno di dieci anni, sponsorizzata dalla rivista francese
di settore "Hot Vìdeo".

Ricevo costantemente inviti, ma mi è impossibile presenziare a
tutte le manifestazioni. Sono arrivato al punto che purtroppo
non vado più nemmeno a ritirare i premi che mi vengono assegnati.
Fra tutte le premiazioni, la più divertente, ma anche la
più imbarazzante, di cui sono stato protagonista indiretto è il
Best Wide Ass (cioè "il miglior culo aperto"). Ci tengo a puntualizzare,
però, che il culo non era il mio, ma quello dell'attrice, e
se ero imbarazzato io, figuratevi lei che ha dovuto ritirare il
premio davanti a qualche migliaio di persone. Quando siamo
saliti sul palco, tutto il pubblico rideva e lei, un po' imbarazzata,
ha ringraziato frettolosamente ed è scesa! Per fortuna non
ha ringraziato mamma e papà come ho visto fare altre volte.
Comunque, questa manifestazione è durata soltanto un anno…

Credo che gli Oscar siano serviti a fare di questo lavoro un
mondo un po' più dignitoso. Senz'altro hanno motivato attori e
registi a impegnarsi in produzioni più laboriose.

I miei rapporti con i fan


Diventare una celebrità, dall'oggi al domani, non è un cambiamento
della tua vita che affronti e gestisci in modo facile. Le regole
del gioco sono dure, il fatto è che l'unico modo che hai per
impararle è giocare. Ora fa parte di me, e sono piuttosto sereno,
ma il prezzo da pagare è stato alto. E lo è tuttora. Ci sono momenti
in cui vorresti diventare invisibile. Io adoro stare in mezzo
alla gente, così, normalmente, come uno qualsiasi, ma è un
lusso che a un certo punto puoi concederti di rado. So che alcune
persone pagherebbero oro per essere al mio posto, per potersi
mostrare sugli schermi televisivi, vedersi sui giornali, parlare
alla radio, partecipare alle cene di gala. Ma quando gli impegni
di lavoro sono davvero molti, cerchi di ritagliare più tempo
possibile per stare anche con la tua famiglia. Io sono uno che
ama stare a casa, con la moglie e i figli, nella mia sfera privata.
Con le persone che mi cercano sono disponibile, non mi sono
mai sottratto ai miei fan. Abbiamo un rapporto importantissimo,
da sempre, di profondo e reciproco rispetto, perché quello
che ricevo da loro è l'energia che restituisco con il mio lavoro.

Una volta, per la promozione del film Romance, durante il
Festival di Cannes, mi ricordo che un bambino, non avrà avuto
più di dieci o undici anni, mi è passato davanti con sua madre,
si è bloccato indicandomi e ha gridato: «Guarda, mamma! È
Rocco Siffredi! L'uomo col cazzo più grande del mondo!».

Sua madre è diventata rossa come un peperone e si è dileguata
col figlio in mezzo alla folla. Sicuramente quel bambino non


72 Io, Rocco

guardava i miei film, ma la televisione sì, e forse aveva semplicemente
registrato e ripetuto quello che i media dicono di me.

In quell'occasione, l'organizzazione aveva assolutamente
voluto darmi delle guardie del corpo. Io non volevo, perché
non è nella mia mentalità. Ma quando mi sono trovato in
mezzo alla folla, con mia moglie e mio figlio appena nato, il
pubblico entusiasta ed elettrizzato, i fan che ci sono
letteralmente saltati addosso, ho avuto paura per il piccolo e ho
accettato la sicurezza dei bodyguard.

Ricevo migliaia di lettere e soprattutto di e-mail dai fan di
tutto il mondo. A volte sono davvero sbalorditive!

Ci sono mariti che mi offrono soldi per fare sesso con le loro
mogli. Mi ricordo che un ricco gioielliere di Napoli mi contattò
per passare un paio di settimane con lui, la moglie e altre cop-
pie di amici sul loro yacht privato, come guest star delle mogli.

Una delle lettere più curiose che ho ricevuto è stata quella
che è arrivata da Kansas City, in cui mi si chiedeva quanto costasse
una prestazione di sesso privata. Ho risposto che non ne
facevo, e l'altro mi ha scritto una seconda lettera in cui esprimeva
tutta la sua disperazione. Mi è sembrato incredibile, mi sentivo
a disagio per un uomo che nemmeno conoscevo. Lui era
un habitué dei film porno e la moglie ne era molto seccata.
Però, quando casualmente lei si era imbattuta in uno dei miei
film, erano riusciti a trovare un compromesso, li avrebbero visti
insieme e solo quelli in cui recitavo io.

Pian piano, però, le cose si sono complicate. All'inizio le bastava
chiamarmi Rocco mentre facevamo l'amore, poi mi ha chiesto di
parlarle in italiano e io ho imparato qualche parola per
compiacerla, e poi la situazione è degenerata. Essere te mi creava
troppa confusione... Sono andato da uno psicologo e lui mi ha detto
che il rimedio più efficace era lo stesso che funzionava con i bambini
che fanno i capricci per qualcosa. Quando l'hanno ottenuta, non ne
hanno più bisogno. «Se sua moglie vuole questa cosa gliela dia.»

I miei rapporti con i fan

C'era poi un'altra fan che voleva fare a tutti i costi sesso con
me. Il suo uomo aveva escogitato di farle girare un film porno
con me, come regalo di San Valentino. Ci siamo incontrati a Parigi
per le riprese e alcuni mesi dopo mi hanno mandato un'email
in cui mi ringraziavano moltissimo perché questo episodio
aveva fatto nascere tra di loro una maggiore complicità e
ora finalmente aspettavano un figlio che avevano desiderato da
tempo, ma che sembrava non arrivare mai.

L'e-mail che mi ha fatto più tenerezza in assoluto, invece, è
stata quella di un ragazzo australiano di Melbourne che mi invitava
a casa sua e mi diceva di non preoccuparmi dei soldi del
biglietto perché li stava mettendo da parte lui per comprarmelo.
Aveva una fidanzata di diciotto anni che era una mia grandissima
fan e lui aveva deciso di farmela conoscere. E aggiunse:
«Quel che deve succedere, succeda!». Non ha pensato nemmeno
per un attimo che avrei potuto dire di no, ma la cosa davvero
divertente era la foto che mi aveva inviato della sua ragazza
abbracciata ai nonni materni...

In vent'anni di carriera ho incontrato molte ragazze che
hanno iniziato a fare le attrici dopo essere state prima mie fan.
Alcune di loro a quindici anni avevano la mia foto sui diari di
scuola e la loro speranza era di incontrarmi sul set. Infatti, il
più delle volte, quando mi è capitato di lavorare con alcune di
loro, non riuscivano a rilassarsi mai completamente per la
troppa emozione. Questo per me era molto toccante, perché si
trattava non più solo di sesso, ma di qualcosa di più profondo,
quella particolare forma di "affetto" che si sviluppa quando si
proietta il sentimento di fiducia e di stima sul proprio idolo.

Quando ho deciso di smettere di fare l'attore, ho ricevuto
delle e-mail davvero commoventi. Alcuni miei fan mi
chiedevano cosa avrei fatto, altri mi invitavano a continuare.
Ce n'è stata una in particolare, di un ragazzo di un paesino
simile a Ortona, sempre in Abruzzo, che mi diceva: "Rocco!
Pensa tu quanta ne hai avuta se hai deciso di smettere! Oggi tu
lasci tutto. Ma qui c'è un ragazzo con i tuoi stessi sogni, stesse
ori



74 Io, Rocco

gini e stesse problematiche di vita che potrebbe cominciare a
sognare davvero solo se tu gliene dessi l'occasione". Mi ha
sbalzato immediatamente indietro di venticinque anni, a
quando al suo posto c'ero io... Mi ha fatto riflettere su quanti
ragazzi ci siano, sparsi in questi paesini, ragazzi con sogni,
speranze, voglio dire in ogni campo, che non sanno davvero
da che parte prendere il proprio sogno per poter cominciare a
costruirlo.

Tra le cose che avrei dovuto conservare, sicuramente ci sono tutti
i messaggi registrati sulla mia segreteria telefonica. Ce ne sono
stati di tutti i colori, generi e specie. Una volta il mio ufficio è rimasto
chiuso per ferie due settimane. Quando la mia segretaria
è rientrata ha trovato più di cento messaggi della stessa ragazza
lasciati a decine ogni giorno.

Dove lo trova uno il tempo di lasciare cento messaggi? E la
cosa più incredibile di quella storia è che nonostante mi avesse
lasciato cento volte il suo numero di telefono, quando ho
deciso di richiamarla, mi ha risposto un operatore automatico
che diceva che il numero non era più attivo!

Rispondo sempre a tutte le e-mail che ricevo. A tanti ho dato
l'occasione di lavorare nei miei film, credo di essere stato
uno dei pochissimi registi a utilizzare ragazzi non professionisti.
Spesso inserivo scene di gruppo proprio nella speranza di
individuare nuovi talenti, ho perfino fatto interi film con attori
non professionisti, ma nel momento in cui dovevano lavorare
da soli con le partner femminili, per loro diventava impossibile.
La presenza della camera li inibiva completamente!

Naturalmente, ne uscivano molto delusi, e non era sempre
semplice spiegare a questi ragazzi che fare sesso davanti a una
telecamera non è cosa da poco. Spesso dicevo loro: «Ragazzi
siete voi quelli normali, gli anormali siamo noi!».

In uno dei miei ultimi film ho voluto dare un'opportunità a

due fratelli che avevo incontrato a un salone dell'erotismo a To


losa. Insistevano di voler fare dei film con me, si erano già tro


vati perfino il nome d'arte, i Barbarian Brothers, per la loro pre


sunta "bestialità" sessuale. Mi hanno così tanto tartassato di

I miei rapporti con i fan

e-mail che li ho fatti venire a Budapest. Ma appena si sono ritrovati
sul set, si sono trasformati in due ragazzetti pietrificati dalla
timidezza. A un certo punto, uno dei due ha avuto un'erezione
e, non appena l'attrice glielo ha preso in bocca, è venuto
immediatamente. Allora l'altro mi ha chiesto di mostrargli come
l'avrei fatta io quella scena! Avevo messo in conto che sarebbe
finita così, avevo previsto il loro fallimento. Sono entrato in
scena, ma ho lasciato comunque che assistessero. Ho consigliato
loro di cominciare da produzioni più modeste e meno impressionanti.
E giusto qualche mese fa mi hanno chiamato dicendo
che nel frattempo hanno lavorato molto in Francia e sono
pronti a girare un film con me.

Nella maggior parte dei casi questo tipo di esperienze si rivela
un fiasco, è molto rischioso dal punto di vista economico,
puoi buttare via l'allestimento di un set. Ciò non giova né agli
attori né alla produzione. Per questo continuerò sempre a ripetere
che quello dell'attore porno è un vero e proprio lavoro.
Non puoi improvvisarlo.

Vorrei davvero poter trovare il modo per insegnare questo
mestiere a qualcuno.

Se il lavoro può ancora riservarmi una grandissima soddisfazione,
potrebbe essere proprio questa! Mi frulla in testa da un
po' l'idea di aprire una scuola per attori di cinema porno, esattamente
come quelle di arte drammatica. Chi lo sa! Comunque
ho in progetto di fare molto presto un film didattico, utilizzando
aspiranti attori o, se vogliamo, "studenti", mettendoli insieme
ad attori professionisti affinché possano imparare tutte le
tecniche e le difficoltà che si incontrano in questo lavoro.


Rocco's style


Spesso nella mia carriera mi sono ritrovato a dovermi difendere
da critiche sulla mia cosiddetta "esuberante energia" o
"troppa violenza". La scena che viene sempre tirata in ballo
dai media quando vogliono discutere di questo argomento è
quella famosa del bagno nel film Sandy l'insaziabile, in cui, durante
un rapporto anale, io infilo la testa dell'attrice francese
Sidonie nella tazza del cesso e tiro l'acqua.

Ho incontrato questa ragazza a Parigi, me l'ha presentata
Alban Ceray, un grande pornostar degli anni Ottanta, che mi
ha detto: «Rocco, conosco una parrucchiera che adora il sesso
a trecentosessanta gradi, adora essere dominata e il suo sogno
è fare un film con te».

Io stavo preparando il mio nuovo film a Roma e le ho proposto
una parte.

Prima della scena le ho chiesto, come faccio in genere con
tutte le attrici, se c'erano cose particolari che voleva o non voleva
fare.

Lei con un gran sorriso mi ha detto: «Fammi tutto quello
che vuoi, sono tua».

La scena nel bagno era una scena molto passionale, con un
crescendo di energia molto forte. Durante il rapporto anale
con Sidonie mi sono reso conto, appena l'ho penetrata, che ero
entrato nella sua testa. Lei si è girata e, con quello sguardo tipico
della donna che ti si sta sottomettendo, che non puoi non
riconoscere se almeno una volta l'hai già visto, mi ha autoriz



78 Io, Rocco

zato a fare di lei qualunque cosa! La scena ha avuto un crescendo
forte e passionale, e quando ho visto il suo volto appoggiato
sull'orlo della tazza, istintivamente le ho infilato la
testa dentro e ho tirato lo sciacquone sui suoi lunghissimi e
bellissimi capelli biondi. E lì, per un attimo, il dubbio che potesse
avere una reazione incazzata mi è venuto, ma niente di
tutto questo: lei si è girata e mi ha abbracciato e baciato. Da
quel momento, per quasi un anno, ho avuto difficoltà a lavorare
con questa ragazza, perché si era completamente invaghita.
Ma questo non sarebbe stato un problema se non fosse diventata
una maniaca ossessiva che mi ha perseguitato, che ha
cercato di intrufolarsi nella mia famiglia in ogni modo per poter
avere informazioni su di me. Faceva praticare riti di magia
su di noi e soprattutto su mia moglie. Siamo stati vittime della
sua ossessione morbosa per diverso tempo.

Dopo questo episodio i colleghi e i media che non hanno particolare
simpatia nei miei confronti si sono serviti della storia
per cucirmi addosso l'immagine di personaggio violento. Non
ho avuto la benché minima voglia di lasciarmi trascinare in
una querelle del genere. Cosa avrei dovuto fare? Smentire con
sottotitoli, o inserire didascalie esplicative nei miei film? Ma
per favore! Io odio il politically correct e non renderei mai il sesso
meno animalesco di quanto lo è stato in scena.

Dall'esterno, alcune scene possono sembrare violente, è vero.
Ma, nel tempo, ho potuto constatare che queste accuse mi
venivano rivolte o da chi aveva bisogno di strumentalizzarle, o
da chi manifestava chiare inibizioni rispetto alla propria sessualità!


Tutti i miei più grandi detrattori, e parlo di registi, attori e

produttori che fino a qualche anno fa trovavano che la mia

sessualità fosse troppo violenta, oggi sono tutti, e quando dico

tutti non esagero, passati a fare film per cui la parola "hard"

non è più esaustiva!

Io ho sempre tratto l'ispirazione per la mia sessualità da una

ricerca pura infinita, senza sottostare ad alcun cliché formale, e

soprattutto l'ho sempre vissuta con la mia partner, cercando

Rocco's style

con lei nuove emozioni e sensazioni. C'è un momento speciale
in cui la propria partner, sul set così come nella vita, si concede
a tutte le fantasie immaginabili. I miei colleghi che invece hanno
visto nel sesso estremo solo un'opportunità economica,
l'hanno fatto dimenticando dettagli fondamentali che motivano
questo tipo di sessualità, senza capire che, soprattutto in casi
simili, si richiede molta più sensibilità. La maggior parte delle
scene è senza coinvolgimento o, ancor peggio, il coinvolgimento
è maldestramente simulato, e la violenza è forzata e gratuita.
Non è possibile che, a scena appena iniziata, le attrici si ritrovino
un paio di schiaffoni o qualche sputo in faccia invece di un
bacio passionale! Come si può essere credibili? Come si può entrare
in sintonia con la psicologia femminile? Io credo che fare
semplicemente l'attore porno, senza avere passione per la ricerca
del piacere, non sia sufficiente a capire le donne. Io adoro veder
godere le donne, godo a essere il mezzo che utilizzano per
conoscere di più la propria sessualità, mi piace che tirino fuori,
attraverso di me, aspetti della loro sessualità che fino a quel
momento erano rimasti sconosciuti e inappagati.

Spesso molti attori, anche affermati, mi hanno raccontato che i
registi chiedevano loro di guardare i miei film per spiegare come
volevano che la scena venisse fatta.

Dicevano: «Do it like Rocco's style».

Per un verso, oggi mi fa piacere sapere che per molti il mio
stile è considerato innovativo e ha contribuito a cambiare l'aspetto
della pornografia classica. Sono stato copiato ed emulato
in centinaia di film, mi dispiace solo che forse non tutti mi
abbiano saputo capire, per quanto io abbia cercato di rimarcare
quella sottile linea che separa la passione e il coinvolgimento
dalla violenza gratuita. La carica sessuale che si trova nei miei
film proviene direttamente dalla mia passione per il sesso.
Piacere e finzione sono due concetti che non frequentano gli
stessi luoghi.

Spesso nei miei film si ha l'impressione che io abbia sempre
il ruolo di macho. Tuttavia sono stato anche pesantemente criticato
quella volta che cinque ragazze inglesi erano venute da


80 Io, Rocco

me a dirmi che avevano una fantasia "proibita" in comune,
quella di dominarmi. Non mi hanno detto cosa mi avrebbero
fatto. La cosa mi ha eccitato moltissimo e quindi ho accettato.

Sono arrivato da loro, mi hanno travestito da donna, truccato,
infilato tacchi a spillo e poi legato a una croce. Queste cinque
ragazze mi hanno cosparso il corpo di cioccolato e marmellata e
mi si sono avventate addosso barbaramente. Avevo lingue dappertutto.
Mi hanno leccato e dominato per diverse ore. Per me è
stata comunque un'esperienza straordinaria! Quando, finalmente
sfinite, mi hanno liberato, avevo gambe e piedi a pezzi a causa
dei tacchi a spillo!

Il mio amico regista Pierre Woodman mi ha detto: «Cazzo,
Rocco! Tu sei il nostro eroe, sei il simbolo della virilità, sei il
nostro incontrastato Rocco Siffredi... A che cazzo ti è servito
vestirti da donna e farti dominare?».

Ecco, pormi una domanda come questa significa cercare di
limitarmi in quello che amo di più: fare sesso.

E così pure sono stato criticato per aver interpretato, nel cinema
tradizionale, il ruolo di un omosessuale. Io non ho mai
avuto problemi di identità e perciò entrare nella parte dell'omosessuale
non mi creava alcun fastidio, al contrario, senza
dubbio per me è stato uno dei ruoli più belli che abbia mai interpretato.
Tuttavia, è un sottile meccanismo inconscio che
posso capire. Il mio pubblico è abituato a vedermi fare sul serio,
non a vedermi fingere. Il punto è che a criticarmi è stato
non il pubblico, ma il mio stesso ambiente. I primi moralisti
stanno proprio nel porno: qui dominano categorie molto rigide,
quelle di una libertà sessuale canalizzata dentro uno schema
ben preciso. Ne sa qualcosa, per esempio, Peter North, un
vero mito del porno americano in auge da più di venticinque
anni; eppure in tutto questo tempo ha dovuto sopportare di
sentirsi ripetere sempre la stessa storia: "È frocio, ha fatto film
gay". Io conosco bene Peter, la sua sfortuna è stata solo quella
di iniziare la sua carriera con un film gay.

Rocco's style

La stessa Catherine Breillat, la regista francese con la quale ho
girato Romance, un giorno mi ha chiesto di farmi fare un pompino
da un uomo.

Io, per ovvi motivi, ho risposto di no, e lei si è messa a ride-
re, dicendo: «Nel mio ambiente, dagli attori con i quali lavoro
sono abituata a sentirmi dire "questo lo faccio e questo no",
ma sentirlo da Rocco Siffredi mi pare inconcepibile».

Questo piccolo episodio fa riflettere su quanto, perfino nel
nostro ambiente, la libertà sessuale sia più presunta che effettiva.


La rivista "Hot Video" per le nomination degli Hot d'Or a
Cannes, per esempio, non ha mai fatto concorrere un film che
mostrasse scene di sesso vero, libero, passionale, estremo, uno
di quei film che ti scuote dentro e che devi vedere da solo perché
in compagnia ti provoca imbarazzo. Nonostante questi
film avessero l'approvazione non solo della critica del pubblico
ma anche delle vendite. Piuttosto sono sempre stati preferiti
quei film dalle scene di sesso composte e "morigerate", un
genere che, non per niente, si è dimostrato un fallimento e ora
è completamente morto.

Vi sembrerà assurdo, ma c'è ancora molta gente che cerca di
darsi risposte sulla sessualità. Soprattutto degli altri! La presentatrice
di un'emittente televisiva italiana mi ha fatto un'intervista
in cui ha sostenuto per tutto il tempo che il sesso anale è sbagliato
e mi ha accusato di praticare sodomia sulle attrici.
Secondo lei l'ano serve solo per andare di corpo e la vagina, invece,
è stata creata appositamente per il sesso.

E gli omosessuali allora? Sono tutti pervertiti? E le donne
alle quali piace il rapporto anale più di quello vaginale?

Mentre questa conduttrice parlava di cose che nemmeno
conosceva, a me tornava in mente quella mia amica americana
che, dopo ore di sesso, mi aveva detto: «Okay, Rocco. Fammi
godere adesso...».

«Cosa?» le avevo risposto. Ero sicurissimo che fosse già venuta
più di una volta.
Ma lei senza dire niente, mi aveva guardato, sorridendo maliziosa,
si era tolta il sesso dalla vagina e se l'era messo dietro.


82 Io, Rocco

Dopo qualche minuto l'avevo sentita godere come raramente
ho sentito godere una donna.

Stando a quanto la conduttrice sosteneva, la mia amica era
senz'altro da denunciare all'Inquisizione... Per fortuna, su una
cosa eravamo d'accordo, il pene si poteva usare, e non tirarlo
fuori solo per pisciare!

L'ipocrisia dei media


Ho costruito tutta la mia vita all'insegna del coraggio e della
libertà di essere me stesso.

Se evito di espormi ai media, sia in Italia sia in Ungheria,
dove vivo, limitando all'indispensabile le mie apparizioni televisive,
è senz'altro per proteggere la riservatezza della mia
famiglia e per poter vivere il più possibile in mezzo alla gente.

Dal momento in cui appari in televisione, devi mettere in
conto che qualcosa di tuo, di molto intimo, è perduto. Diventi
un prodotto televisivo e non importa più quello che sei, ti trasformi
immediatamente in un messaggio massificato. Non mi
piace la paura preconcetta della televisione degli ultimi anni di
perdere l'audience.

In Italia non posso certo dire di non essere conosciuto, se entro
in un ristorante sento gli occhi addosso, o vedo qualcuno
che mi indica, ma limitando le apparizioni televisive favorisco
una sorta di riluttanza ad avvicinarmi. Se sei un pornostar sei
quotidianamente bombardato da richieste mediatiche di ogni
genere. Ma, attenzione! Il porno in TV fa alzare l'audience.
Esattamente come la violenza. E come pure ogni forma di esaltazione
di uno qualsiasi degli aspetti più istintuali della nostra
natura se trattati con morbosità strumentale. Eppure la televisione,
spudoratamente, nega ciò che mostra mentre lo mostra,
assumendo un atteggiamento pregiudiziale che la assolve preventivamente
dal parteggiare per qualsivoglia contenuto.
Questo comportamento non lo considero nemmeno vigliacco,
questa per me è l'unica forma di volgarità possibile.


84 Io, Rocco

Una volta mi ha chiamato un giornalista scandinavo per un
reportage riguardo a una certa storia che si stava verificando in
Svezia. Gli ospedali stavano registrando un certo numero di ricoveri
in pronto soccorso di adolescenti femmine con l'ano
sfondato! La motivazione di questi fatti era che i loro compagni
maschietti, vedendo fare la penetrazione anale nei film porno,
volevano rifarla con loro, ma, non essendone capaci, le rovinavano.
Il programma avrebbe usato questo esempio per dimostrare
che il porno è diseducativo nella formazione sessuale degli
adolescenti.

Certamente il porno può essere diseducativo, esattamente
come lo è il cinema tradizionale, come lo è la PlayStation, come
lo è Internet, come lo sono le emittenti radiofoniche e soprattutto
la stessa televisione.

Intendo dire, non credo che il caso degli adolescenti svedesi
si possa spiegare individuandone le ragioni soltanto nella fruizione
di prodotti pornografici, è piuttosto un bombardamento
generale quello a cui i ragazzi sono sottoposti. Subiscono dosi
massicce di immagini violente, assorbono comportamenti e atteggiamenti
aggressivi dagli ambienti che li circondano, dal
linguaggio che sentono usare intorno a loro. Non credo che la
maggior parte dei ragazzi contemporanei possa anche solo immaginare
alcuni momenti di dolcezza infinita che era possibile
vivere ancora fino a un paio di generazioni fa! In più la Play-
Station li ha abituati a credere che la violenza sia solo virtuale.
Mi ricordo il caso di quei due fratellini americani: il più grande
aveva sparato con la pistola del padre al più piccolo e poi si era
sorpreso che questi non si rialzasse come succedeva nel gioco!
Da quando nascono, i bambini vedono scene di guerra in giro
per il mondo, ma le vedono in TV e per loro sono virtuali!

Senza considerare, poi, quanto Internet abbia trasformato
non solo le forme e la fruizione della pornografia, ma anche il
modo di comunicare la sessualità: penso alle chat, per esempio.

L'ipocrisia dei nostri mezzi di comunicazione è ormai plateale,
la falsità delle loro domande mal poste è sempre più smascherabile.
Nella maggior parte delle poche trasmissioni che

L'ipocrisia dei media

ho frequentato la domanda che mi è stata rivolta più frequentemente
è: «Rocco, ma quanto è grosso il tuo pene?».

Le misure del mio uccello sono sempre le stesse, nemmeno a
furia di chiedermelo sono aumentate. L'audience, invece, si alza
ogni volta che viene posta una domanda di questo genere!

La televisione fino a pochi anni fa era un meraviglioso mezzo
d'intrattenimento per le famiglie, ora è il più grande strumento
di potere, di guerra. Ha modificato i comportamenti naturali
della gente, ha omologato i gusti, i desideri, le ambizioni. Ha
annullato le peculiarità individuali, impedendone lo sfogo se
non attraverso l'aggressività. E poi mi vengono a dire che il
porno è diseducativo!


I misteri della legislazione


La legislazione nell'ambito di questo lavoro è quanto di più
fittizio si possa immaginare. Considerate che, a parte le incongruenze
insite nello stesso corpo di leggi, molto spesso la normativa
è in contraddizione da Paese a Paese. In Italia, per
esempio, non è per niente chiaro se girare film porno significhi
rischiare davvero condanne! Però la distribuzione non è
vietata! Come a dire: purché non siamo noi a farli, potete comunque
vederli. Che significa?

I Paesi nordici sono sempre stati più emancipati per quanto
riguarda la pornografia, nessuno sa però che proprio i Paesi
scandinavi, forse tra i pionieri in questo ambito -ve li ricordate,
no, i film con le svedesine? -oggi sono i più duri nei confronti
del porno. Comitati di censura visionano ogni film che
deve essere immesso nei canali distributivi e tagliano tutte le
scene che vengono ritenute fuori dal loro personale concetto di
morale.

Una volta mi sono visto ridurre un film di oltre due ore a
poco più di trenta minuti, e da allora la mia distribuzione nei
Paesi scandinavi è diventata un disastro perché per riuscire a
fargli montare un film di durata decente, cioè almeno novanta
minuti, dovevo dargliene tre, per una durata complessiva di
oltre sei ore! L'avreste mai immaginato!

Secondo me, il Paese più libero, non ipocrita, con un'apertura
sincera è la Spagna, la cui legislazione è la più chiara in
assoluto e il porno è, come un qualsiasi altro lavoro, regolato


88 Io, Rocco

da doveri e diritti. La società stessa è coerente nell'uso che ne
fa. Non a caso, qui hanno sede molte società europee, tra cui
due delle più grandi multinazionali: International Film Group
e Private Pictures. Il Festival dell'hard di Barcellona è l'unico
al mondo in cui puoi assistere a scene di sesso dal vivo e a
spettacoli hard senza alcun tipo di censura. La cosa bellissima
da vedere è il popolo spagnolo che partecipa al festival con
massima compostezza e grandissimo rispetto nei nostri confronti.
E soprattutto non è un pubblico menzognero, è un pubblico
coerente e aperto che non si vergogna di manifestare
pubblicamente il proprio apprezzamento per questo genere di
spettacolo. E non come in certi Paesi europei dove fingono ancora
di sorprendersi che il porno esista.

Negli Stati Uniti la legislazione a riguardo è ben più trasparente
che nella maggior parte dei Paesi europei, ma alcune regole
sono davvero assurde e chi non le segue paga. Anche dura-
mente. Se si vogliono fare scene di bondage, per esempio, cioè
quella pratica di dominazione con strumenti vari, corde, fruste
eccetera, la violenza può oltrepassare i limiti, ma non deve esserci
penetrazione. Infilare quattro dita nella vagina di una
donna è permesso, ma se ti scappa il quinto dito il distributore
e il produttore se ne vanno dritti in galera! Perché il fisiing è
vietato. Tuttavia, magari proprio per questo motivo, in nessun'altra
parte del mondo è praticato il fìsting domestico come
in America!

Il pissing si può praticare in un film porno. Purché l'urina

non finisca addosso a qualcuno!

Senza dimenticare che in molti Stati americani è ancora vie


tato il rapporto anale e, addirittura, il sesso fra bianchi e neri.

E ci sono tanti altri piccoli cavilli simili che è importantissimo

conoscere se non si vuole finire invischiati in problemi giudi


ziari molto gravi. Non dimentichiamoci che gli americani

prendono tutto sul serio, anche il sesso!

Tutta questa confusione lascia gli addetti ai lavori diso


rientati e molto frustrati. Mi piacerebbe poter chiedere a chi

I misteri della legislazione

ha scritto queste leggi qual è stata la discriminante su cui si
sono basati quando hanno dovuto legiferare su questi argomenti!


Ma il vero, enorme paradosso è che poi da qualsiasi casa, in
qualsiasi posto del mondo, anche nei Paesi in cui la pornografia
è vietata e se ti trovano un film porno ti tagliano l'uccello, è
possibile collegarsi a Internet e accedere a qualsiasi tipo di contenuto,
dal filmato più soft, passando per la pedofilia più atroce,
genitori che vendono sessualmente i propri figli, rapporti
sessuali con gli animali, e ogni genere di devianza inumana, fino
agli snuff movies. L'era di Internet ha realisticamente vanificato
in questo settore, almeno fino a oggi, ogni tipo di categoria
giuridico-morale precedente all'avvento della Rete.

La società di produzione americana forse più attenta a questi
problemi è senz'altro la Vivid, con cui ho spesso lavorato. È
quella che da sempre scrittura le più belle ragazze del porno
americano. La Vivid è l'unica al mondo che utilizza preservativi
e fa molta attenzione che il tipo di sesso praticato sia particolarmente
soft. Tutte le volte che facevo un film con loro avevo
lo stesso problema: le ragazze si aspettavano da me un
sesso più forte. Così se davo uno schiaffo sul sedere venivo richiamato,
se la prendevo un po' più energicamente il regista
veniva puntualmente a interromperci e a ricordarci che eravamo
su un set della Vivid, in America. È successo addirittura
che il cameraman mettesse la camera a terra rifiutandosi di
continuare a filmare quando le ragazze chiedevano di essere
soffocate per raggiungere l'orgasmo. Per me è un'assurdità interrompere
il feeling intimo che si sta creando fra due attori, è
molto frustrante.

«Mettevi d'accordo e fatemi sapere!» dicevo in questi casi.

Ho cercato spesso di spiegare al regista che poteva riprendere
tutto e poi regolarsi in montaggio, e che era stupido limitare
le vere emozioni che due persone stanno vivendo per un cavil-
lo legale. Ma sono sempre state parole inutili con la Vivid.

Pochissimi registi americani sono riusciti a mantenere la lo



90 Io, Rocco

ro integrità artistica senza limitazioni. Fra questi John Stagliano
e Joe Silvera. Quest'ultimo mi chiamò, un giorno, per alcune
riprese con una sua amica che voleva assolutamente girare
con me, ma sapeva che solo se ci fosse stato lui come regista
avrebbe potuto essere se stessa. La ragazza, che nella vita faceva
anche l'avvocato, diceva che il suo sogno era girare in
Europa perché in America, a causa della troppa censura, nessuno
la faceva scopare come voleva.

Ho iniziato a giocare con questa donna, a farle domande
perverse, a provocarla con cose del tipo: «E se ti piscio addosso
», e lei mi rispondeva: «No, per favore, in bocca» mentre
continuava a toccarsi la fica e a bagnarsi sempre di più. La sua
voglia di fare sesso senza regole e senza limitazioni era troppo
forte, se fosse rimasta lì sarebbe stato veramente duro per lei
continuare a lavorare nel porno americano!

Io mi ritengo molto fortunato ad avere l'opportunità di lavorare
senza dover sottostare a costrizioni così rigide. Il sesso
non dovrebbe avere alcun tipo di limitazione e se è praticato
fra maggiorenni consenzienti, capaci d'intendere e volere, io
non darò mai lo stop all'azione, qualsiasi cosa loro facciano.
Sul set, ai miei attori, chiedo di essere adulti e responsabili.
Sono un regista, non un censore. Sto lì non per vietare, ma per
spingerli a oltrepassarsi, a lasciarsi totalmente andare quando
fanno sesso.

Fantasticherie e realtà


Nel nostro ambiente esistono tante verità quante fantasie. Non
desidero fare il punto definitivo sulla pornografia contemporanea,
ma vorrei invece parlare con semplicità degli aspetti positivi
e negativi di questo lavoro.

Come ho appena detto, se decidi di lavorare in questo settore,
devi ricordarti che non hai alcun diritto, né come lavoratore,
né come imprenditore.

Quando lavori nell'ambiente dell'hard hai la sensazione di es-
sere considerato una sottospecie di donna e di uomo. Né i registi
né gli attori, infatti, hanno diritti simili a quelli di cui godono
le persone che lavorano nel cinema tradizionale. Un
regista, una volta riscosso il suo cachet, non prende più alcun
compenso per il film che ha realizzato, qualunque sia il mercato
delle vendite. Idem per l'attore. Viene pagato solo per la
scena! Ho recitato in oltre milletrecento film e non ho mai pre-
so un centesimo per i diritti d'autore, nonostante si versino allo
Stato, sempre, in tutti i Paesi di distribuzione dei film, i diritti
SIAE.

E questo non è tutto!

I film vengono fatti uscire e venduti. Poi, però, i produttori
possono tagliarli, rimontarli, utilizzare spezzoni non sfruttati,
rinominarli con un altro titolo e rimetterli sul mercato senza
versare un soldo né ai registi né agli attori, e senza aver biso



92 Io, Rocco

gno di alcuna autorizzazione. Se uno dei miei film venisse piratato
o, comunque, me ne fosse rubata la paternità, io non
avrei concretamente alcun mezzo per convincere il giudice in
un tribunale che quel film è mio. Fanno eccezione pochissimi
Paesi, in cui sono presenti organismi di Stato che si occupano
di garantire la legittimità anche in questo ambito.

Questa mancanza di un orizzonte giuridico nel settore che garantisca
i lavoratori e il prodotto ha molteplici ripercussioni
perfino su quest'ultimo. Si sente spesso accusare i film pornografici
di essere poveri a livello di trama e di dialoghi o comunque
molto approssimativi.

Vorrei che qualcuno mi spiegasse un giorno qual è il metro
di comparazione su cui si basano, in genere, questi giudizi.
Perché se è quello adottato per il cinema tradizionale, non ci
siamo proprio!

Nell'hard non abbiamo un budget sufficiente per pagare
scenografi, sceneggiatori e dialoghisti, né tanto meno per garantire
tutte le voci di produzione del cinema tradizionale.
Inoltre le persone che sono sul set non escono certamente dal-
le scuole di arte drammatica. Se l'hard fosse riconosciuto come
un vero e proprio settore di intrattenimento, il nostro ambiente
sarebbe attorniato di professionisti, invece siamo
costretti a lavorare con l'arte dell'improvvisazione. Nessun reparto
escluso.

Un altro dei più gravi handicap di questo settore è l'impossibilità
di usare i media per pubblicizzare i film. Tutti si rifiutano
di promuovere film pornografici su mezzi di informazione, anche
quando sono ottimi prodotti. Così l'utente finale che entra
in un videonoleggio o in un sexy shop non ha alcuno strumento
che lo orienti nella scelta.

È capitato spesso che i miei fan mi abbiano chiesto: «Rocco,
ma come si fa a trovare un buon film nel tuo settore?».

Il più delle volte, infatti, il cliente sceglie forse attratto dalla
copertina, o per il genere che lo appassiona, talvolta per la star
del cast, ma fino a che non porta a casa il film, non può sapere
cosa ci troverà dentro.

Fantasticherie e realtà

Sulla base di quanto ho detto e sapendo che la diffusione di
film pornografici nelle sale è vietata, o soggetta a una regolamentazione
molto severa, e che non si ha nemmeno diritto a
una percentuale sugli incassi, su quali introiti una produzione
dovrebbe contare per montare un'operazione degna di questo
nome?

Insomma, i film prodotti in questo settore non sono minima-
mente comparabili con quelli prodotti dal cinema tradizionale.

Le armi sono impari e le regole sono diverse.

La nostra è un'industria di intrattenimento e spettacolo a
tutti gli effetti, ma la società, nel suo insieme, quando parla di
noi, lo fa tuttora in termini sprezzanti e svilenti, sebbene nel
complesso tutto ciò che ruota attorno a questo lavoro generi
fatturati di milioni di euro e di dollari.

Tuttavia, a volte, con tanta forza d'animo e utilizzando al massimo
l'arte del risparmio, riusciamo a produrre qualcosa che
comunque si distingue. Durante il Festival dell'Hot d'Or a
Cannes, che si svolgeva in concomitanza con quello tradizionale,
mentre passeggiavo insieme all'amico Ron Jeremy ho incontrato
un regista debuttante che veniva dagli Stati Uniti per
presentare il suo film, Reservoir Dogs, una piccola produzione
low budget.

Lui era Quentin Tarantino, all'epoca un emerito sconosciuto.
Si sorprese, vedendomi, e mi fermò. «Ma tu non sei l'italiano
in The Chameleon?»

E io: «Sei un appassionato di porno?».

Tarantino è molto sensibile alle immagini emotive. Lo capii
in quell'attimo. «Quanti giorni ha impiegato John Leslie a fare
quel film?»

E io: «Cinque giorni, e due settimane di prove in cui tutti
hanno lavorato gratis perché non c'erano soldi».

E lui, sbalordito: «John è un genio».

Non affrontando in modo chiaro e sotto i più diversi punti
di vista l'esistenza del nostro lavoro, viene in buona sostanza
negata la possibilità di formare all'interno del settore delle vere
categorie di professionisti.


94 Io, Rocco

Una ragazza può fare dell'hard il suo mestiere finché non vie-
ne troppo notata, quando però le si dovesse prospettare un'opportunità
di affermarsi, si scontrerà con non pochi problemi: il
disprezzo della società, la solitudine, la difficoltà di avere una
vita sentimentale, per non parlare di un rapporto stabile, o una
famiglia. È per questo motivo che, nella stragrande maggioranza
dei casi, le attrici fanno solo una brevissima carriera e poi
scompaiono.

Il nostro ambiente è tollerato dalla legge, ma non c'è niente di
più razzista del concetto di tolleranza!

Il porno e le sue metamorfosi


Nel nostro settore si dice "intelligence is not requested!" per diventare
attori di film hard, ma nemmeno essere idioti è obbligatorio!


Ho conosciuto attori porno che erano tanto intelligenti
quanto oneste e degne persone. Allo stesso modo, ho incrociato
persone fuori dal mio settore che hanno la reputazione di
essere onesti lavoratori, ma che si sono rivelate dei perfetti farabutti
e dei truffatori. L'abito non fa il monaco, e molto tempo
fa mi sono imposto di non farmi opinioni sulle persone per
sentito dire, ma incontrandole e imparando a conoscerle.

Nella mia carriera sono stato attore, produttore e regista, però
il posto del mio cuore è senza alcun dubbio davanti alla telecamera.
La mia passione per il sesso me la sono vissuta in prima
persona, le emozioni che ho provato trovandomi davanti
bellissime ragazze con le quali avrei fatto sesso non le ho mai
sperimentate facendo il regista. Ed è per questo che mi sento
molto più vicino agli attori che ai registi o ai produttori. Gli
anni di esperienza accumulati davanti alla camera mi permettono
di garantirvi che le attrici e gli attori di film pornografici
meritano in assoluto più rispetto di tutte le altre persone che
gravitano nell'ambiente dell'hard.

È sicuramente bello avere la possibilità di lavorare facendo
sesso. Ma a volte ci si ritrova sul set sbagliato, o in condizioni


Il porno e le sue metamorfosi 97

96 Io, Rocco

fisiche non favorevoli, e tutt'a un tratto ogni cosa viene rimes-
sa in discussione.

Vi siete mai chiesti cosa significhi per un'attrice arrivare sul
set e avere in programma una scena anale multipla, magari
con attori superdotati, e non essere proprio nello stato d'animo
giusto per affrontare la situazione, perché quel giorno lei, che
è una persona come tutti, è presa da altre preoccupazioni? Ma
deve farlo comunque.

Per un uomo non è molto diverso. Un detto napoletano che
mi trova estremamente d'accordo dice: "Un cazz' nun vo' pensier".
Pensate per un attimo a come ci si può sentire nudi davanti
a una donna e a una troupe cinematografica quando c'è
totale assenza di coinvolgimento sessuale, così come può capitare
nella vita di rutti i giorni, per esempio davanti alla propria
fidanzata o moglie. La grande differenza è che con la fidanzata
prendi tempo, inventi un mal di testa, ma sul set
questo tipo di escamotage non si può usare. Il tempo concesso
per avere o riprendere un'erezione è minimo, senza considerare
l'imbarazzo e il nervosismo che si creano. Perché magari
le ragazze o i tecnici che avete di fronte non hanno nessuna
voglia di fare notte per colpa vostra. Credetemi, in occasioni
come questa, la dignità di un uomo subisce un duro colpo.

Questo è un mestiere particolarmente faticoso, sia sul piano
psicologico sia su quello fisico. Anche per l'influenza di una
semplicissima regola che si applica a tutte le attrici e gli attori:

every day you work, you get money.

Si viene pagati a prestazione e non si ha alcuna assicurazione
per disoccupazione o malattia, in caso di influenza o per la
slogatura di una caviglia.

Inoltre, oggi, i ritmi del lavoro di un attore porno si sono adeguati
alla frenesia della vita che facciamo tutti.

Vent'anni fa, quando ho cominciato, era raro che i film avessero
più di tre o quattro scene di sesso, oltretutto le riprese duravano
poco perché si girava in pellicola. E la pellicola non consentiva,
sia per le limitazioni tecniche sia per i costi, riprese
lunghe. Per non parlare delle posizioni che erano molto standard:
insomma corrispondevano alla realtà del sesso casalingo.

Oggi il lavoro di attore porno è diventato molto più impegnativo,
sia per gli uomini, sia, soprattutto, per le donne. Si è
sottoposti a uno sfruttamento fisico che una volta era impensabile.
Sono persuaso che ormai sia un lavoro molto logorante.
Oltretutto, con l'avvento della videocamera i costi di ripresa so-
no diventati irrisori e i registi hanno la possibilità di girare senza
stop di camera per almeno un'ora. Le scene hard si sono adeguate
alla moda dell'estremo, come nello sport. Una volta le
attrici che facevano penetrazione anale erano una rarità, oggi è
la regola per una ragazza che voglia diventare attrice porno.
Già la maggior parte delle attrici pratica la doppia penetrazione
anale, alcune di loro anche la tripla. La vecchia DP, cioè uno nella
vagina e uno nell'ano, è démodé. Inoltre, si dà sempre più
spazio a scene esclusivamente di sesso e meno al racconto della
storia. I ritmi sono diventati massacranti, soprattutto in seguito
all'avvento della "tecnica del gonzo", detta anche "Pro-Am",
ovvero una via di mezzo tra il professionale, che utilizza attori
professionisti, e l'amatoriale, che allude al video casalingo, in
cui il cameraman interagisce direttamente con la scena di sesso.
La ripresa è la sua stessa soggettiva. Questa tecnica fa sembrare
che l'attrice faccia sesso con la telecamera, e quindi induce nello
spettatore l'illusione che lo stia facendo direttamente con lui.
Ha iniziato a prendere piede circa dieci anni fa, limitandosi a riprese
in soggettiva, fino ad arrivare, oggi, a togliere di mezzo
tutte le inquadrature classiche, campo-controcampo, totali: non
c'è alcun bisogno né di scene recitate, né di dialoghi scritti, la
base è l'improvvisazione. Sono soprattutto scene di sesso.

Il classico cameraman professionista, quello che una volta
veniva dalla televisione, è stato completamente soppiantato. Il
suo ruolo non è più soltanto quello di semplice operatore, ma
quello di tenere propriamente le fila della regia di tutto il set. Fino
ad arrivare, talvolta, a vederlo entrare in scena per fare sesso:
la sua mano entra nell'inquadratura per toccare il corpo dell'attrice,
l'inquadratura si abbassa in soggettiva sull'attrice
mentre lei gli fa un pompino. Ciò ha comportato, via via, una
naturale trasformazione dell'attore che, dal cameraman al regista,
ricopre contemporaneamente quasi tutti i ruoli.


98 Io, Rocco

Il gonzo ha cambiato il porno come il reality show ha cambiato
la televisione: il prodotto preconfezionato, chiuso dentro l'elettrodomestico
televisivo, si trasforma, in entrambi i casi, in
un'illusione accessibile di cui lo spettatore si sente protagonista,
facendo leva contemporaneamente sia sull'aspetto voyeuristico
sia su quello esibizionistico, una contraddizione tipica
del moderno pubblico televisivo.

Questa tecnica ha favorito progressivamente lo sviluppo del
genere Ali Sex che negli ultimi due o tre anni è diventato il più
guardato. Ormai è adottato dal novanta per cento dei produttori
di film porno e ha incrementato del mille per cento il
numero di prodotti sul mercato.

Se, per un verso, questa tecnica è geniale e sfrutta fino in fondo,
al massimo delle sue potenzialità, l'identificazione catartica,
per l'altro, però, avendo ridotto al minimo i costi di produzione,
ha permesso a chiunque di fare il produttore, anche attori
con solo tre film alle spalle, con zero esperienza, che hanno la
loro production. Per non parlare di come abbia agevolato l'intrusione
nell'ambiente di molti loschi individui. È facile produrre
un film a queste condizioni, bastano poche migliaia di euro,
qualche ragazza e un appartamento per girare le scene. E se poi
si fanno delle buone scelte strategiche, si possono guadagnare
anche un sacco di soldi. Per questa ragione molti truffatori, che
vogliono guadagnare denaro facile, si lanciano sul mercato con
prodotti che sono vere e proprie schifezze, sotto ogni punto di
vista. Negli Stati Uniti, che sono stati i primi a introdurre il concetto
del low cost, si arriva a girare anche due film in una sola
giornata!

Se oggi dovessi definire in tre parole cosa si richiede agli attori
porno direi solo: FUCK FUCK FUCK, con tutte le conseguenze che
questo comporta. Le ragazze quasi mai arrivano sul set al cento
per cento della propria condizione fisica, spesso hanno problemi
a causa di scene di sesso troppo faticose in tempi molto
serrati e continuati. Dopo aver fatto una doppia penetrazione
anale la mattina e, magari, su un altro set una doppia vaginale
il pomeriggio, ve l'immaginate come arrivano il giorno succes-

II porno e le sue metamorfosi

sivo? Ma continuano a lavorare, forse perché vogliono guadagnare
molto e subito. Dopo una settimana, con questo ritmo,
sono fuori uso.

Ho conosciuto diverse ragazze che hanno dovuto farsi ricucire
l'ano per non aver capito quando era il caso di fermarsi.
Attori stanchi e depressi per i ritmi troppo serrati. Senza contare
la trasmissione di tutte le malattie sessuali che si cronicizzano,
perché non si ha il tempo di curarle, e vengono diffuse di
continuo.

Io di cronicità ne so qualcosa, dopo aver lavorato per oltre
dieci anni a una media di due orgasmi al giorno, mediamente
per venti, venticinque giorni al mese! Come la maggior parte
dei veterani del porno, soffro di problemi alla prostata legati
all'eccessiva sollecitazione a cui i nostri ritmi ci sottopongono.
I tempi di riproduzione dello sperma sono molto più lenti di
quelli richiesti dalla produzione cinematografica!

Se state fremendo per conoscere la ricetta per riuscire a sostenere
un ritmo simile, eccovi accontentati: mescolate un litro
di latte, cinque uova, due banane e un po' di proteine in polvere,
e bevete l'intruglio tutte le mattine prima di fare colazione.
E fatene buon uso!

Insomma, quando parlo della gestione che gli attori porno
devono avere di se stessi, intendo la complessità di tutta questa
serie di fattori, considerata nella sua interezza. La depressione
è dietro l'angolo e la sovraesposizione è un pericolosissimo
boomerang. Oggi molto più che qualche anno fa.


Rocco e le sue sorelle


Quando ho iniziato questo mestiere ho avuto la fortuna di lavorare
con tante pornostar che dovevano il loro successo alla
grande esperienza accumulata in anni di lavoro. La prima tra
queste è stata Moana. Era l'inizio dell'86 e lei era a Roma per il
suo primo film. Per me era la seconda esperienza. Una ragazza
dolcissima, molto alta, con i capelli lunghissimi biondo naturale,
fisico atletico, dotata di portamento e femminilità da
lasciare senza fiato. Con Moana è nato subito un bel rapporto,
un grande feeling, e in tutti i suoi film successivi lei ha continuato
a volermi come suo partner fisso.

Moana era una persona molto riservata nella vita e soprattutto
sul set. Durante le pause delle riprese se ne stava sempre
nel suo camerino, e io ero l’unico al quale permetteva di entrare.
Facevamo grandi chiacchierate sul volo e sullo sport in generale,
condividevamo le stesse passioni sportive.

All'inizio della carriera era molto timida, tipico delle attrici
italiane. Non si lasciava andare davanti alla troupe, aveva quasi
vergogna. In seguito, dopo i suoi primi film negli States, Moana
era completamente cambiata. Aveva capito molto di più sul suo
mestiere, e su che tipo di lavoro doveva fare su se stessa per riuscire
al meglio. Così, appena rientrata, è diventata da subito,
con la sua bellezza, la più grande pornostar italiana di tutti i
tempi. Perché da quando questa magnifica ragazza è venuta a
mancare, il panorama italiano non è mai più riuscito a rimpiazzarla;
io credo, sinceramente, che resterà insostituibile.


102 Io, Rocco

Kelly Stafford è una meravigliosa inglesina con la quale ho girato
alcuni dei film più belli degli ultimi anni. Tra noi c'era un
rapporto davvero incredibile. Lei era una vera passionale e una
ragazza molto imprevedibile nel senso più stretto del termine.
Quando le ho prospettato la prima volta di recitare con me, ha
accettato, ma quando ha ricevuto l'assegno non ha voluto esse-
re pagata. Le ho spiegato che il film sarebbe stato venduto in diversi
Paesi, che ci avrei fatto dei soldi e che era dunque logico
che lei venisse remunerata, ma lei ha risposto semplicemente:
«È fuori questione: mi sono talmente divertita sul set che non
accetterò una sola sterlina!».

In seguito abbiamo girato insieme ancora quattro o cinque
film e, ogni volta, rifiutava i soldi che le offrivo. Quando sono
tornato a Budapest, le ho inviato un assegno di quindicimila
sterline. Per me ogni lavoro deve essere pagato. Il prezzo medio
di una scena va da cinquecento a mille dollari, e io mi sono
fatto un punto d'onore di darle mille sterline a scena.

Con Kelly abbiamo girato film davvero pazzeschi, abbiamo
gli stessi gusti sessuali, ma all'inizio, quando l'ho conosciuta,
pensavo che avesse qualche problema di stabilità psichica; invece,
mi sono accorto, dopo, che adorava i giochetti strani. Lei
faceva parte di quella categoria di attrici assolutamente atipiche.
Prima di ogni scena si comportava come se tutto a un
tratto non capisse più perché stava lì, faceva una quantità di
capricci impressionanti, finché una volta persi le staffe e dissi:
«Tutti a casa, basta».

Lei mi rispose: «Ma non lo capisci che lo faccio apposta? Io

godo così, nel sentirmi costretta».

Aveva bisogno di creare attorno a sé un ambiente in cui tutti

gli equilibri cominciavano a saltare, diceva frasi come: «A me

fanno schifo questi attori che mi scopano in modo professionale».

Una volta era seduta sull'attore in penetrazione anale, ma se

ne stava come annoiata e con le braccia conserte, io giravo, le

ho chiesto di reagire, di darmi espressioni in camera, lei mi ha

domandato: «Quale vuoi fra quelle tipiche da pornostar?».

E io: «Kelly, please».

Rocco e le sue sorelle 103

E lei: «Mica è colpa mia se non sento nulla!».

Allora, l'attore, offeso nella sua dignità di uomo, se la toglie
di dosso, si alza di scatto, l'afferra per i capelli e la trascina per
tutta la stanza, e Kelly, finalmente sorridente e soddisfatta:
«Oh, era ora, comincia a succedere qualcosa d'interessante».

Kelly era assolutamente imprevedibile, riusciva a dare un'anima,
una profondità, ai suoi personaggi con la forza della sua
interpretazione. Durante le riprese di un film in cui faceva il ruolo
di una teenager (nella vita e nel ruolo aveva solo diciotto anni)
che veniva adescata da un signore di mezza età, Alain Poudensan,
nel corso della scena interpretò la "perversione" del suo
partner con una tale intensità da sconvolgere l'attore stesso e
tutto il resto del set. Lo aggredì fisicamente, lo prese a schiaffi
sul volto, gli fece schizzare via gli occhiali, che andarono a frantumarsi
contro la parete. Tutto ciò continuando a fare sesso con
lui e, al tempo stesso, a insultarlo e ad aggredirlo. L'attore, finito
di girare, era terrorizzato, quella sera stessa lasciò il mio set, dicendo
che in tutta la sua carriera non gli era mai capitata una cosa
simile e che non avrebbe più lavorato per me. Fu una situazione
davvero assurda, ma se lei avesse spiegato alla troupe le
sue intenzioni avrebbe perso spontaneità e vigore.

Per me lei rappresenta il massimo dell'interpretazione delle
scene di sesso. Pochissimi attori hard hanno la capacità di dare
una levatura al personaggio mentre fanno sesso. A chi sostiene
che Kelly era una psicopatica voglio dire che lei è, sì, la persona
meno gestibile su un set, ma che in assoluto è stata la più
grande nel darmi emozioni dall'altra parte dell'obiettivo. Questo
suo modo troppo avanti per i nostri set creava problemi, so-
no stati pochissimi gli attori capaci di lavorare con lei.

Lei odiava comportarsi come la classica pornostar, lavorare
sul planning strutturato: faceva di tutto per distruggere la concentrazione
del gruppo. Destabilizzare il set nutriva le sue
energie sessuali, assolutamente non convenzionali.

Ma, soprattutto, Kelly sfondava l'obiettivo. Il suo carisma era
fuori del comune. I film con Kelly resteranno tra i più originali
della mia filmografia e lei rimarrà un personaggio del tutto
anomalo nella storia della pornografìa.


104 Io, Rocco

A parte Kelly, credo comunque che le inglesi, in generale, siano
molto portate per questo lavoro, almeno dalla mia esperienza
diretta. La sessualità non rappresenta un problema per
loro, tutt'altro, sanno prendere l’iniziativa e non hanno bisogno
di indicazioni. Forse non saranno le più carine, ma sono
quelle che sprigionano più energia sessuale davanti a una telecamera.


Le pornostar americane degli anni Settanta, da Linda Love-
lace a oggi, hanno fatto la storia del pomo. Sono sempre state
fra le ragazze più belle del mondo. Recitano con una tale facilità,
sono molto reattive; ho sempre sostenuto che fare film
con loro è uno spasso sia per il regista sia per l'attore: fanno
tutto loro, non devi nemmeno dare indicazioni. Ciononostante
bisogna fare una considerazione importante.

Negli Stati Uniti il pensiero delle persone è schiacciato da
un fortissimo provincialismo. Il peso della considerazione sociale
è molto forte e, soprattutto, i media enfatizzano questo
atteggiamento. Gli americani vivono tutto in maniera molto
conflittuale. Ho visto molte attrici dall'anima lacerata e la
mente confusa a causa di questa influenza. In dieci anni di
produzioni negli States ho assistito un'infinità di volte a scene
che rasentavano il patetico. Qualcuna arrivava sul set, aveva
una voglia forte di sesso estremo, magari voleva più uomini
alla volta, e in scene al limite della legalità. Il giorno successivo,
però, arrivava in lacrime perché desiderava una famiglia,
e voleva smettere con questo lavoro.

All'inizio prendevo tali reazioni come moti dell'anima autentici,
mi commuovevo sinceramente; assistendo però alla
stessa situazione ripetuta, con le stesse dinamiche, mi sono accorto
che era il loro modo di sfogare la conflittualità esasperata
fra la propria personalità e i modelli comportamentali imposti
dalla società.

Le europee, come dire, non si possono definire in blocco, hanno
tutte qualcosa di diverso. Per certi versi, sono la via di
mezzo fra le ragazze americane e le ragazze dell'Est. Non
abbiamo mai avuto un vero e proprio flusso di ragazze
europee in questo ambiente. Certi Stati più liberi, come Germania,
Olanda e Francia, hanno registrato qualche presenza
in alcuni momenti, ma comunque non di rilievo. L'Italia è in
assoluto la meno rappresentativa mentre la Spagna, per


esempio, ha molte più attrici. Sarà un'inibizione dovuta al
fatto di ospitare lo Stato del Vaticano?

Tuttavia, la vera svolta il porno la ottiene negli anni Novanta.
Subito dopo la caduta del Muro di Berlino, le ragazze del-
l'Est invadono il mercato. Praticamente, oggi vengono impiegate
per il novanta per cento delle produzioni europee e per
un buon quaranta-cinquanta per cento di quelle americane.

Da più di tredici anni filmo ungheresi, ceche, ucraine, rumene
e qualche polacca, tra Budapest e Praga. A contatto con queste
culture ho constatato una differenza sorprendente tra il loro
atteggiamento mentale e il nostro. Il porno nell'Est è considerato
solo un mezzo pratico e divertente per fare soldi in fretta e
pagarsi gli studi o, in caso di bisogno, per migliorare il tenore di
vita proprio e della propria famiglia. Non interviene alcun altro
fattore di carattere morale o psicologico nella valutazione di
questo tipo di lavoro.

Con l'Ungheria, a parte mia moglie, ho un legame emotivo particolare
perché qui ho girato il primo film come attore, regista e
produttore Rocco e le storie vere (1 e 2). Il film è stato girato nel
gennaio del '93, e il titolo nasce per sottolineare il fatto che quello
che io voglio vedere e far vedere in un film porno è solo il
"sesso vero".

L'agenzia aveva detto che sarebbero venute molte ragazze
al casting, abituate a fare servizi di nudo o di moda, ma che
comunque il porno nessuna di loro lo aveva mai fatto prima.
Dipendeva solo da me saperglielo porgere in modo che potessero
accettare. Questa condizione mi rendeva un po' teso, sapevo
che non avrei potuto immaginare le parole che avrei usato
con ognuna di loro finché non le avessi avute davanti.

A mano a mano che entravano, chiedevo se potevano mostrarsi
nude e loro senza nessun tipo di inibizione si spogliavano
subito, ma la maggior parte non parlava inglese e senza


106 Io, Rocco

dilungarmi troppo chiedevo solo: «Ti va di fare sesso davanti
alla telecamera?».

La risposta era la stessa per tutte. O dicevano di sì o annuivano
con la testa. È stato incredibile, perché delle oltre cinquanta
ragazze incontrate quel giorno, nessuna disse di no. La cosa mi
lasciò alquanto perplesso, non credevo che facessero tutte sul
serio, così nel dubbio ne ho scelte più di trenta, perché, mi sono
detto, se la maggior parte non verrà almeno quattro o cinque ci
saranno. Il problema fu inverso, vennero tutte e trentatré. Con i
ragazzi, invece, ho avuto più problemi. Nessuno di quelli scelti
riuscì a girare delle scene convincenti. A quel punto ho dovuto
accollarmi tutte le scene dei due film. È stato divertente, ma
molto duro. Le riprese sono durate otto lunghissime giornate in
cui sono dimagrito sette chili, verso le ultime scene il mio viso
era così scavato che non era più raccordabile con quello delle
prime!

Nella Repubblica Ceca, invece, mi sento abbastanza un pioniere.


Andavo a trovare il mio amico Claudio, oggi titolare della
più grande agenzia di modelle porno, la Bohème Agency. Ero
a Praga per un casting e, dopo quattro ore di attesa, non si era
presentata nemmeno una ragazza, così io e Claudio ce ne siamo
andati in un night a farci una bevuta.

Il proprietario del night mi riconosce e mi propone di girare
un film nel suo locale. Io naturalmente gli rispondo: «E le ragazze?
».

E lui, indicandomi il suo parterre: «Prendi quelle che vuoi».

Non ero per niente fiducioso, tuttavia gli ho proposto di girare
la sera stessa e sono corso in albergo a prendere la telecamera.
Mi fa preparare una stanza e comincia a mandarmi una
dopo l'altra cinque ragazze. Sono tornato in Italia, ho organizzato
il materiale per la produzione e sono ripartito per Praga a
realizzare Praga by Night, un film ambientato in cinque diversi
locali. I proprietari mi hanno aiutato con le ragazze e dato gratis
il locale in cambio della pubblicità che facevo loro riprendendo
le insegne.

Rocco e le sue sorelle 107

Durante le riprese, ho parlato molto con le ragazze. Volevo
sapere qualcosa di più della loro vita e perché avessero accettato
di partecipare al film visto che non erano attrici porno. La
cosa che mi affascinava era la loro assoluta naturalezza nell'affrontare
l'argomento, non mi hanno mai dato l'impressione
di essere a disagio. Argomentavano senza cercare quei sotterfugi
strani, tipici delle società ipocrite.

Non so da dove venga questo loro approccio al sesso, quasi
imbarazzante a volte per l'estraniazione che comunica: non si
tratta nemmeno di libertà sessuale in senso proprio, è qualcos'altro,
ma senza dubbio è un modo di pensare molto distante
dal nostro. Forse sarà perché sotto i regimi comunisti il sesso
era una delle cose meno controllate. Oppure perché, come dicono
molte persone che sono state giovani sotto i regimi, "era
l'unico divertimento che avevamo!".


Ieri, oggi e domani


La concorrenza si è fregata le mani quando ho deciso di interrompere
la mia carriera! E tuttavia, spesso mi giungeva il suo-
no di un'altra campana: «I tuoi film funzionano perché ci sei
tu, perché la gente vuole vedere te!».

Ogni volta che faccio un film, le uniche preoccupazioni mie e
di mio cugino Gabriele, al mio fianco da più di dieci anni, non
sono la trama, le ragazze o l'ambientazione, ma gli attori! So-
no diventati un'incognita. Questo vi sembrerà esagerato, ma
bisogna che gli attori siano affidabili per arrivare al termine
delle riprese. Quando recitavo io, questi problemi mi toccavano
marginalmente, perché avevo sulle mie spalle tutto il peso
della produzione. Gli altri non mi preoccupavano, perché le
scene importanti le facevo io. Tuttavia, da quando mi sono ritirato,
cercare di fare film competitivi senza Rocco è stata la
mia nuova sfida. All'esordio nella regia ho commesso il grave
errore di cercare me stesso negli attori, di aspettarmi che provassero
le stesse emozioni e sensazioni che provavo io quando
stavo davanti alla telecamera. Poi ho cominciato a lavorare
sulla loro vera personalità ritagliando per loro ruoli su misura.
Sfortunatamente, il problema che affligge ancora oggi il
settore del porno è la mancanza di attori affidabili e professionisti.
A dimostrazione di quanto sia difficile fare bene questo
lavoro, basti pensare che nell'arco di tutti questi anni il numero
di pornostar di sesso maschile non è certamente cresciuto.


110 Io, Rocco

Dirigere è una grande soddisfazione, ma devo ammettere
che all'inizio è stata dura. È frustrante non poter vivere certe
scene se non dall'esterno. Oggi purtroppo non si ha più una
situazione di naturalezza sul set. La società basata sulla
performance ha contagiato anche il nostro settore. C'è un
grosso giro di doping e l'ansia da prestazione è il sentimento
predominante. Io sono contrario agli aiuti chimici associati al-
l'atto sessuale, quando non sono necessari, ma purtroppo devo
conviverci. Me ne accorgo subito se qualcuno ha preso
qualcosa. Ci sono vari dettagli da cui lo posso capire: c'è, per
esempio, chi ce l'ha duro dall'inizio alla fine e anche durante la
pausa, la sigaretta, o la bevanda, resta perennemente in erezione
senza flessioni; o chi ha bisogno di masturbarsi ancora
per mezz'ora prima di avere un orgasmo dopo magari due o tre
ore di sesso; oppure chi continua a interrompere per andare al
bagno portandosi dietro la pochette e uscendo con il sesso
estremamente rinvigorito. Sono atteggiamenti nuovi che in
vent'anni di mestiere non avevo mai visto. In ogni caso, non
vale per tutti, ma soprattutto per la nuovissima generazione di
attori porno. Sostanzialmente la cosa che mi infastidisce non è
un'erezione aiutata, ma le conseguenze, cioè la totale
mancanza di passione da parte dell'attore che, prescindendo
dallo stimolo, lavora in modo meccanico e automatico. Per
fortuna, c'è ancora chi, come me, usa il vecchio metodo: nei
momenti in cui perdi la concentrazione non c'è niente di meglio
di un bel sedere a novanta gradi tutto da leccare finché i
livelli di pressione non tornano stabili.

In questi vent'anni ho assistito alla trasformazione delle pro


blematiche, oggi è sicuramente più dura fisicamente. Quando

io ho iniziato era forse più difficile psicologicamente, ma se do


vessi decidere quale periodo preferire, non saprei dirlo, mi piac


ciono ancora alcune cose di ieri, ma sarei ipocrita a dire che oggi

non trovo più niente di interessante. Un attore che rappresenta

al meglio il presente con un po' del passato è Nacho Vidal.

L'ho conosciuto molti anni fa al Bagdad, uno strano locale di

Barcellona. Singolari personaggi, molto felliniani, lavoravano

Ieri, oggi e domani 111

al Bagdad, dal nano italiano Only One, che si dilettava a far
sesso con due bellissime giovani gigantesse, a un ragazzo madrileno
che passava tutte le notti con una bombola di gas attaccata
all'uccello, oppure lo usava come arco per tirare le frecce,
a diversi altri insoliti personaggi. Insomma, in questo circo per
adulti incontrai Nacho, che faceva sesso dal vivo da due anni
senza mai una défaillance... fino alla sera in cui lo conobbi. La
mia presenza lo inibì. Così, dopo lo spettacolo, venne fuori
rabbioso, cercando di giustificarsi, non gli era mai successo
prima. Ma io non avevo bisogno di spiegazioni, si vedeva che
aveva carisma, era uno di quelli giusti, uno di quelli che hanno
talento e gli chiesi se voleva provare a fare un film. Non se lo
fece ripetere due volte e la mattina dopo venne sul set dove giravo
il mio film Rocco Never Die. La scena era un'orgia, lui arrivò
con la sua fidanzata e girò la sua prima scena timidissimo.
Se ne restava in disparte, non si mischiava con gli altri e non
mi fece vedere nulla di straordinario. Ero sicuro che non mi
aveva ancora mostrato quello che valeva. Gli proposi di venire
con me a Budapest. E, infatti, lì mi dimostrò che non avevo
avuto torto. Appena arrivato, ha preso fiducia in sé e ha tirato
fuori tutte le qualità che fanno di un attore un vero pornostar.

Nacho era passionale, dotato di una concentrazione fuori del comune,
era carismatico, piaceva alle donne e agli uomini, e potevi
dargli qualsiasi ruolo che lui lo calzava alla perfezione. Mi ricordo
una scena di sodomia di quattro o cinque ore con una
ragazza che continuava ad avere perdite fecali; lei non era nemmeno
più imbarazzata, perché Nacho continuava a fare battute
e a farla ridere. Non ha mai mollato. Ogni volta andava a lavarsi
e poi ricominciava come se niente fosse successo e senza mai
perdere l'erezione.

Dopo appena due anni passati con me, a mano a mano che i
film uscivano, tutti i produttori hanno cominciato a chiamare
Nacho. E di lì a poco è diventato la star più richiesta al mondo.
Lavorava di continuo fra gli States e l'Europa.

Salire in vetta, quando si hanno le qualità che ha Nacho, è
senz'altro più facile, ma restarci è un'altra cosa. È talmente


112 Io, Rocco

impegnativo essere sempre performanti a ogni ripresa che la
pressione a cui si viene sottoposti diventa molto pesante se
non si è capaci di gestirla. Purtroppo questo è quello che è
successo a Nacho Vidal. Non sopportava più la pressione mediatica
a cui era sottoposto. Era subentrata una grande confusione
e ha deciso di smettere. Peccato, perché sicuramente lui
era destinato ad avere una splendida carriera.

Chi pensa che il successo di un attore porno sia direttamente
proporzionale alle dimensioni del suo cazzo, evidentemente
non ha abbastanza immaginazione per capire di che lavoro
stiamo parlando.

Naturalmente, se si è superdotati si parte già con qualche
punto in più. I cameraman dicono che un grande cazzo è più
fotogenico da riprendere e i registi dicono che crea di più l'illusione
del piacere. Ma questo non è tutto. Conoscere qualche
lingua, meglio se l'inglese, anche questo aiuta.

Tuttavia, come in tutte le cose della vita, anche per imparare
questo mestiere ci vuole umiltà. Se non avete umiltà non potrete
mai imparare nulla. Ma soprattutto, il vero segreto per evitare
ciò che è capitato a Nacho è l'equilibrio psicofisico; è il pun-
to cruciale, è quello che vi frega se non sapete gestirvi.
Imparate a conoscere voi stessi e i vostri limiti per la programmazione
del vostro lavoro. Imparate a scegliere le persone giuste
che vi possono insegnare qualcosa, e a loro concedetevi
senza risparmiarvi: verrete ripagati con gli interessi.

Durante le scene hard è importante saper suddividere il pensiero,
un po' come nelle discipline orientali. Io sono concentrato
per il cinquanta per cento sulla partner. Le donne sono diverse
da noi, hanno bisogno di attenzione, di preliminari: fate
sentire loro che siete presenti. Durante il rapporto stringetele
sia con le gambe sia con le braccia, guardatele negli occhi, è importantissimo
che la vostra partner si senta sempre e solo con
voi. La cosa si complica quando le partner sono più di una.
Riuscire a coinvolgere più donne richiede molta esperienza.

Per il trenta per cento, invece, mi dedico al lato artistico, che
è quello che fa la differenza: non aspettate che sia il regista a

Ieri, oggi e domani 113

dirvi quello che dovete fare, prendete l'iniziativa, ma non cercate
di strafare. Non c'è niente di meglio e di più efficace che
eccitarsi per davvero. Fatevi questo viaggio insieme alla vostra
partner alla ricerca del piacere. Il restante venti per cento è rappresentato
dal vostro serbatoio di energie di scorta e dal vostro
dispositivo di controllo su tutto quello che state facendo, affinché
possiate corrispondere a qualsiasi indicazione del regista o
risolvere qualsiasi problema senza mai perdere il controllo del-
la situazione. È importante non far sentire alla vostra partner
che una parte di voi è obbligatoriamente altrove, cosa inevitabile
davanti alla telecamera. Se la scena sta per iniziare, cercate
di non farvi mai trovare impreparati, cioè non ancora lavati o
senza aver imparato le battute. Anticipate i tempi, meglio cinque
minuti prima che dopo. Tutto quello che dovete fare per
voi fatelo prima della scena, ma quando si inizia pensate solo a
concedere il cento per cento di voi stessi. Se avete problemi di
erezione non è mai colpa della vostra partner, anche se non in-
contra il vostro gusto o se è antipatica e sgarbata.

E ancor peggio è se avete l'uccello duro e vi fermate a discutere
con il regista per screditare la ragazza con frasi come: "Io
sto facendo il mio lavoro, non vedi che ce l'ho duro! È lei che
non sa fare un cazzo".

Evitate, fin dall'inizio della carriera, di eccitarvi con un'altra
sul set che non sia la vostra partner: è il peggior sbaglio che
possiate fare! Anche perché l'eccitazione dura poco e nel
momento in cui tornerete sulla partner avrete un grosso problema,
a meno che non facciate come Don Fernando, un attore
messicano naturalizzato USA, che prima di eiaculare metteva
un giornalino porno giapponese sulla faccia della sua partner!

Altra regola d'oro, se si vuole fare il pornostar, è non innamorarsi
mai delle proprie partner. Ovviamente mi è capitato di
provare un'attrazione straordinaria per alcune attrici con cui
ho fatto l'amore: con loro avrei potuto vivere molto più di una
scena di sesso sul set. In ognuna di queste occasioni, però, ho
cercato di reprimere la sensazione di affinità e il sentimento di
trasporto. Ho avuto profondi rapporti di amicizia con alcune
ragazze, ma non mi sono mai innamorato di nessuna di loro.


114 Io, Rocco

Ho sempre separato la vita affettiva dal lavoro. All'inizio della
carriera mi è capitato di uscire con un'attrice francese, dopo
aver girato una scena molto bella con lei, ma il giorno successivo,
sul set, dovendo recitare con lei e un'altra ragazza, sono arrivati
i problemi.

Mentre facevo l'amore con l'altra, lei mi diceva: «Sei un porco!
Quella ti piace più di me, vero?».
Allora ho capito che mischiare lavoro e vita privata è un errore
madornale.

Un attore porno deve riuscire a fare sesso senza innamorarsi,
unicamente per desiderio sessuale. Ma questo non vuol dire
non utilizzare l'intera gamma dei sentimenti!

Per essere un vero professionista bisogna riuscire a non porta-
re sul set la propria personalità. Sul set vi serve soltanto la
parte più lucida del vostro buonsenso e della vostra morale;
intendo dire, la razionalità e la dignità. Il resto della vostra
personalità, invece, potrebbe rivelarsi il vostro peggior nemico,
in certe circostanze.

Il fisico, poi, fa la sua parte, anche se sarebbe quasi antierotico
parlare di atleti del sesso. Personalmente posso dire che si
finisce facilmente fuori fiato o indolenziti se non si è sufficientemente
allenati a sostenere i ritmi del vero pornostar.

La regola numero uno è: il regista conta solo su di voi per portare
a casa la scena. Quindi, avrete capito che la parola da tenere
sempre presente è: generosità.

Se riuscirete a praticare parte di questi miei, chiamiamoli,
consigli per un "perfetto pornostar", sarete sulla buona strada.

***

Un'altra difficoltà concerne il senso di responsabilità che bisogna
assumersi di fronte alla condizione stessa di essere un
pornostar, con tutto quanto questo comporta, a prescindere dal
tempo e dal luogo in cui ci si trova. Ovviamente sul set ci si
diverte molto. Una volta spenti i riflettori e riposte le teleca-

Ieri, oggi e domani 115

mere, però, ognuno si ritrova molto solo e pieno di dubbi.
Nella società odierna un attore di film pornografici è brutalizzato
dalla solitudine. Bisogna essere psicologicamente forti,
abbastanza per non farsi distruggere. Da quando faccio questo
lavoro ho incontrato molte attrici e diversi attori che si sono
lasciati andare fino a spegnersi.

Oggi la riconoscenza del pubblico comincia a spuntare, le
persone non si vergognano di fermarti per la strada a salutarti

o a chiederti un autografo, perché, almeno una volta nella loro
vita, tantissimi uomini e una percentuale non indifferente di
donne si sono masturbati guardando un film pornografico.
Tuttavia, non dobbiamo cedere a facili entusiasmi: nell'immaginario
collettivo resteremo ancora a lungo persone fuori del
normale e non per forza in senso positivo.

Ventanni di carriera, ventanni di passione


Non fu affatto semplice prendere la decisione di diventare
attore di film porno. Alcuni dei miei fratelli la presero molto
negativamente. Non capivano le mie scelte, e tanto meno
riuscivano a capire come mia madre avesse potuto lasciarmelo
fare. Quando ho avuto il consenso dei miei genitori, e
soprattutto quello di mia madre, l'unica, in verità, che avrebbe
potuto mettermi in seria crisi se non mi avesse approvato, a
questo punto ero tranquillo. Il consenso di tutti gli altri non era
fondamentale per le scelte della mia vita. Effettivamente, ci
sono stati non pochi attriti.

A cominciare dal medico di famiglia. Mi fece chiamare, io
già immaginavo di cosa intendesse parlarmi. «Sarai ghettizzato,
sarai escluso, sarai...»

Al terzo "sarai" me ne sono andato. «Buona giornata, dot-
tore.»

Per non parlare dell'ipocrisia degli amici che mi dicevano:
«Fai bene, magari potessimo farlo noi...» e poi sparlavano alle
mie spalle.

Oggi sarebbe un po' più semplice, ma vent'anni fa era davvero
scandaloso. I condomini venivano in processione da mia
madre, chi per biasimarla, chi per rincuorarla.

Carmela, mia madre, per un periodo di tempo è rimasta zitta
ad ascoltare tutte le loro chiacchiere, poi un giorno, all'ennesimo
squillo di campanello, ha aperto la porta e ha detto:
«Senti, gli ho fatto un cazzo così (indicando la misura con le


118 Io, Rocco

mani!) e lui ci fa quello che gli pare!». Da quel giorno non si è
più visto nessuno sul nostro pianerottolo per compiangere la
mia povera mamma.

Non nascondo che tutte queste critiche mi hanno fatto vivere
un po' male l'inizio del mio lavoro. Perfino io, la prima volta
che mi sono visto sullo schermo, al cinema, ho provato una
vergogna terrificante perché tutti i tabù radicati nella mia mentalità
d'origine sono improvvisamente riaffiorati in quel momento.
Mi vedevo tutto d'un tratto come pochi uomini si possono
vedere in vita loro, da dietro, con i testicoli, i glutei e l'ano
che si muovevano freneticamente.

Il primo pensiero che ho avuto è stato: «Ma che schifo! È disgustoso...
». Poi, verso il terzo film, questo fastidio e questa
vergogna sono scomparsi.

Fra tutte le persone significative nella mia carriera, ho il dove-
re di citare innanzitutto Gabriel Pontello, alias Supersex, che,
come dicevo, per primo, fin da subito, ha creduto in me.

Lavorare per Pontello per me era un onore e davo tutto me
stesso per cercare di soddisfarlo. Per lui ho fatto di tutto, o quasi.
Una volta ho fatto sesso con una ragazza sui pattini di un elicottero
che volava in overing, stando fermo sul posto, a tre,
quattro metri dal suolo. Ovviamente non ero agganciato e ogni
tanto l'elicottero, che perdeva un po' di quota, doveva risalire
di una dozzina di metri di altezza.

Gabriel a terra riprendeva con la telecamera gridando: «Vai
Rocco! Più forte! Più forte!».

Un'altra scena che mi torna in mente è quella in cui ho rischiato
di essere bruciato insieme alle due ragazze che facevano
sesso con me per l'esplosione dei fusti di benzina che servivano
per la simulazione pirotecnica di un incendio. Uno stunt
passava con una macchina sulla rampa sopra le nostre teste e
colpendo i fusti di benzina doveva creare una pioggia di fuoco
su di noi. Avevamo benzina infuocata tutt'intorno, ed eravamo
completamente nudi, senza alcuna protezione.

La sera a cena, dopo un bicchiere di troppo, Pontello, come

al suo solito non ha perso occasione di ricordarci che la scena

Vent'anni di carriera, vent'anni di passione 119

sarebbe potuta venire senz'altro meglio se invece di merdine
come noi ci fosse stato lui come attore.

Ora ci rido, ma dimostrare a Pontello la mia gratitudine, per
la fiducia che aveva riposto in me, mi ha fatto rischiare la pel-
le più di una volta!

Gabriel è un fetente, un gran giocatore, un chiacchierone,
uno che ama mettersi in mostra e che farebbe qualsiasi cosa
per farsi notare, ma io lo adoro. Ancora oggi, quando lo vedo,
dopo tanti anni, il cuore mi si riempie di ricordi e di emozioni.

Nei ristoranti aveva l'abitudine di tirarselo fuori e farsi masturbare
dalle sue accompagnatrici davanti a tutti. Lui era un
esibizionista senza pari!

Una volta mi ha messo in una situazione davvero imbarazzante.
Dopo le riprese di un film avevo prenotato trenta posti
al ristorante di mio fratello, lui ci aspettava contento di accoglierci.


Entriamo, presento mio fratello a Gabriel, questi lo guarda
dall'alto in basso e mi dice: «È tuo fratello questa mezza cartuccia?
». E si è accomodato.

Io ero di un imbarazzo glaciale, ma mio fratello Giorgio mi
ha tranquillizzato e ha detto solo: «Lascia stare, Rocco. Non
vale la pena...».

In quel momento arriva la moglie di mio fratello e io la presento
a Pontello. Lui assume immediatamente un'aria rammaricata,
e se ne esce così: «Oh... Ma lei ha commesso un errore
terribile a sposarsi con lui. Come ha fatto? È cieca?...». E, indicando
me, ha alluso molto esplicitamente al fatto che mia cognata
avesse sposato il fratello sbagliato!

Che figura! Quando l'ho sentito, sarei voluto morire di vergogna
e di rabbia. Non sapevo se cacciarlo o spaccargli la faccia
per aver messo mio fratello e sua moglie in una situazione
così sgradevole. Lui è fatto così. Per non parlare di quando abbiamo
lavorato insieme come attori: se c'era una ragazza sul
set, o magari due o tre, era uguale, se le prendeva tutte, e tu eri
obbligato a masturbarti per il resto della scena. Questo Super-
sex è davvero un personaggio speciale, una vera prima donna.


120 Io, Rocco

Un'altra persona che occupa un posto rilevante nella mia
carriera è Teresa Orlowsky, un'attrice tedesca di origine
polacca. Se esistesse un modo per clonare la perfetta pornostar,
io sicuramente clonerei lei. Teresa è una di quelle donne dalla
grande femminilità, estremamente sensuale, che emana
erotismo animale. Un corpo da vera femmina, e la cosa che più
mi faceva impazzire di lei è che restava bagnata per ore e ore.
Non l'ho mai vista usare un tubetto di lubrificante né davanti,
né dietro.

La scena più indimenticabile della mia vita professionale
con Teresa fu all'inaugurazione del suo nuovo superstudio di
Hannover: era un'orgia con le star americane degli anni
Ottanta. Erika Boyer, Barbara Dare, Porche Linn, Tracy
Adams, e con il grande Tom Byron.

La scena fu incredibilmente lunga, iniziammo le riprese
verso le dieci del mattino e, ininterrottamente, andammo avanti
fino a tarda sera. C'erano tantissimi problemi, legati
all'inesperienza dei tecnici sulle nuove apparecchiature, e il
marito di Teresa ci faceva ripetere la stessa scena all'infinito.

Gli americani, incazzati neri, continuavano a chiedere
lubrificante. «Lub, please, more lub, fuck more lub.» E via via
cominciavano ad abbandonare il set.

Restammo soltanto io, Teresa e Tom. Fu una cosa
incredibile. Lei è rimasta bagnata tutto il tempo, senza mai
utilizzare una goccia di lubrificante, aveva la fica e il culo
paragonabili alle cascate del Niagara. Non diceva mai basta, io
e Tom continuavamo a prenderla, era una scena di doppia
penetrazione, finché il marito non ci ha dato lo stop.

Teresa, oltre alla sua provocante bellezza da mora e la sua
eleganza, era anche una donna appassionata del suo lavoro di
attrice. Io la considero, secondo la mia personale visione di
come dovrebbe essere la perfetta pornostar, la più grande che
sia mai esistita in Europa.

Prima che lasciasse questo ambiente, avevamo un rapporto
di amicizia molto stretto: ero il suo attore preferito. All'epoca
avevo poco più di vent'anni e dopo le riprese lei veniva a
passarmi il sapone sotto la doccia, si prendeva cura di me

Vent'anni di carriera, vent'anni di passione 121

come se fossi suo figlio. E il debole per me le è costato
numerosi litigi con suo marito. Spesso, durante i servizi
fotografici dopo le riprese, Teresa voleva che mentre la
sodomizzavo continuassi a muovermi mentre lei si masturbava
e aveva orgasmi a ripetizione.

Suo marito, vedendola in quello stato di eccitazione, le
gridava: «Teresa! Teresa! Smettila!».

Allora lei mi guardava con i suoi occhioni neri e mi
mormorava sottovoce: «Non smettere, che sto per venire».

Suo marito, fuori della grazia di Dio, più di una volta ha
preso la macchina fotografica e l'ha sbattuta per terra.

Quando si sono separati (ma non per colpa mia!) hanno
creato due case di produzione distinte.

Una sera sono stato invitato a cena dal suo ex marito. C'era
il fior fiore degli attori che lui era riuscito a convincere a
lavorare solo per lui e non con Teresa.

Nel momento in cui sono entrato, lui si è alzato in piedi e
ha gridato davanti a tutti: «Rocco, se ti siedi a questo tavolo
significa che hai deciso di non lavorare più con Teresa. Ma se
scegli lei, vuol dire che non lavorerai più nel porno».

Lui mi conosceva e sapeva che non sono il tipo che lascia
correre un tono così sgradevole, tuttavia mi limitai a prendere
definitivamente atto della sua idiozia, e me ne andai
scegliendo, una volta per tutte, di lavorare solo con Teresa.

Da quel giorno lui iniziò la sua campagna contro di me,
spargendo la voce che avevo l'AIDS.

Nella mia carriera sono state tante le presenze significative
che mi hanno fatto crescere sia dal lato umano sia da quello
professionale. Tra queste vorrei ricordare i registi francesi con
cui ho iniziato, Michel Ricaud e Alain Paillet. Entrambi
persone autentiche e passionali, che hanno dato tantissimo al
settore. Li ho sempre ammirati per la loro professionalità e
voglia di portare il nostro lavoro a un livello superiore. Si
annoverano tra questo genere di persone anche i registi
Giorgio Grande e Mario Bianchi, e i produttori Ugo Matera e
Carlo Reali: con


122 Io, Rocco

loro ho fatto il mio debutto quando il cinema era ancora in
pellicola.

Ricordo con molto affetto il periodo passato accanto a Riccardo
Schicchi, fotografo e agente di tutte le più grandi pornostar
italiane e per il quale nutro grandissima stima e ammirazione.
Un personaggio ambiguo, divertente e alquanto imprevedibile
come pochi ne ho conosciuti nella mia vita.

E Mario Salieri, regista di grande passione che ha cercato di
introdurre nel cinema porno un'originalità che prima non esisteva,
con i suoi primi film ambientati nella comunità napoletana
in stile neorealista. Purtroppo, per incompatibilità caratteriale
non abbiamo più lavorato insieme, ma resta comunque
una delle persone che stimo di più in questo settore.

I due registi con i quali ho avuto un feeling straordinario e che
mi hanno permesso di fare i film più belli e di stare dove mi
trovo sono stati John Stagliano e Joe D'Amato. Con John tutto è
nato negli Stati Uniti. Dopo il successo di Buttman Ultimate
Workout è iniziata una lunga serie di film che mi ha permesso
di girare il mondo. Con John c'è sempre stato un rapporto di
grande complicità fin dal primo film. Pensate, non mi ha mai
lasciato fuori da nessuna produzione fino al suo ultimo lavoro,
Fashionistas, per il quale ha ricevuto più di dieci Oscar negli
Stati Uniti. È sicuramente grazie a lui che ho cominciato a crescere
dal punto di vista sia professionale sia umano. Ho conosciuto
tante persone in questo settore, ma mai nessuno tanto
onesto e generoso quanto lui, che mi ha sempre supportato con
la sua esperienza e con il suo consiglio, nella mia carriera di regista
e produttore. Lo considero uno dei miei migliori, più cari
amici.

Grazie a Joe D'Amato ho avuto la gioia d'interpretare i più
grandi ruoli storici, quelli più conosciuti al mondo. Per esempio,
il protagonista in Le avventure erotiche di Marco Polo prodotto
dal regista e produttore Luca Damiano, un'esperienza di
grandissimo impatto emotivo. Abbiamo girato negli stessi
posti dove anni prima il mio mito, Marlon Brando, aveva gira


Vent'anni di carriera, vent'anni di passione 123

to Apocalypse Now, utilizzando parte della stessa troupe tecnica
di filippini. In seguito, c'è stata una lunga serie di film: Tarzan
X, Rocky X, Torero, I magnifici 7, Il Marchese de Sade.

Con Joe c'era un rapporto bellissimo.

Ricordo che mi diceva sempre: «Rocco, la differenza tra te e
gli altri è che con loro devo usare la camera a spalla, per movimentare
la scena, e con te invece uso solo lo zoom».

Mi sembra ancora di vederlo seduto dietro la sua macchina
da presa, con il suo sigaro. Joe era quello che si diceva un vero
regista, veniva dal cinema tradizionale, aveva una grandissima
esperienza, è stato forse il più grande esperto di cinema di genere
a trecentosessanta gradi conosciuto in tutto il mondo. Era
analitico, dotato di una capacità di semplificazione che non ho
mai visto in nessun altro regista. Era decisamente il più conteso
dai produttori. Poteva tirare fuori quattro, cinque film diversi
dallo stesso set, semplicemente giocando con le luci. Joe
mi ha insegnato molto. Era un vero artista. Dico "era" perché,
purtroppo, è venuto a mancare troppo presto e con lui il cinema
ha perso un grande rappresentante.

Ho un ricordo affettuoso di Alex Derenzi, Anthony Spinelli,
Henry Pachard, John Leslie, Paul Thomas, TT Boy, John Do,
Ron Jeremy, con i quali sono nate delle belle amicizie.

E poi vorrei parlare degli attori con i quali ho diviso giornate
di puro divertimento e di piacere, e per i quali nutro un
profondo sentimento di rispetto. Roberto Malone e io abbiamo
iniziato a lavorare nello stesso anno; è uno di quelli che hanno
fatto la storia del porno italiano, un grande caratterista, io amo
definirlo il Robert De Niro del porno. Franco Roccaforte, o più
semplicemente Teo, il dolce gigante nero, è stato a lungo
l'unico attore nero professionista in Europa, adorato e
contemplato da tutte le più belle ragazze del porno, e non solo.
Zenza Raggi, o meglio Karim, è senz'altro il più simpatico,
dotato di grande tecnica, sia come attore sia come amante: so-
no sicuro che non avrebbe alcun problema a recitare nel cinema
tradizionale, anche se avrebbe potuto avere un grande futuro
nel calcio!


124 Io, Rocco

Ma l’attore che in questi ventanni è stato il mio più caro
amico e soprattutto il mio "compagno di battaglia", con il
quale ho girato in tutti i Paesi del mondo è Joe Silvera. Con lui
ho dato sfogo a quel lato del mio carattere che solo in pochi
conoscono. Ne abbiamo combinate di tutti i colori!

Ho conosciuto tante persone durante i miei viaggi negli Stati
Uniti, ma nessuno che avesse il cuore di Patty Rhodes, la
produttrice alla quale devo l'inizio della mia avventura americana.
Dolce, disponibile a qualsiasi ora del giorno e della
notte. Lei e il suo compagno Freddy Lincoln sono i miei più
grandi amici americani.

***

In tutta la mia carriera ho sempre cercato di dare il piacere prima
ancora di riceverlo. È per questo che, se un'attrice mi chiedeva
una scena piena di romanticismo e di carezze, la facevo
in quel modo, se una donna mi diceva che amava il sesso mol-
to forte, ero capace anche di quello per farle raggiungere il
piacere. Per riuscire a fare bene questo lavoro occorre essere
molteplici. Non si può avere un tipo di donna predefinito: devi
poter esprimere la stessa passione, lo stesso entusiasmo e la
stessa eccitazione con qualsiasi tipo di partner con la quale ti
trovi a lavorare, indipendentemente dalle caratteristiche fisiche
che preferisci e dai tuoi gusti sessuali.

A me piaceva moltissimo passare da una scena tenera e romantica
a una scena molto forte. Questa tavolozza di sfumature
per un regista era sicuramente interessante tant'è che, di
fatto, non sono mai stato relegato a un solo ruolo.

Accanto alla versatilità dell'attore, esistono, come ho detto,
due stili che qualificano il cinema porno professionale: quello
americano e quello europeo. Senz'altro entrambi mi hanno formato,
ma poi ho preso a seguire semplicemente il mio istinto,
cercando di essere il più naturale possibile sul set per vivere e
far vivere a pieno la scena che viene filmata. Bisogna però intendersi
sul concetto di "naturale", che non vuol dire fare tutto

Vent'anni di carriera, vent'anni di passione 125

come viene. Immaginatevi un attore di cinema tradizionale, si
dice che più è naturale più è bravo, eppure utilizza delle tecniche
molto complesse per arrivare a dare quell'illusione della
realtà. Dal runner all'elettricista, al direttore della fotografia, al
regista, stanno tutti lì, un attore se li vede intorno. Ma c'è un
momento in cui devono scomparire dalla sua mente e, tuttavia,
mai completamente. Questo è importante dal punto di vista tecnico,
per prendere la luce giusta, per muoversi con spostamenti
misurati, senza esagerazioni nei gesti, per stare nell'angolo giusto
della camera, ma anche da quello artistico, perché è il momento
in cui gli attori concedono la loro intimità, la loro anima.

Questo genere di lavoro ti fa arrivare a una sorta di estraniazione
dal tuo corpo e soprattutto dal tuo pene, tanto che io, a
un certo punto, ho cominciato a pensarlo dotato di vita propria,
indipendente da me e ho provato addirittura pietà per lui,
viste le situazioni incresciose in cui lo mettevo.

Altre volte mi sembrava che avesse un'anima e che mi
guardasse con un grande occhio al posto del glande, come a
dirmi: «Rocco, mi hai fregato un'altra volta, ma che cazzo mi
fai fare, perché mi metti in queste situazioni!».

Non saprei bene come spiegarlo, ma nutro sinceramente un
sentimento che definirei di grande stima per lui, che mi ha
supportato per tutti questi anni senza mai chiedermi di andarcene
in vacanza, e così è come se fossimo diventati due amici
di ventura (e, a volte, anche di sventure).

Quando ci ripenso, mi rendo conto di aver avuto veramente
una vita incredibile. Ho girato film in tutti i Paesi dove il porno
è legale, e più di una volta anche dove non lo è. Tranne che
in Giappone. Lì mi è stato vietato di recitare perché avevo, mi
dicevano, un sesso troppo grande per le attrici porno giapponesi.
Quando poi ho lavorato con le asiatiche negli Stati Uniti
mi sono reso conto che era un'assurdità monumentale, non ho
mai avuto il minimo problema. Ma il Giappone è un Paese
molto strano! Per esempio, mi è capitato di girare davanti a un
parterre di giapponesi, a Los Angeles, perché il coproduttore


126 Io, Rocco

del film era giapponese e aveva invitato una decina di amici
sul set a vedere le riprese. Hanno passato tutto il tempo seduti
in fila a guardarmi fare sesso, bevendo Coca-Cola e mangiando
patatine. Vi giuro che, forse, è stata la situazione più
assurda e insolita in cui mi sia trovato!

La cosa più difficile per un attore è trovare l'energia per poter
ancora eiaculare quando ha dato fondo a tutta la forza fisica
e mentale per raggiungere l'orgasmo. Una volta ero sul
punto di avere un infarto. Ho una tale passione per il mio lavoro
che non valuto mai quanta energia un regista mi chiede.
In quel caso, durante una ripresa, non ho sentito -o non ho
voluto sentire -che stavo superando i miei limiti. È stata tutta
colpa mia: nel momento in cui venivo, ho mosso la mia partner
e la telecamera non ha potuto riprendere l'eiaculazione. Il
regista mi ha dunque chiesto se fossi in grado di farlo di nuovo.
Erano già parecchie volte che venivo ed ero stremato, ma
ho comunque ricominciato. Mi sono masturbato spingendo
sulla prostata come un pazzo e, nel momento in cui sono venuto,
mi sono sentito mancare. Il mio corpo ha ceduto di colpo.
Si è fermato. Mi ci è voluta una buona mezz'ora per "tornare
in superficie". Però il regista ha avuto tutto quello che
voleva dalla giornata di lavoro.

Se ti costringi a fare una cosa del genere è per la considerazione
che hai di questo mestiere, della produzione! In casi simili
sottoponi il tuo corpo a una vera e propria tortura, nel
senso più violento del termine. Un orgasmo di fronte alla telecamera
è sempre un orgasmo angosciato. Un orgasmo nella
vita privata, invece, è dieci volte più gradevole e benefico, calmo
e rilassante. Ed è per questa ragione che, in tutta la mia
carriera, non importava per quante ore e per quanti giorni fossi
stato sul set, appena uscito cercavo di fare sesso il più possibile
in privato.

Di una cosa sono certo però: nell'ottanta per cento dei casi ho

provato molto piacere nel girare, per il restante venti per cento

è stata una vera e propria sofferenza, duro da vivere, sia fisica


mente sia psicologicamente. Certo che se la percentuale fosse

invertita, la mia sarebbe stata veramente una vita del cazzo!

Vent'anni di carriera, vent'anni di passione 127

Se ho deciso di concludere la carriera a quarant'anni non è stato
per ragioni di vecchiaia né per difficoltà fisiologiche, come
qualcuno ha ipotizzato, soprattutto i media e Internet, ne ho lette
e sentite di cotte e di crude. Come se dopo una ventina d'anni
di onorato servizio avessi bisogno di scuse per smettere!

Già qualche tempo fa avevo deciso che il 2004, in cui avrei
compiuto i quarant'anni, sarebbe stato il mio ultimo anno di
lavoro come attore.

A un certo punto ti trovi a un capolinea. Penso che valga per
tutti, qualsiasi cosa tu faccia. Io ho sentito la necessità di uscire
di scena, senza farmi troppe domande. Mi sono guardato indietro,
sono passati vent'anni, mi sento appagato per tutto
quello che ho avuto. È stata soprattutto una decisione che ho
preso come uomo nei confronti di mia moglie. Rosa non ha
mai lasciato che il mio lavoro influenzasse il nostro rapporto,
ed è giunto il momento che io mi dedichi a lei completamente.
La mia è stata una decisione senza stress, naturale.

Metto in conto che dare un taglio improvviso e netto a una
vita così intensa di sesso potrebbe avere delle ripercussioni
sulle mie abitudini fisiologiche.

Appena la notizia si è diffusa ho cominciato a ricevere lettere
di fan molto amichevoli da tutto il mondo, alcune davvero
commoventi. In quel momento ho capito quanto i miei fan mi
fossero vicini. So che ho fatto divertire più di qualche persona,
ma non pensavo che da questo potessero nascere dei sentimenti
così belli come quelli che mi avete manifestato. Non mi
avete fatto domande, non mi avete chiesto giustificazioni,
semplicemente c'eravate.

Una frase che mi sono ripetuto spesso, facendo i miei film,
è: «Io mi diverto, speriamo che si diverta pure qualcuno a casa
così avrò la possibilità di continuare!».

Nella mia vita ho avuto anche altre passioni che gli impegni
di lavoro non mi hanno dato la possibilità di sviluppare come
avrei voluto, ADORO VOLARE. E tutto ciò che vola. Tutto ciò che
può librarsi in aria mi affascina. Ho un debole per l'elicottero.
Appena posso, vado a pilotare. Mi diverte molto.

E poi le moto, specialmente quelle da fuoristrada. Così pos



128 Io, Rocco

so trovare quel tempo, che altrimenti non riuscirei a ritagliarmi,
per stare su prati e colline. A contatto con la terra. Nel fango.
Amo il contatto così selvaggio con la natura.

Non so cosa sta accadendo ultimamente, sicuramente inizio
a invecchiare perché gli ultimi due anni li ho passati tra il set e
l'ospedale a farmi riparare le mille fratture che mi sono provocato
soprattutto cadendo con la moto, la più recente proprio
sul set del mio ultimo film. Forse ho voluto dare alla mia carriera
un epilogo molto doloroso! Purtroppo non riesco a limitarmi,
qualsiasi cosa faccia, e non so fino a che punto c'entri il
mio carattere. Sembra che, poi, l'ultimo anno sia stato il peggiore
in quanto a sfighe.

Il mio ultimo film The Emperor, prodotto da Vivid e diretto da
Paul Thomas, per esempio, è stato un concentrato di sfighe
personali! Paul mi ha fatto una corte spietata per lunghi mesi e
alla fine ho accettato di salutare il mio lavoro con quest'ultimo
progetto. Sono a tutt'oggi convinto di aver fatto in assoluto il
film più maledetto della mia carriera! E magari beccherò
anche qualche Oscar!

Il primo giorno di riprese la mia partner americana era mol-
to tesa perché doveva lavorare con Rocco Siffredi, quindi per
rilassarsi non aveva trovato soluzione migliore che bersi tre o
quattro bicchieri di vino già alle nove del mattino. Non appena
ci siamo trovati davanti alla telecamera, come da copione
lei ha cominciato a schiaffeggiarmi, ma con una forza e un vigore
che la sceneggiatura non prevedeva. Ho capito subito
dalla sua violenza che aveva perso il controllo della situazione,
ma non volevo fare la parte di quello che si lamenta per un
paio di schiaffi ben assestati! Solo che lei continuava a picchiarmi
sempre più forte e con una mira così precisa che ho
cominciato a sentire che la palpebra mi si gonfiava tutta di un
colpo rendendomi difficile tenere l'occhio aperto. Allora l'ho
fermata, e sono andato in bagno. Mi sono visto allo specchio,
ero come un pugile malmenato. Il giorno successivo sono arrivato
sul set con un occhio nero.

Le riprese non erano iniziate proprio nel migliore dei modi.

Vent'anni ài carriera, vent'anni ài passione 129

La storia era molto liberamente ispirata a quella di 81/2 di Federico
Fellini, e io ero molto fiero d'interpretare il ruolo di
Marcello Mastroianni.

Il secondo giorno dovevo fare una scena con Brianna Banks,
una superstar americana, che mi ha confessato, con voce molto
emozionata, che aspettava quel giorno da cinque o sei anni e
che questo desiderio risaliva alla sua adolescenza: mentre le sue
compagne di classe collezionavano le foto di Tom Cruise, lei accumulava
le mie. E per provarmelo me le ha portate sul set!

Quando abbiamo iniziato, lei si è buttata sul mio cazzo perché
la scena prevedeva un pompino assolutamente incredibile.
Ma è successa una catastrofe! Le si è disarticolata una mascella.
Non mi era mai capitato niente di simile in vita mia.
Urlava dal dolore, poveretta. Quando ha ripreso fiato, mi ha
spiegato che non dovevo sentirmi in colpa. Il suo ex ragazzo
le aveva rotto la mascella con una mazza da baseball qualche
mese prima durante un litigio molto violento. Brianna, dopo
essere uscita dall'ospedale, è andata a trovare il suo ex fidanzato
e mi ha detto di averlo schiacciato con la macchina contro
il muro, senza ucciderlo, ma rovinandogli gravemente i genitali.
Io ascoltavo, sbalordito, quella storia delirante,

Nelle scene successive, Brianna aveva molte parti dialogate
ma, dopo l'incidente, non riusciva a parlare senza emettere un
fischio, un fastidioso sibilo che sul set stuzzicava la voglia di
ridere. Eravamo tutti preoccupati perché un film in sedici millimetri
costa molto caro e ripetere le scene troppe volte è un
lusso parecchio costoso.

Dopo questi due incidenti eravamo quasi a metà film, e ho
deciso di approfittare del primo giorno libero per fare un po' di
motocross e scaricare la tensione. Avevo bisogno di stare solo,
immerso nella natura. Quando sono arrivato sulla pista da
cross, ho avuto la netta sensazione che non avrei dovuto correre.
Ho pensato ai rischi per il film se solo mi fossi fatto male. Dun-
que, ho deciso di limitarmi a spianare la pista con una ruspa, per
due ore. Quando ho finito ero soddisfatto e molto rilassato. E so-
no ripartito, scegliendo un percorso di strade solitamente deserte.
All'improvviso, dietro l'unica curva, mi spunta davanti a tut



130 Io, Rocco

ta velocità una vecchia auto russa, una Trabant, guidata da due
ragazzi che stavano facendo rally. Lo schianto è stato inevitabile.
E molto doloroso. Nel momento in cui ho scorto la macchina, in
quella frazione di millesimo di secondo, mi sono visto davanti la
faccia di Paul Thomas. In quell'attimo l’unica mia preoccupazione
era il film. Mi sono rialzato subito, ho visto che potevo stare
in piedi, ero contento. Evidentemente non avevo niente di rotto.
Almeno a caldo! Il tempo di arrivare a casa e la situazione si era
notevolmente aggravata. Quando i miei muscoli si sono raffreddati
e mi sono spogliato, ho avuto l'impressione che il mio corpo
fosse finito sotto uno schiacciasassi. Mi sono rifiutato di andare
in ospedale, perché sapevo che avrei avuto i soliti problemi.

Non potevo assolutamente permettermi di non presentarmi
sul set, soprattutto per una produzione come quella. Il giorno
dopo mi sono imbottito di antidolorifici e sono andato a lavorare.
Il regista ci dice le scene che avremmo girato: io avrei
avuto tutto il periodo della vecchiaia di Rocco. "Wow!" mi so-
no detto. "La fortuna è dalla mia!" Dopo una lunghissima seduta
al trucco, mi sono calato nel personaggio del vecchio
senza il minimo sforzo. Ma mi era sfuggito che nella scena
successiva il vecchio Rocco tornava a poco a poco giovane e
forte e faceva l'amore con molta foga. Lì, ho veramente vissuto
l'inferno. Il ginocchio era praticamente inutilizzabile. La
cassa toracica mi faceva troppo male e non potevo respirare.
Mi sono cosparso con un potente antidolorifico. E qui viene il
bello! L'attrice che mi stava addosso a un certo punto ha spalancato
gli occhi atterrita, non sentiva più tutta la parte superiore
del corpo. Credeva di avere qualche grave problema.
L'ho tranquillizzata subito, non doveva avere paura, era solo
l'effetto del potente spray antalgico.

Quando decidi di lavorare nel porno, devi sapere che stai
accettando di lavorare nell'improvvisazione pura. Qui, la
maggior parte delle volte, non esistono tutte le pianificazioni
che trovi su un set di cinema tradizionale, così come non ci so-
no tutte quelle figure professionali indispensabili per girare
scene un po' pericolose. Durante le riprese del film Rocco, lo
stallone italiano (remake hard di Rocky, con il grande Sylvester

Vent'anni di carriera, vent'anni di passione 131

Stallone) ho incassato da un ragazzo nero di oltre centotrenta
chili un uppercut indimenticabile che mi ha mandato KO. HO
conosciuto quello che nella box si chiama "la lampadina spenta"!
Eppure la scena l'avevamo ripetuta tante volte, il programma
era preciso, ma al momento del ciak quel ragazzo di
centotrenta chili ha fatto un po' di confusione. Forse, se al suo
posto ci fosse stato un vero stunt, non si sarebbe verificato un
inconveniente così. Purtroppo nei budget dei nostri film non si
hanno mai soldi a sufficienza da permettere di sacrificare
giorni di lavorazione, perciò ho dovuto accontentarmi di un
po' di ghiaccio in testa per tre ore e poi ho continuato a girare
per tutta la notte.

Un'altra volta, per una scena di omicidio, è stata portata sul
set una pistola che sarebbe dovuta essere a salve, garantita, e
che solo per un purissimo caso è stata provata prima della scena.
Be', quella pistola ha prodotto un foro di 22 mm su un car-
tone. Sono rimasto impietrito!

Quando ho dovuto girare scene con esplosivi, è accaduto di
tutto: attori, ragazze e la gente del set hanno riportato brutte
ustioni, anche abbastanza gravi.

E di episodi come questo ce ne sono stati tantissimi in una
carriera così lunga. In Jekyll and Hyde, Budapest, inizio anni
Novanta, sono rimasto per cinque ore sulla pavimentazione
ghiacciata di una piazza, temperatura sotto zero, con la camicia
aperta. Dovevamo fare una ripresa in morphing per la scena
in cui Mister Hyde, dopo la morte, ritorna Doctor Jekyll, con
tre telecamere posizionate sul set. Allora la tecnica non era ancora
così all'avanguardia, oggi si usa la computer grafica per
questo tipo di effetti speciali. Al termine di queste riprese non
riuscivo ad alzarmi e hanno dovuto portarmi in ospedale. Là,
per sbloccare la spalla mi hanno fatto due iniezioni di cortisone.
Tuttora a causa di ciò soffro di tendinite alla spalla.

Forse la volta che ho veramente sentito il mio cuore fermarsi
è stato quando giravo una scena con due ragazze: era estate,
faceva molto caldo. Mentre afferravo la mano di una di loro,
tirandola verso di me, i suoi tacchi a spillo sono partiti come
due saponette. Lei è crollata sul pavimento e ha battuto la te



132 Io, Rocco

sta sul marmo, ha cominciato ad avere spasmi con gli occhi
rovesciati. Mentre mi chinavo su di lei "ho visto il film della
mia vita". Che paura!

Quando devi realizzare un grande film con pochi soldi sei
costretto a cercare di risparmiare al massimo su tutto, non
puoi permetterti sprechi, devi prevedere gli inconvenienti che
si possono verificare e risolverli già prima che diventino un
problema. Il denaro che hai ti serve soprattutto per curare gli
aspetti scenografici e per i mezzi tecnici di ripresa. Molto
spesso sei costretto ad assumerti, non di rado in totale incoscienza,
responsabilità rischiose.

Su un set di cinema tradizionale puoi almeno essere coperto
da una polizza assicurativa, nel nostro settore no. Sul set non
è possibile avere garanzie di copertura, innanzitutto per le
questioni riguardanti la legittimità giuridica su cui ci siamo
già soffermati e, oltre a questo, quale compagnia sarebbe disposta
ad assumersi i rischi legati alla salute, visto il nostro
mestiere?

Quando qualche anno fa mi è venuto in mente di assicurarmi
il "pene", io stesso sono stato scoraggiato da una serie di
cavilli burocratici che mi ha indotto a lasciar perdere.

Dall'altra parte della camera


Dimenticarmi di Rocco Siffredi, l'attore hard, non è così facile,
perciò in questo momento mi sto sforzando di capire come
poter trasferire la stessa soddisfazione che trovavo nel lavoro
di attore in quello di regista.

Questa decisione è stata il frutto di una riflessione ponderata,
che mi ha portato anche a un lavoro di maggiore approfondimento
su me stesso, nel quale ho dovuto analizzare e metabolizzare
la mia dipendenza dal sesso prepararmi ad affrontare
le conseguenze di un distacco netto.

D'ora in avanti non sarò mai più il leader di un gruppo musicale,
ma il direttore d'orchestra.

Quando nel '92 ho deciso di iniziare la mia carriera di regista,
ho smesso per un po' di fare l'attore, per dedicarmi completamente
alla preparazione della mia prima produzione.
Quello fu un periodo molto difficile, perché fino ad allora, per
anni, avevo fatto sesso sul set in media per venti, venticinque
giorni al mese, e sono passato a uno stop totale. Avevo erezioni
improvvise, anche senza provocazioni, durante tutto il
giorno. Dovevo masturbarmi e, spesso, andare in cerca di prostitute.
I primi cinque o sei mesi sono stati il periodo peggiore,
ma successivamente il mio corpo si è adattato al nuovo stile di
vita. Scopare di meno mi portava a riflettere di più!

In principio tutti gli altri attori e registi pensavano che sarei
arrivato al massimo alla fine della prima produzione e poi sa-
rei tornato a fare il mio lavoro di attore. I loro dubbi non erano


134 Io, Rocco

del tutto infondati: non era mai accaduto prima che un attore
europeo decidesse di passare alla regia e alla produzione. Il
fallimento lo davano quasi per scontato. E, onestamente, all'inizio
è stato tutt'altro che facile. Quando ero solo attore dovevo
limitarmi a gestire il mio lavoro, ma quando oltre a quello
devi preparare il resto del casting, trovare le location, creare la
troupe e capire a quale progetto stai mirando, cioè che tipo di
film vuoi fare, oltre poi a tutto il resto, la storia si complica alquanto.


Un regista deve essere molto reattivo, per lo più lavora con
persone che ha visto una volta in fotografia, e il tempo a disposizione
per realizzare un film nella maggior parte dei casi
non supera i tre, quattro giorni. Tutto può sempre cambiare fino
a un attimo prima, è meglio metterlo in conto e imparare fin
da subito che per risolvere i problemi ci vuole prontezza.
Anche fare l'attore diventa molto più complicato quando sei
nel contempo il regista e il produttore. Magari fino al giorno
prima hai dovuto discutere di soldi con tutti, poi come regista
discuti con qualcuno per i suoi atteggiamenti sul set, magari
proprio con la stessa attrice che qualche minuto dopo sarà la
tua partner in una scena di sesso. È tutto molto più complicato,
bisogna entrare e uscire dai ruoli con attenta e sottile psicologia.
Infatti, se potessi reinventarmi un lavoro, questo sarebbe
quello dello psicologo. Anche se non ho fatto studi teorici, ho
maturato una grande esperienza grazie a questi vent'anni
passati sui set porno con tante persone, le più diverse, a volte
al limite del borderline! La psicologia in questo lavoro è tutto.
Sfiori l'anima della gente da troppo vicino.

Uno può pensare che basti pagare di più; sì, è vero che con
il dio denaro ti si aprono tutte le porte (o quasi), però perché
una persona possa aprirti l'anima hai bisogno di cercare le
chiavi giuste.

Specialmente se sei un venditore di illusioni sessuali, la
componente psicologica ha un'influenza del cento per cento,
soprattutto se è la sessualità vera che stai cercando, cioè due
corpi che danno sfogo a un sesso puro, senza finzione. Con i

Dall'altra parte della camera 135

soldi puoi comprare la carne degli attori. Ma per ottenere il loro
desiderio e la loro passione devi passare per la testa!

Sento sempre dire che i film porno sono tutti uguali. Non è
vero. La differenza è straordinaria quando vedi due che stanno
scopando con l'anima, il cuore e la testa.

Mi è capitato più volte che qualche collega regista mi abbia
detto: «Ho visto quell'attrice nei tuoi film, era una bomba e
l'ho presa. Ma si è rivelata una delusione totale!».

Quando realizzo un film, lo faccio sempre dando tutto me
stesso, senza lesinare né sui sacrifici né sui mezzi, perché alla
fine la sola cosa che mi sta a cuore è che gli spettatori siano
soddisfatti e non delusi. Oggi posso guardarmi allo specchio
con serenità, perché non ho mai cercato di ingannarli. Ho
sempre dato il meglio di me. La mia condotta professionale
potrebbe dunque riassumersi in: fare le cose seriamente, ma senza
mai prendersi troppo sul serio. Cerco sempre di attorniarmi di
persone positive. Sui miei set ci si diverte, si ride, tento di
creare un'atmosfera che renda leggero il lavoro anche se tutti
ci impegniamo molto. Perché, alla fine, la cosa più importante
è quello che è contenuto nella telecamera.

Io faccio questo lavoro con una mentalità da artigiano, seguo
tutto in prima persona, più di una volta ho provato a delegare,
ma ho dovuto rimetterci le mani. È il difetto delle per-
sone perfezioniste.

Contrariamente a quello che pensano numerosi registi, per
me il casting è uno dei momenti clou della produzione. Se, come
a me, ti interessa filmare dei bei momenti di sesso, prima
devi mettere insieme gli attori giusti, è tutto lì il segreto, capire
a colpo d'occhio i gusti e i limiti delle persone.

Nel cinema tradizionale, ma anche nel porno, soprattutto
americano, quasi sempre prima si scrive il copione e poi si scelgono
gli attori. Io ho fatto per lo più il contrario (a parte qualche
eccezione): ho deciso e improntato i progetti sulle qualità e
sui talenti delle ragazze e dei ragazzi che incontravo, ho costruito
i ruoli sulle loro personalità. Naturalmente, conta molto
anche l'aspetto fisico, visto che trattiamo il desiderio, ma molte
volte ho scartato ragazze bellissime perché non mi ispiravano


136 Io, Rocco

nulla dal punto di vista creativo. Ho bisogno di parlare con loro,
vedere il loro sguardo, indovinare i gusti, le tendenze, osservare
come si muovono. Occorre che mi si rivelino un po'
psicologicamente, che mi dicano perché sono venute al casting
e che cosa le spinge a fare sesso davanti a una telecamera.

Non vi nascondo che ho una sorta di rigetto per le "professioniste"
del porno, dallo sguardo spesso vuoto e dal sorriso di
plastica, che aprono la porta e prima ancora di salutare ti
dicono freddamente: «My name is... e faccio: l'anale, doppio
anale, pissing, questo e quell'altro!».

Mi cadono le braccia...!

Oppure ci sono quelle che se ne stanno sedute davanti a te prive
di espressione, con una vuota tranquillità, e dicono di sì a tut-
to, del tipo "basta che mi paghi e puoi farmi fare tutto quello che
vuoi". Peggio ancora quelle che con l'orologio alla mano ti chiedono:
"Quanti minuti di anale, quanti minuti di DP?" eccetera.

D'altra parte quando qualcuno mi scrive o viene da me per
chiedermi di diventare un attore o un'attrice, la mia prima domanda
è sempre: «Perché vuole fare questo lavoro?».

Se mi rispondono che è per soldi o perché hanno bisogno di
lavorare, cerco di far capire loro che è una scelta di cui potrebbero
pentirsi amaramente.

Spesso, da parte di altri colleghi, ho ricevuto pareri negativi
su ragazze che mi incuriosivano molto: "È pazza" o "È rompicoglioni"
e così via. Io le incontravo lo stesso, a causa della
mia curiosità per le personalità estreme, e quasi mai il mio intuito
mi ha deluso.

Sono sempre stato convinto che questo tipo di persone, anche
se più difficili da gestire, sono quelle in grado di darti le
interpretazioni più sorprendenti e coinvolgenti.

Le ragazze che preferisco sono quelle che desiderano conoscere
emozioni nuove, che vogliono vivere cose che non hanno
ancora provato tranne che nei loro sogni proibiti. Ma soprattutto,
quello che più mi eccita è sorprenderle un attimo
prima della consapevolezza, quando si sentono inappagate per
un desiderio che non sanno ancora di avere. Con queste attrici
mi preoccupo particolarmente che il passaggio all'atto

Dall'altra parte della camera 137

sia positivo, senza spiacevoli sorprese per nessuno. Rispetto le
loro scelte, se non hanno voglia di fare qualcosa non le forzo
mai. Invece, se vengono da me dicendomi che vorrebbero provare
questa o quella cosa, faccio di tutto per soddisfarle. Come
regista non sono impositivo, voglio che le scene nascano
dagli attori. E sono in grado di garantirlo solo se ho un feedback
da loro. È importante che sentano che si possono fidare
di me e ancora di più lo è non tradire il sentimento di fiducia.
È un momento emozionante ineguagliabile quando, a lavoro
finito, le persone se ne vanno ringraziandoti.

Ho sentito molto spesso attori lamentarsi che nei miei film
ci sono scene troppo lunghe. In certi casi purtroppo è vero. Il
problema è che a volte una scena diventa interessante solo dopo
un'ora -non dimentichiamo che spesso gli attori si sono
appena presentati, e forse nemmeno salutati. Se la scena non
parte, preferisco provocare il set finché non riesco a ottenere
qualcosa di vero. Sono particolarmente allergico al sesso finto.
Pornografico. Senza passione.

Considero questo il mio modo per essere onesto con me
stesso e con il mio pubblico.

Questo stile di lavoro l'ho ritrovato anche sul set di Catherine
Breillat. Il suo metodo è infatti quello di spersonalizzare l'attore,
smontarne tutte le costruzioni artificiose per riuscire a entrare
nella sua anima e tirare fuori qualcosa di autentico. Da lei
ho imparato che per realizzare una scena magica è assolutamente
indispensabile che gli attori offrano la loro anima, non
solo al regista, ma anche al film. Se questa alchimia funziona,
si può veramente sperare di ottenere immagini straordinarie.

***

In quest'ultimo anno di lavoro ho conosciuto tre attori, tre ragazzi
particolarmente singolari che mi hanno permesso di
realizzare alcuni dei film più belli degli ultimi tempi.

Mike Chapman, un ragazzo nero di New York che vive da
anni a Budapest facendo il deejay, ha un talento non comune,


138 Io, Rocco

la pura arte dell'improvvisazione è dentro di lui. Ha interpretato
tutti i miei ultimi film da protagonista, facendomi divertire
ed emozionandomi.

Se volete avere un'immagine più precisa di Mike, pensate a
Eddie Murphy!

Omar Galanti è un ragazzo italiano di Vercelli che ha un cuore
più grande del suo uccello (per altro di dimensioni considerevoli!),
una grande generosità e un umorismo incredibile. Grazie
a lui e a Mike ho cambiato la mia idea sull'ironia nel porno:
con le loro performance mi hanno convinto che a volte ridere
durante il sesso può anche essere divertente. Una cosa che non
avevo mai preso in considerazione prima.

Jazz Duro, un simpatico italo-irlandese, è un attore di grande
professionalità. Innanzitutto, un amico sincero e fedele, doti
rarissime in questo ambiente. Jazz mi segue un po' dappertutto
in giro per il mondo.

Quanto all'equipe tecnica, è formata dal mio grande amico
Daniele, segretario di produzione, da Massimo, il mio montatore,
e da Angelo, musicista di tutti i miei film. Amicizie nate e
consolidate in più di dieci anni. È un team supercollaudato,
siamo molto affiatati, ed è grazie alla loro professionalità che i
miei film sono sempre risultati vincenti. Non hanno mai mancato
di dimostrarmi la loro stima e con la loro presenza hanno
rappresentato un valido supporto per la mia crescita professionale
e artistica.

A proposito di attrici, invece, vorrei parlarvi di Mai dire mai a
Rocco, che è una delle produzioni che preferisco perché la trama
mi riguarda molto da vicino; parla di tutto quello che mi piace
fare, ovvero aprire le porte della sessualità alla mia partner. È
considerato dai miei fan, e io sono d'accordo, il mio film più
bello.

Sul set del Marchese de Sade avevo incontrato una giovane
attrice, Laetitia, una ragazza svizzera di diciotto anni. Tra una

Dall'altra-parte della camera 139

scena e l'altra, è venuta da me e mi ha chiesto come mai nei
miei film ci fossero così tante scene di gang bang (cioè scene di
più uomini con una donna).

Il motivo è semplice, le dico, ricevo tantissime richieste dai
fan che vogliono recitare nei miei film. Siccome sono tanti e
non professionisti, ne prendo venti, trenta per volta. Allora
Laetitia, con gli occhi che le brillavano, mi ha risposto che lei
non l'aveva mai fatta una gang bang, ma che le sarebbe piaciuto
moltissimo provare.

Sono come un bambino: mi elettrizzo tutto quando i desideri
e la possibilità di realizzarli si incontrano. Trovo che nella
sincronicità ci sia una magia eccitante.

Me la sono vista, ho immaginato le scene che avrebbe girato,
lo avrebbe fatto non per soldi, ma per il desiderio di farlo, e
la sua emozione si sarebbe trasmessa immediatamente agli
spettatori. Capite perché detesto i pornostar che hanno dimenticato
che in questo lavoro per trasmettere il piacere bisogna
innanzitutto provarlo?

Ho scritto il film per Laetitia, tutte le scene erano basate su
gang bang faraoniche. Una era ambientata in una sala da boxe,
in cui lei era circondata da una cinquantina di bianchi, un'altra
in un antico rudere con altri bianchi e tanti neri, e poi oltre
cento ragazzi per le strade e nei parchi, tutti membri del mio
fan club. Finito di girare lei era ancora sotto adrenalina.

Le ho detto: «Allora com'è stato? Certo, non è che fossero
tutti belli, c'era di tutto, alti, bassi, brutti, belli, con cazzi grossi
e piccoli».

Lei mi ha risposto: «Hai ragione, ma quando sei in ginocchio
sono tutti belli!».

Effettivamente, non faccio alcuna discriminazione, né per
l'aspetto fisico, né per le dimensioni del pene, quando seleziono
i miei attori. Credo che chiunque debba avere il diritto di
realizzare il suo sogno.

Ho fatto anche un film soltanto con attrici amatoriali, Rocco, ti
presento mia moglie. È stato divertente, sono partito da solo con
la telecamera e la mia jeep e ho percorso tutta l'Italia, dal


140 Io, Rocco

Nord al Sud, per andare a girare le scene. Avevo pubblicato
un annuncio sulle riviste specialistiche per incontri amatoriali
e su trecento risposte ne avevo selezionate una cinquantina.
Avevo scelto anche ragazze semplici, non di una bellezza perfetta,
ma con un fascino verace. Mi sono incontrato con una
dozzina di coppie e ho chiesto loro di fare solo quello che volevano.
Potevo essere attivo con loro, o semplicemente regista.
Gli uomini potevano tenere la telecamera mentre io facevo
sesso con le loro donne, tutto era assolutamente libero. Devo
dire che questo film è stata un'esperienza incredibile.

Gabriele, il mio alter ego


Sono sempre stato attratto dalla gente un po' fuori dagli schemi,
ma credo che mio cugino Gabriele sia in assoluto la persona
più speciale con la quale ho condiviso le passioni e le emozioni
di questi ultimi dieci anni.

Gabriele è il mio alter ego professionale e il mio più grande
amico. Da giovanissimo si è distinto dagli altri membri della
famiglia per il suo carattere bisbetico e imprevedibile. All'epoca,
lui si occupava di magia nera. Ricordo che conduceva per-
fino un programma televisivo in cui parlava di esoterismo e
religioni. Gabriele, di due anni più grande di me, era considerato
la pecora nera della famiglia per i suoi modi di fare sempre
al limite del concepibile. Sin da quando era bambino era
diverso da tutti, pieno di iniziative geniali. Ricordo quel giorno
che mi chiamò tutto eccitato perché aveva inventato una
soluzione per sintetizzare un composto chimico, ma qualcosa
non funzionò come doveva, ci fu un'esplosione e si bruciò il
naso e una mano.

Dopo un'infanzia divertente le nostre vite si sono separate e per
circa dieci anni non ci siamo più visti. Sapevo che si era fatto
una famiglia, viveva a Milano e lavorava in banca. Lo sconquasso
che avevo portato in famiglia, appena tutti avevano saputo
del mio nuovo lavoro, aveva raggiunto anche lui. Gabriele
mi telefonò quasi subito, per chiedermi di incontrarci immedia



142 Io, Rocco

tamente da lui a Milano. Era affascinato, sorpreso, elettrizzato.
Lui mi conosceva come un ragazzino timido, abbastanza introverso,
e tutto avrebbe potuto immaginare di me tranne una cosa
del genere! Mi confidò senza indugio che la vita che io avevo
scelto era sempre stata anche il suo sogno. Era sbalordito, non
ne avevamo mai parlato.

Siamo rimasti insieme una settimana, a Milano, e tutti i giorni
mi diceva: «Lascio il mio lavoro in banca e parto con te».

Io cercavo di dissuaderlo, perché sapevo quanta fatica gli
era costato quel lavoro, ma anche per evitare il linciaggio definitivo
del resto della famiglia.

Gabriele possedeva in realtà tutto quello che un uomo può desiderare.
Tutto, tranne l'essenziale: la sensazione di vivere la
vita con intensità.

L'universo della pornografia gli era sembrato l'occasione
deale per questo. Ha così insistito, ha parlato con tanta passione
della possibilità di una nuova vita che, alla fine, ho ceduto
e ho accettato di portarlo con me a Parigi.

Purtroppo Gabriele ha un temperamento troppo emotivo per
essere un attore porno affidabile sul set. Attraverso di me, ha
avuto la possibilità di tentare più volte, con produzioni e film
differenti, tuttavia era sempre più difficile per lui, e io mi
sentivo in colpa. A Milano aveva lasciato la stabilità e ogni sicurezza,
i ricordi e tutti i suoi affetti.

Ha cominciato a essere sempre più sconfortato, confuso,
deluso. Io cercavo di spiegargli che non era un lavoro facile
quello dell'attore porno e che la sua reazione era del tutto
normale.

E un giorno è semplicemente scomparso dalla circolazione.
Via, sparito, non se n'è saputo più nulla. Ho telefonato dappertutto,
sia in Francia sia in Italia, ma nessuno l'aveva visto. Tre
anni dopo, improvvisamente, si rifa vivo. Era diventato fotoreporter
di guerra. Era stato in Afghanistan, in Kashmir e in altri
Paesi mediorientali. Ci siamo rivisti e mi ha spiegato che si era
preso tutto quel tempo per cercare di trovare un senso alla sua
vita. Si era convinto che non era tagliato per fare l'attore hard,

Gabriele, il mio alter ego 143

ma gli sarebbe piaciuto tornare nell'ambiente, magari stando
dietro le quinte. Era stanco di fotografare morte e distruzione.
Io ero contento di ricominciare a lavorare insieme a lui. E questo
rapporto non si è più interrotto. Gabriele ha ricoperto tanti
ruoli in questi anni, è stato fotografo di scena, assistente, sceneggiatore
e regista. La cosa fantastica è che io e mio cugino è
come se fossimo un'unica persona, abbiamo lo stesso modo di
vedere le cose, sia dal punto di vista tecnico-cinematografico
sia, soprattutto, dal punto di vista della ricerca e dello stile dell'immagine
sessuale. Siamo così complementari che molto
spesso uno compensa la stanchezza dell'altro. Insieme abbiamo
realizzato più di cento film.

Ovviamente, come tutte le coppie, discutiamo e a volte litighiamo,
principalmente perché abbiamo lo stesso temperamento
mediterraneo, ma sono sempre litigi che così come iniziano
finiscono.

Quando mi capita di perdere le staffe, a torto o a ragione,
per esempio, e gli urlo di lasciare il set, mi risponde sempre:
«Siamo sulla stessa barca, Rocco, riportiamola in porto. Poi
decidiamo».

Ma una volta in porto, come vecchi marinai, andiamo al bar
a berci un bicchiere insieme, prima di ripartire per una nuova
avventura.

È capitato spesso che Gabriele si sia preso delle grane che sicuramente
sarebbero spettate a me. Così facendo si è attirato
anche le antipatie di molte persone che lavoravano sui miei
set. In alcuni film complicati, come per esempio Ass Collector,
in cui abbiamo lavorato per trenta, quaranta ore di fila senza
interruzione, gli attori se la prendevano con lui perché non
avevano il coraggio di venire a lamentarsi da me.

Gabriele crede in quello che fa e vuole che tutti diano il
massimo, così come ha sempre fatto lui in tutte le nostre produzioni.
L'ho visto anche con la lingua a penzoloni per la
stanchezza!


144 Io, Rocco

Tutti i fan che hanno amato i miei film devono sapere che
sono sempre stati frutto della fusione di due persone, Rocco e
Gabriele.

John Stagliano dice che noi due siamo uno dei migliori team
al mondo. Non so se questo sia vero, ma tra noi esistono una
complementarità e una complicità sorprendenti. In altre parole,
parliamo la stessa lingua: quella della passione.

Rocco e i fantasmi


Questa storia prima d'ora l'avevo raccontata solo a mia moglie.
Da piccolo facevo un sogno pazzesco: sto guidando
un'auto, nonostante l'età, e ho un incidente, devo morire ma
mi si materializza davanti una strana figura che mi dice che
può aiutarmi a dimenticare tutta questa brutta avventura, che
mi farà restare vivo se vorrò diventare suo amico. Dipende solo
da me. Sono bloccato dentro il sogno, non posso parlare e
lui continua a ripetermi sempre la stessa domanda finché,
sforzandomi, non riesco a dirgli sì.

Sono stato atterrito da questa figura per moltissimi anni, ha
continuato a ritornare nei miei sogni, anche se non era un incubo
ricorrente. Ogni volta lui si presentava chiedendomi di confermargli
la mia fiducia e promettendomi felicità, ricchezza e
benessere. Io, bambino, combattevo contro l'idea di essere suo
amico, non volevo un amico così brutto e cattivo. Questo sconosciuto
è tornato nei miei sogni fino a poco tempo fa, ma io l'ho
respinto con tutte le mie forze e con tutta l'anima, gridandogli
che mai, assolutamente mai, sarei passato dalla sua parte.

Negli anni questo sogno, non so perché, aveva consolidato in
me la certezza che sarei morto entro i quarant'anni. Quando ho
conosciuto Rosa ho sentito il dovere morale di avvertirla che
avrebbe potuto capitarmi una disgrazia. Lei non ci fece caso!

Sei mesi prima di compiere i quarant'anni ho cominciato a


146 Io, Rocco

preoccuparmi di cosa avrebbe fatto la mia famiglia senza di
me. Ho assillato fino allo sfinimento mia moglie su come
avrebbe dovuto organizzarsi dopo la mia morte. Ma Rosa mi
prendeva in giro.

Ho tentato di interpretare questa figura da adulto, sulla
scorta delle spiegazioni che sia l’immaginario religioso, sia
quello psicanalitico possono offrire. L'immagine di quest'uomo,
in questo sogno, mi fa paura ancora oggi.

CINEMA e cinema


In tutti questi anni davanti all'obiettivo mi sono spesso chiesto
in cosa il cinema tradizionale e il cinema pornografico fossero
diversi.

Circa una decina di anni fa, ricevetti una telefonata da una
regista francese, che non mi disse immediatamente il suo no-
me, ma mi chiese se fossi interessato a fare una parte nel film
che avrebbe voluto realizzare se fosse riuscita a trovare i soldi.
Dopo questa telefonata non l'ho più sentita. Più di cinque anni
fa ricevo un'altra telefonata dalla stessa regista e mi fa di
nuovo la stessa domanda, ma questa volta il film è pronto a
partire. Le ho chiesto di inviarmi il copione anche se, lo ammetto,
ero titubante. Due giorni dopo, invece, ho ricevuto a
casa la sceneggiatura del film.

Quella regista è Catherine Breillat e il film era Romance.

Attraverso di lei, e attraverso l'esperienza che lei mi ha messo
in condizione di fare, ho avuto finalmente l'opportunità di
cominciare a capire.

Ho discusso spesso, negli anni, questo tema con i registi di
cinema tradizionale che incontravo. Per alcuni di loro il porno
è un genere come un altro e, per altri, invece, la sola idea di
paragonare i due filoni pareva offenderli.

Quando ho chiesto a Catherine per quale motivo aveva
scelto me e cosa la rendeva sicura che sarei riuscito a soddisfarla,
lei mi ha dato una risposta che mi ha lasciato senza parole:
«Sono sicura che sei un bravo attore, è vero che ti ho visto


148 Io, Rocco

solo fare sesso, però quando lo fai ci metti tutto te stesso. E a
me importa solo che un attore sia disposto a darmi l’anima,
tutto il resto, poi, lo faccio io».

Dopo Romance, un'altra esperienza in Italia, Amore estremo
di Maria Martinelli, e poi, di nuovo con Catherine Breillat,
Anatomie de l'enfer.

Ho dedotto che il bello di essere attore non sta tanto nelle
soddisfazioni economiche o nella celebrità, bensì consiste proprio
in quella particolare fortuna che hai di interpretare ruoli
che nella vita di tutti i giorni non potresti impersonare e, in
questo modo, di far uscire sfumature di personalità che sostanzialmente
non ti appartengono ma che, in qualche modo, hai
dentro di te, nascoste nel magma della complessità interiore.

In Anatomie de l'enfer il mio impegno di attore è durato circa
un mese. Immaginatevi uno di quei film le cui riprese durano
sei o sette mesi e anche oltre: trovo che sia straordinario vivere
per un tempo così lungo dentro la vita e la personalità di qualcun
altro, è un regalo concesso a pochi fortunati, gli attori dovrebbero
mantenere sempre viva questa emozione nella loro
carriera, e non abituarcisi come se fosse qualcosa di scontato.

Una persona comune, come un cameriere in un bar, un autista
di taxi, un professore o un muratore, dopo il lavoro, può avere
un hobby o una passione per il football, per gli scacchi o per
la musica, ma non sono nulla rispetto a tutte le emozioni che potrebbe
vivere. Un attore, invece, può essere tutto. E chiunque.
Può provare qualsiasi cosa. Non lo trovate straordinario?

È eccezionale, esattamente come lo è per noi attori hard. Il
set ci dà la possibilità di sperimentare una gamma così vasta
di combinazioni sessuali, mille fantasie, di fare sesso nei modi
più diversi, con tantissime partner bellissime, che non sarebbe
possibile vivere in dieci vite da uomo comune.

Più di una volta mi sono sentito dire che il nostro lavoro di at-
tori hard ha più a che fare con la prostituzione che con la recitazione
perché siamo pagati per fare sesso. Quest'affermazione
perde di vista che su un set porno i protagonisti vengono
pagati per esibire un rapporto sessuale destinato a raggiunge-

CINEMA e cinema 149

re un vasto pubblico, esattamente come gli attori di cinema
tradizionale quando mettono in gioco i loro sentimenti e le loro
emozioni nel compimento delle esigenze di sceneggiatura.

Dopo tanti anni ho imparato a riconoscere immediatamente la
natura di una donna, e che, talvolta, l'abito può fare il monaco!
Ho avuto a che fare con ragazze che non erano mai state
davanti a una telecamera e perciò erano intimidite: è bastato
truccarle e metterle davanti a uno specchio, con un abito che
esaltava il loro corpo, insomma trasformare il loro look, e immediatamente
tutte le loro inibizioni sono saltate.

E posso assicurarvi che ciò funziona anche nella vita privata.
Per esempio, provate a vestire la vostra donna con accessori fetish,
regalatele scarpe alla Betty Page, e vedrete che trasformazione!
Vi chiederà quello che non vi ha mai chiesto prima e, al
tempo stesso, la metamorfosi le darà il coraggio di farlo.

Nel film Anatomie de l'enfer io interpretavo il ruolo di un omosessuale,
fragile e disperato. Era una cosa assolutamente inimmaginabile
per me! Non volevo dare un'interpretazione che
fosse una caricatura formale. Ho attinto al ricordo del mio caro
amico Franco, mi ha aiutato molto nella ricerca di un intimismo
omosessuale profondo. Per diverse settimane ho dovuto
ospitare dentro di me un'altra persona. Alla fine delle
riprese mia moglie mi ha trovato molto turbato. Non credo
che fosse una sua esagerazione, credo che avesse ragione.
Quando si interpreta profondamente un ruolo, non te lo togli
di dosso solo perché hai finito di girare le scene che stavano
sul piano di lavorazione della giornata. Per me è stata un'esperienza
molto importante e non mi sono certo risparmiato.
Ho vissuto con il mio personaggio, ho dormito con lui, ho
mangiato con lui, ho riflettuto con lui. Dopo il film ho avuto
bisogno di un po' di tempo prima di dimenticarmelo completamente.


Tuttavia, sono convinto che raramente un attore di film pornografici
possa anche essere un attore capace di recitare nel cinema
tradizionale, e viceversa. I metodi, i tempi di ripresa e


150 Io, Rocco

soprattutto la preparazione sono completamente diversi. Un
attore di film tradizionali non si ritroverebbe nell'ambiente
dell'hard per via dei nostri ritmi, non avrebbe a disposizione
tutte quelle voci che nel nostro settore non esistono per ragioni
di budget e di tempo. Nessun set di film hard potrebbe dilungarsi
tre giorni su una scena di sesso, come è stato fatto invece
in Romance.

Avevo molti dubbi, era un'esperienza completamente di-
versa. "Sarò sufficientemente convincente?" mi domandavo.
Anche se la maggior parte delle critiche sulla mia prestazione
al cinema tradizionale era positiva, so che non sono la nuova
star. Per intraprendere questa carriera dovrei reimpostare tutta
la mia vita e, per come l'ho strutturata, non potrei permettermelo.


Dopo Romance, la Breillat ha annunciato sul quotidiano "Le
Monde", e non soltanto per ribadire la stima nei miei confronti,
ma credo soprattutto per il piacere della provocazione, che
sono il miglior attore europeo, indignando il ceto perbenista
francese. Mi sono immaginato subito la faccia di tutti quegli
attori che hanno passato anni e anni a studiare recitazione nelle
accademie di arte drammatica!

Lavorando sui set di questi film, ho dovuto constatare che in
molti Paesi europei i pregiudizi, le riserve e gli atteggiamenti
preconcetti nei confronti degli attori del porno sono ancora
molto forti. Gli attori di cinema tradizionale si sentono offesi a
dover condividere lo stesso set con un attore hard.

Quando Catherine mi ha spiegato che in Romance avevo
una scena di sesso con Caroline Ducey e che la produzione
aveva previsto tre giorni per realizzarla, mi sono detto: «Cosa?
Tre giorni per una scena?».

Immaginavo scene molto classiche, niente di eccezionale
per uno come me, abituato a scene di sesso ben più complesse.
«Avranno voglia di buttare soldi!» Questa, in tutta sincerità, è
stata la mia reazione.

Il primo giorno di riprese sono rimasto veramente impressio-

CINEMA e cinema 151

nato. Erano tutti lì in silenzio e concentrati. È stato in quel preciso
istante che mi sono reso conto che una delle più grandi differenze
tra il cinema pornografico e quello tradizionale è il rispetto
che si ha dell'attore. Il momento prima che la macchina da
presa iniziasse a filmare, ho sentito scendere un vero e proprio
silenzio sul set, dov'erano finite quelle venti persone che stavano
lì fino a un momento fa? Dal capo operatore al direttore delle
luci, ai tecnici di ogni reparto, erano tutti immobili, e se si
muovevano non te ne accorgevi, tutti lì per realizzare il film nel
migliore dei modi. Questa è stata la prima grande e bella emozione
che ho avuto da quel set.

Mi torna in mente a questo proposito un vecchio film in cui
interpretavo il ruolo di Dracula.

Dovevo apparire nella luce con un gran mantello e dire con
voce impostata: «Dracula, io sono Dracula...», spaventando le
coppiette.

Come da sceneggiatura, gli uomini sarebbero dovuti scappare
e lasciarmi le loro donne. Io, calatissimo nel ruolo, mi avvicinavo,
Dracula sarebbe stato orgoglioso di me, ma degli altri
attori non ce n'era uno che recitasse la propria parte come
da copione.

Jean-Pierre Armand mi ha detto scherzando: «Rocco, non
esagerare! Non sono pronto...».
Un altro mi ha letteralmente mandato a quel paese: «Cazzo,
Rocco! Dai, non farmi incazzare!».

Sembrava che fosse una cosa seria solo per me. Allora mi
sono avvicinato a Max, il regista, e pure lui si stava divertendo
come un pazzo, il produttore accanto a lui rideva più di tutti!
Io ero veramente arrabbiato. Ora, quando ci ripenso, rido an-
ch'io.

All'inizio, però, è molto deludente vedere che perfino per gli
stessi professionisti del settore non ha la benché minima importanza
ciò che si sta recitando. Dopo un po' non fai più caso
nemmeno ai commenti di tecnici, macchinisti e di tutti coloro
che lavorano nell'hard. Più di una volta, durante rapporti anali,
i registi mi diceva



152 Io, Rocco

no da dietro cose del tipo: «Rocco, guarda un po' che ha mangiato
ieri sera!». Benvenuti nel club dei poeti!

Dopo alcuni ciak, mi sono reso conto che la Breillat non aveva
chiamato un attore porno solo perché fosse in grado di penetrare
Caroline e di fare sesso con lei davanti all'obiettivo. Catherine
Breillat pretendeva che io mi sentissi veramente nella pelle del
personaggio, che provassi le sue emozioni, i suoi dubbi, le sue
angosce, prima di recitare la mia parte. Questa scena di sesso,
che io avevo preso alla leggera, è stata la scena più diffìcile e,
psicologicamente, la più dolorosa che abbia girato in tutta la mia
carriera. Avere un grande pene e un'erezione a comando qui
non bastava, assolutamente no!

A differenza di un set pornografico, qui era tutto più asettico,
la situazione non era molto eccitante. La ragazza stava
sdraiata davanti a me, nuda, e il suo atteggiamento era alquanto
pudico, distante. In questo senso di sospensione rarefatta, ho
cercato comunque di adeguarmi. Catherine continuava a
bloccare la scena, una volta perché l'attrice aveva la voce spezzata
per l'ansia di quello che sarebbe dovuto succedere, un'altra
volta perché mi trovava troppo in anticipo o non allineato
alle battute. Lei aveva bisogno di un unico piano-sequenza,
non voleva dover inserire tagli. Ogni volta si ricominciava
dunque daccapo. Tra un ciak e l'altro, dalle nove di sera d'inizio
scena erano circa le tre del mattino successivo! Avevo scartato
almeno trenta preservativi. L'attrice non voleva stabilire
un feeling con me. Non mi guardava, era rigida, se ne stava
davanti a me intenta a restare fredda. Cercavo i suoi occhi, e lei
me li scansava, non aveva un'espressione per me, niente. Fino
ad allora avevo fatto appello a tutta la mia esperienza, ma iniziava
a essere estremamente difficile continuare a restare con il
cazzo in erezione davanti a lei. Avevo modificato il mio approccio
decine di volte, focalizzando l'attenzione sulle parti
del suo corpo, piedi, mani, capezzoli, pube, la smontavo con
l'immaginazione dandole delle identità a mio piacimento. È
una tecnica che nel porno può aiutarti, ma qui era molto diver-

CINEMA e cinema 153

so. Non sapevo più cosa inventarmi! Ho cercato un appiglio
con lo sguardo in giro per il set. Mi sono accorto della microfonista,
era una ragazza, ho cominciato a guardarla, ma lei si è
imbarazzata e ha preso a girare gli occhi per aria. Cominciavo
a sentirmi seriamente a disagio. Tutti mi guardavano. Me ne
stavo col cazzo di fuori davanti a una troupe di venti persone,
come uno che è stato trovato con il coltello in mano ma l'aveva
solo raccolto! Ho provato a sfiorare un piede dell'attrice, e lei
ha avuto la prima reazione, ma solo per ricordarmi che lei stava
facendo il suo lavoro e io il mio. E che non dovevo più toccarla.
Per la prima volta, in vent'anni, davanti a una telecamera
mi sono sentito perso! Mi sono sentito l'uomo più solo al
mondo. Ho chiesto a Catherine se potevo allontanarmi e starmene
un po' per conto mio, con me stesso, avevo bisogno di ritrovarmi.


Ero arrabbiato, ho aperto il camerino con un calcio, urlando:
«Ma non ci credo, mi hanno chiamato per fare un film normale
e poi mi fanno stare per sei ore a cazzo duro davanti a una
sbronza malefica!».

Quello che stava accadendo era davvero irreale.

Catherine, un attimo dopo, mi ha raggiunto in camerino,
ansimante, e, abbracciandomi, mi ha detto: «Ci siamo Rocco...
Ce l'abbiamo, ce l'abbiamo, ce l'abbiamo... La facciamo... Ce
l'abbiamo fatta...».

«Ce l'abbiamo cosa?»

«Tu. Lei... Ricominciamo. Vedrai, sarà magico...»

«Ma di cosa parli? Magico un cazzo! Mi è scomparso e tu lo
trovi magico? È questa la tua magia?»

«Rocco...»

«No! Sono sei ore che sto in erezione aspettando questa stron


za e lei non mi degna neanche di uno sguardo. Anzi, non l'hai
vista?, mi guarda disgustata! Ma chi cazzo si crede di essere?»
Allora Catherine mi ha stretto a lei e mi ha sussurrato: «Ti
dico che è magnifico. Fidati. Lei ora piange. È il momento».

«Se vuoi andiamo, ma il mio cazzo è morto.»

Sono tornato sul set, fregandomene, consapevole che non era
il mio ambiente. Ma, per la prima volta, Caroline mi ha guarda



154 Io, Rocco

to dritto negli occhi, ho visto che davvero era cambiato qualcosa.
Ed è bastato che la sua mano mi sfiorasse i testicoli e il mio
sesso era duro come non era mai stato fino ad allora quella sera.
È stata lei stessa a infilarmi il preservativo. La sua voce era di-
versa. In una sola ripresa abbiamo fatto l'amore e sono venuto
nei tempi che la regista avrebbe voluto. Come per telepatia.
Aspettavo che desse lo stop alla scena. Ma non accadeva nulla.
Intorno c'era solo un grande silenzio. Ho percepito un brusio. Il
direttore della fotografia ha dato lo stop. E mi sono accorto che
la Breillat se ne stava in un angolo, si era coperta la testa con un
velo nero. Mi ha spiegato dopo che si era ritirata dalla magia di
quella scena e che secondo lei quel momento sarebbe dovuto
essere solo per noi.

Non per vantarmi, ma sarei curioso di sapere come ne sarebbe
venuto fuori un attore di cinema tradizionale, uno che non sia
Marlon Brando o Gerard Depardieu, naturalmente! Perché, se
perfino io che sono abituato a stare completamente nudo davanti
alla telecamera, in una situazione decontestualizzata
com'era quella, davanti a una troupe di cinema tradizionale, ho
avuto una difficoltà così palese, immaginatevi uno che è
abituato a recitare vestito! Con la sua dignità al sicuro dentro
le sue mutande.

È grazie all'infinita gamma di emozioni che ho dovuto affrontare
e metabolizzare durante questa esperienza che ho potuto
sopportare altri tipi di conflitti e problemi del genere nei
film successivi, sia in Anatomie de l'enfer, sempre della Breillat,
sia in Amore estremo, girato in Italia con Maria Martinelli.

Comunque, se essere una brava attrice, per quello che posso
aver capito, significa dare il massimo del coinvolgimento
emotivo, dei propri sentimenti alla scena e al personaggio, allora
io devo essere stato davvero sfortunato, perché nessuna
delle mie partner in questi film mi ha mai concesso nulla!

Il primo giorno di riprese di Anatomie de l'enfer ricordo che
l'attrice è arrivata sul set cercando e chiedendo in giro chi fosse
Rocco Siffredi. L'ho sentita, mi sono fatto riconoscere e l'ho
salutata.

CINEMA e cinema 155

Lei, senza nemmeno presentarsi, ha detto subito: «Ah, sei tu
Rocco... Io sono la protagonista del film. Non dimenticarti che
ho una controfigura e di tenere il tuo cazzo almeno a tre metri
da me!».

Non potevo credere a quello che stavo sentendo!

Le ho risposto: «Aspetti, ricominciamo con le presentazioni.
Io sono Rocco, sono una scimmia e ho un cervello minuscolo.
Lei chi è?».

A quel punto ha fatto una risatina da ochetta e io ho creduto
che si fosse resa conto di aver esagerato, e per gentilezza ho
cercato di toglierla dall'imbarazzo in cui lei stessa si era cacciata,
ma lei mi ha interrotto e, come se credesse di parlare con
qualcuno che aveva sempre vissuto in una riserva sperduta, ai
confini del pianeta, mi ha detto: «Sai, Rocco, io sono una vera
attrice. Ho appena finito di girare con Gwyneth Paltrow. Capisci?
Un'attrice. Attrice come quelle di Hollywood. Hollywood,
capisci?».

Avevo capito. Stavo capendo tutto benissimo. Non sarebbe
stato semplice farsi accettare dal mondo del cinema. Non mi sarebbe
bastato interpretare bene il ruolo, dovevo anche sopportare
il disprezzo degli attori. Sin dall'inizio mi ha classificato
una sottospecie di attore. Né più né meno. Sono strasicuro che
se al mio posto ci fosse stato, che so, Vincent Cassel, per esempio,
si sarebbe aperta in tutti i sensi, e non avrebbe gradito esse-
re sostituita dalla controfigura. Succhiare l'uccello a Vincent
Cassel sarebbe stato sicuramente artistico!

Se la mia presenza la imbarazzava a tal punto avrebbe dovuto
rifiutare quel ruolo. Le rimprovero l'incoerenza con cui
ha accettato il lavoro, senza alcuna correttezza nei suoi stessi
confronti, nei miei, in quelli di Catherine e del film. Ogni giorno
mi faceva la parte, con quei suoi sorrisetti sdolcinati, in
realtà avrebbe voluto vomitarmi addosso. Ha fatto di tutto per
mettermi in difficoltà. E il fondo l'ha toccato quando, durante
una scena particolarmente difficile in cui io non dovevo
piangere, bensì trattenermi sull'orlo delle lacrime, ha deliberatamente
recitato male per farmi rigirare quella stessa scena
ben otto volte di seguito.


156 Io, Rocco

Alla fine è venuta a dirmi: «Ma come hai fatto? Cosa hai
preso per recuperare quello stato emotivo ogni volta?».

E io mi sono sentito un seminarista. «Che intendi?»

Lei mi ha portato nel suo camerino, ha aperto la pochette e
mi ha mostrato un portapillole. «Noi attori prendiamo delle
pillole. Per piangere, per essere depressi, per essere felici, per
essere un po' fuori di testa e così via. Insomma, per tutto, per
entrare e uscire nei diversi stati emotivi. Che credi? Se dovessimo
davvero fare sul serio ogni volta, impazziremmo!»

E lo diceva come se fosse la portavoce ufficiale del cinema
tradizionale. Come se un attore hard dicesse che senza le pillole
e le iniezioni sarebbe impossibile avere un'erezione!

Le menzogne sono le stesse e le tecniche sono molto simili.
Sei solo tu che scegli il livello a cui vuoi fare il tuo mestiere.

***

Catherine ha un'intelligenza sbalorditiva, la sua capacità di
mettere a nudo la personalità della gente è affascinante. È anche
grazie a questo dono che riesce a tirar fuori il talento dagli
attori che dirige. So che tantissime persone, e in particolare
molti giornalisti, la dipingono come una strega, dicono di lei
che sia troppo dura con gli attori. In realtà quando inizia il suo
film ha già davanti la visione completa di cosa vuole realizzare.
E la sua carica di passione è tale che, se gli attori non sono
pronti ad aprirsi a lei, tutta la sua energia si scontra in modo
distruttivo con la loro rigidità.

Catherine è una grande artista, con una sensibilità unica. È
vero che i suoi metodi di lavoro sono pesanti, ma credo che
salire i gradini di una crescita, sia nella vita personale sia in
quella professionale, sia sempre uno sforzo doloroso.

In Anatomie de l'enfer posso dire di aver visto quell'attrice
soffrire come poche altre donne nella mia vita. Ci sono stati
molti momenti in cui mi ha fatto pena. A volte non capivo se
la guardavo da dietro o da davanti la telecamera, il confine mi
appariva confuso. Ma, nonostante tutta la sua contrarietà verso
il metodo di Catherine, sono sicuro che, quando ha visto il
risultato alla proiezione, ha dovuto ammetterne il grande talento.
È proprio per questo che io adoro Catherine, per come si

CINEMA e cinema 157

assume la responsabilità delle proprie scelte. Ha una grande
personalità, coraggio da vendere e se ne sbatte altamente delle
critiche, lei è una donna che va oltre ogni regolamento. Non si
limita mai a fare un cinema standardizzato e prefabbricato.


Che fortuna avere dei genitori fantastici


Oggi che sono padre di due meravigliosi maschietti posso
dire che educare non è un mestiere facile! Non sai mai cosa è
giusto e cosa non lo è, né puoi essere sempre lucido di fronte a
cosa dare e cosa non dare.

Ciò che mi è mancato di più dai miei genitori durante l'infanzia
e l'adolescenza è stato il dialogo (con mio padre è arrivato
solo qualche anno fa). Non li biasimo per questo, perché
credo che loro abbiano avuto a loro volta lo stesso tipo di problema.
Trovo patetici quei personaggi che vanno a piangere in
televisione per aver preso qualche sculacciata da bambini.
Nessuno è mai rimasto traumatizzato da una sberla! Se è una
semplice sberla.

Non mi piace questa era di puritanesimo cieco e stupido, in
cui il bambino è diventato il re della famiglia. Non si fa il suo
bene. L'educazione è importante ed è anche fatta di regole
semplici e chiare che un bambino deve poter capire e affrontare
senza difficoltà.

Per tornare alla mia famiglia, mia madre è stata tutto per
me. Era affettuosa e protettiva, al limite del morboso. Quando
ci picchiavamo nel cortile con gli altri bambini, i loro padri si
precipitavano a difenderli, il nostro non faceva mai in tempo
perché mia madre lo precedeva. L'ho addirittura vista buttar
giù vasi dalla finestra e rincorrere uomini con il badile.

Era molto impulsiva, un po' per carattere, un po' perché tutta
quella sofferenza l'aveva resa suscettibile. Quando la faceva



160 Io, Rocco

mo arrabbiare, ci ha rotto più di qualche cucchiarella di legno
sulla schiena. Solo sulla mia testa, quando mi rifiutavo di mangiare,
credo abbia spaccato una decina di piatti. Ma questo non
cambia il bellissimo ricordo che ho di lei. Le condizioni di vita
allora erano difficili, e noi capivamo benissimo i nostri genitori
se, a volte, le loro reazioni sembravano incontrollate. Hanno
dedicato tutta la vita ai propri figli e questo basta e avanza per
comprendere che tipo di genitori fossero.

Se mia madre me l'avesse chiesto, ma solo per lei, avrei messo
una croce sul lavoro di attore porno. Se mi avesse detto che
con il mio mestiere la facevo soffrire, avrei smesso immediatamente.
Quando ho cominciato, ho deciso di parlargliene subito.
Non volevo assolutamente che fosse mio fratello a farlo.

In realtà, in quel momento, ho pensato che lei non sapesse
l'esatto significato del termine "pornografico", o che lo sapesse
ma che preferisse non affrontare il discorso per pudore.

Direi, forse, di più la seconda, perché un giorno ho trovato in
Un cassetto un giornaletto pornografico con le mie foto. Gliel'ho
sventolato sotto il naso e le ho detto: «Ma, mamma, adesso ti interessi
di queste cose?».

È rimasta per un attimo in silenzio, cercando di trovare un'espressione
di rimprovero, e poi mi ha chiesto: «Disgraziato!
Guarda qua! Di' un po', glielo metti veramente dentro?».

«Eh! E dove vuoi che glielo metta?»

Allora mi ha rincorso attorno al tavolo della cucina e mi dava
delle pacche sulla schiena, dissimulando la consapevolezza
e l'orgoglio per un figlio adulto con la tenerezza di quando ero
il suo bambino.

Era una donna pudica e forte, dalle spalle larghe, una di quelle
donne che si assumono tutte le responsabilità e tutte le fatiche,
nella buona e nella cattiva sorte, ma che di fronte alla mia
felicità si è fatta piccola piccola. Si è fatta carico anche della solitudine
per difendere le mie scelte di fronte al resto della
famiglia e al paese. E questo l'ho sempre tenuto ben presente, in
qualunque situazione mi trovassi.

Lei era il mio punto di riferimento assoluto. Anche nei mo-

Che fortuna avere dei genitori fantastici 161

menti più difficili non ho mai dubitato della sua capacità di
capire, perché se, per le circostanze e le opportunità culturali,
qualcosa non le era immediatamente comprensibile, lei si dava
il tempo di concepirlo. Ho sempre potuto fare affidamento
sul suo modo, tipicamente femminile, di avvicinarsi alle cose,
anche le più lontane da lei.

Quando lavoravo negli Stati Uniti per periodi di tre mesi, la
chiamavo tutti i giorni, ma proprio tutti i giorni. Non ci dicevamo
niente e la telefonata durava dieci secondi, giusto il
tempo di mormorare: «Se sto bene? Sì e tu? Sì? Allora è tutto a
posto. Ciao, mamma...».

Poi riattaccavamo. E a volte la richiamavo subito dopo, solo
per dirle: «Vabbe', allora ciao...».

Può sembrare ridicolo, ma avevo bisogno di sentire la sua
voce, per me era vitale. So quanto lei soffrisse per la mia lontananza.


Ho cercato di ricambiare la sua fiducia, tutelando l'integrità
a cui mi ha educato. Per nulla al mondo avrei deluso lo sforzo
che le era costato accettare la mia scelta, rovinando la mia vita
e, di conseguenza, la sua, infognandomi in storie di droga e
roba simile.

Devo confessare che ho una grande fortuna: il mio corpo reagisce
molto violentemente a tutto ciò che può alterarlo. Anche
solo fumare mi provoca il vomito.

Il rispetto di se stessi e dell'altro, a cui sono stato educato
dai miei genitori, vorrei tramandarlo ai miei figli. Non farò
niente per ostacolare le loro ambizioni, qualsiasi lavoro decideranno
di intraprendere. Cercherò solo di fargli capire che la
cosa più importante nella vita è la passione per quello che si
fa, è l'unico modo che possono avere per superare ostacoli che
a volte sembrano insormontabili.

Se un giorno decidessero di fare il mio lavoro, solo per emulare
il loro padre, li dissuaderei. Ma se invece alla base di questa
scelta ci fosse un reale desiderio, in questo caso hanno la
fortuna di avere me come padre!


162 Io, Rocco

Quando mia madre è morta, ho perso tutti i miei punti di riferimento.
Mio padre è un brav'uomo, ha lavorato duramente per
portare i soldi a casa, ma era lei il pilastro della famiglia. Mio padre
non aveva il temperamento del patriarca, era lei l'autorità.

Quando si è ammalata ho dato per la prima volta, letteralmente,
valore alla vita. Accadde durante il periodo di Natale,
lei era diventata silenziosa. Nessuno di noi figli sapeva cosa
realmente le stesse succedendo, ma si vedeva che non stava più
bene, non è mai stata una persona che ricorreva con facilità alle
cure mediche. Molto raramente l'ho vista andare dal dottore.

Io stavo partendo per gli Stati Uniti, e lei mi ha detto: «Vai
pure, Rocco, ma sappi che quando rientrerai io non ci sarò già
più. Tornerai per portarmi i fiori sulla tomba».

Al momento ho pensato che me lo avesse detto solo per
trattenermi. Così ho deciso di partire lo stesso.

Dopo due settimane esatte, ricevo la telefonata di mia sorella.
Devo rientrare, nostra madre è stata ricoverata in ospedale
ed è molto grave. Sono rimasto con lei dal 15 gennaio al 15
marzo del 1993. L'ho vista morire lentamente, ogni giorno un
po' di più. Vomitava sangue due volte al giorno, alle sei del
mattino e alle sei della sera. Si metteva il lenzuolo davanti alla
bocca e vomitava e poi io lo portavo via. Piangevo e mi ricomponevo
prima di rientrare in camera.

Da un mese non poteva mandare giù nulla. Non mi importava
più di niente, non mi preoccupavo più di nulla, ho vissuto la
vita attimo per attimo in quei giorni.

Da quando è morta ho la costante sensazione che la rivedrò.

Ho pregato con tutta l'anima Gesù Cristo per finire anch'io
nello stesso modo. Perché? In realtà non lo so. È una questione
di dolore. Volevo cercare il modo per starle vicino il più possibile.
Davanti a lei cercavo di essere forte e di rassicurarla quando
aveva paura.

Gli ultimi giorni sono stati un inferno. Era dimagrita così tanto
che gli infermieri non riuscivano più a trovarle le vene per il
prelievo del sangue. Quando mia madre è morta, io dormivo

Che fortuna avere dei genitori fantastici 163

accanto a lei. Le stringevo la mano, all'improvviso ho sentito
qualcosa spandersi dentro di me. Una sensazione di freddo.
Credo che fosse lei, tutta la sua energia che se ne stava andando.
A un tratto ho provato una sorta di sollievo, una strana
tranquillità ingiustificata. Ho visto il suo viso, era bellissimo,
finalmente, sembrava che avesse finito di soffrire.

Io mi sono letteralmente gettato sul lavoro, ho accettato di
girare qualsiasi cosa mi proponessero, nella speranza di dimenticare,
di stordirmi e cancellare le ultime immagini di mia
madre.

Sul set ero sgarbato, non ero io, non ero mai stato così. Le
ragazze che venivano a parlarmi, e che non sapevano che cosa
mi fosse successo, mi chiedevano perché non sorridessi. Io rispondevo:
«Sono pagato per scoparti, non per sorriderti».

Stavo dentro il dolore della perdita di mia madre, e nel con-
tempo dentro il suo medesimo dolore. Più stavo male e più
volevo stare male. Fino al punto di decidere di farmi circoncidere,
consapevole che da adulti è una cosa sconsigliabile.

Nel nostro lavoro essere circoncisi è un'accortezza igienica.
Era arrivato il momento di farlo.

Sono tornato dunque a Pescara per farmi operare e il medico
mi ha assicurato che sarei guarito nel giro di una settimana.
Una settimana...!

11mattino seguente mi sono svegliato con una strana sensazione
di bagnato nella parte bassa del ventre. E non si trattava
di urina, ma di sangue! C'era sangue dappertutto! Dovevo aver
avuto un'erezione durante il sonno che mi aveva fatto saltare
alcuni punti.

Ho telefonato subito al dottore: avrebbe sistemato la faccenda,
ma dovevo raggiungerlo subito in studio. Il fatto era, però,
che non aveva tutto il materiale necessario e mi ha rimesso i
punti senza anestesia. Vi lascio immaginare cosa non ho sofferto.


Quella ricucitura risultò immediatamente un orrendo racconcio,
ma il medico mi tranquillizzò: nel giro di poco tempo
l'edema si sarebbe riassorbito. E come ci si può immaginare ricevetti
subito l'unica telefonata che proprio non avrei voluto


164 Io, Rocco

ricevere in quel momento. John Leslie era pronto a iniziare, di
lì a dieci giorni, il grande film The Chameleon e mi stava aspettando
a Los Angeles. Sebbene il mio sesso fosse in uno stato
pietoso e soffrissi come un dannato, non me la sentii di dirgli
la verità.

«Mi raccomando, Rocco, vieni un paio di giorni prima così
ti riposi, sai, il fuso orario.»

E io non potei far altro che dirgli di non preoccuparsi. Ho
attaccato e sono corso in farmacia a comprare ogni tipo di potentissimo
cicatrizzante.

Ero a Ortona, passavo ogni giorno sette, otto ore al mare,
con l'uccello esposto al sole, nascosto dietro gli scogli, cercando
di fare tutto il possibile per cicatrizzare la ferita più in fretta
che potevo. Almeno per riuscire a partire. Sono tornato dal
medico per farmi togliere i punti, e ho capito che avevo sbagliato
tutto. Un lato del membro faceva pensare a Frankenstein,
con cicatrici ignobili e bolle di carne disgustose. In quelle
condizioni, due giorni dopo, ho preso l'aereo per gli Stati
Uniti.

Quelle riprese sono state le peggiori della mia carriera. Avevo
il pene orribile, sempre irritato e, a ogni movimento avanti
e indietro, avevo come l'impressione che mi tagliassero il
glande con lame di rasoio tutt'intorno. Trattenevo le lacrime
dal dolore durante le scene. Dissimulavo la sofferenza e tentavo
di coprire sempre il lato disastrato.

Quando John mi chiedeva come stesse andando, rispondevo
ogni volta: «Everything is good, everything is good...».

Finito il film, sono rientrato di corsa in Italia, e mi sono
messo subito in cerca del miglior chirurgo plastico, mi hanno
detto che l'avrei trovato all'American Hospital di Roma. Il
professore mi ha esaminato a lungo e ha concluso dicendomi
che, anche se la cicatrice era davvero terribile, restava comunque
abbastanza pelle per un nuovo intervento. Mi ha rassicurato
che l'operazione avrebbe dato ottimi risultati, però avrei
dovuto evitare assolutamente l'erezione almeno per i giorni
immediatamente successivi.

Il mio problema più grande era che ero abituato ad avere

Che fortuna avere dei genitori fantastici 165

erezioni molto spesso, anche senza sollecitazione. Mi capitava
naturalmente e non potevo farci niente. Sicuramente a causa
dei miei ritmi di lavoro piuttosto frenetici, il mio sesso era abituato
a irrigidirsi a ogni minimo sfioramento, anche se non
avevo alcun interesse particolare. Il mio vero incubo per lungo
tempo è stato andare dal medico; ero sempre molto teso se
dovevo fare una visita un po' più approfondita al basso ventre,
mi concentravo fino a sudare freddo nel tentativo di evitare
un'erezione, mi è capitato talvolta di scusarmi preventivamente,
non avrei voluto essere frainteso. I medici sorridevano.

È vero che queste situazioni possono far ridere, ma a me per
molto tempo hanno dato considerevolmente fastidio nella realtà
di tutti i giorni.

All'inizio l'ho nascosto perfino a Rosa, avevo paura che non
capisse.

Dopo l'operazione, non so cosa mi abbia somministrato l'anestesista,
per almeno venti giorni ho avuto l'impressione che il
"mio caro amico" mi avesse lasciato! Quando il professore mi
è venuto a trovare in stanza con la sua équipe, tutti cercavano
di mantenere un tono serio e professionale ma io ho notato la
loro strana euforia. Ho chiesto, allora, come fosse andata l'operazione.


«Benissimo. Ma tu sei incredibile» ha detto il professore.
«Durante l'intervento, completamente anestetizzato, appena
abbiamo cominciato a manovrarti l'arnese per prenderti le mi-
sure, hai avuto immediatamente un'erezione. Avrò fatto migliaia
di interventi in tutta la mia carriera, ma una cosa così
non mi era mai capitata!»

L'operazione in ogni modo era completamente riuscita. La
cicatrice era quasi invisibile, sottile, pulita. Proprio come la
desideravo. Un lavoretto di fino! Ma adesso arriva il bello!

H giorno successivo, quando mio fratello è venuto a prendermi
per portarmi a Ortona, il chirurgo mi ha raccomandato
di mettere del ghiaccio sul sesso durante il viaggio per impedire
alla zona operata di gonfiarsi. Ci siamo dunque fermati in
un bar per prendere il ghiaccio e, seguendo alla lettera la pre



166 Io, Rocco

scrizione, ho messo i cubetti in una busta di plastica e l'ho appoggiata
sul pene nudo. Ho sentito subito un dolore insopportabile,
ma resistevo. «L'ha detto il dottore! Mica vorrò rovinargli
il lavoro!»

Dopo circa dieci minuti di lancinante tortura, tutto a un
tratto non sento più nulla, dico a mio fratello: «È passato, non
sento più niente. Mi ci sono abituato».

Nel frattempo -erano trascorse due ore! -siamo arrivati a
Ortona. Faccio per togliere la busta del ghiaccio per scendere
dalla macchina e... la busta non viene via, mi rendo conto che
è incollata. Cerco di staccarla pian piano, niente. Tento di dare
uno strappo appena un po' più energico, e vedo i tessuti lacerati,
vedo i canali cavernosi all'aria, la rete nervosa... mi si è
raggelato il sangue! Ho guardato dritto davanti a me e ho visto
la mia vita, finita, crollarmi tutta addosso in quell'istante.

Qualche settimana prima mi ero augurato di soffrire un po'
del dolore di mia madre, ma non mi aspettavo che il mio desiderio
venisse esaudito così presto!

Sono entrato in casa senza salutare nessuno e ho chiamato
subito il professore. Tremavo di paura finché non ha alzato il
ricevitore: era del mio strumento di lavoro che si trattava, e la
mia situazione era tanto drammatica quanto quella di un pianista
professionista che rischia di perdere le mani. Gli ho spiegato
quello che avevo fatto e, dall'altro capo del telefono, c'è
stato il silenzio per alcuni interminabili secondi. Per lui era
ovvio che avrei dovuto avvolgere il ghiaccio in un panno e
non nella plastica prima di applicarlo sul pene!

Allora mi ha detto di non fare assolutamente niente e di ritornare
a Roma subito. In seguito mi ha spiegato che il ghiaccio
in questi casi è peggio del fuoco perché brucia la carne in
maniera indolore.

Una volta nel suo studio, senza nemmeno avermi salutato,
mi fa subito stendere sul lettino e appena me lo scopre comincia
a bestemmiare come un turco. E più lui bestemmia più io
sono disperato.

Quando intravedo un attimo di calma, gli faccio: «Dottore,
mi dica!».

Che fortuna avere dei genitori fantastici 167

Avevo un'ustione di secondo grado e dovevamo evitare che
diventasse di terzo.

«Che significa?» chiedo io.

Mi spiega che se fosse subentrata l'infezione, l'ustione sarebbe
potuta peggiorare raggiungendo il terzo grado. In tal
caso... saremmo dovuti passare a un'altra fase. Un trapianto di
pelle...

«E va bene. Vorrà dire che faremo anche quello.»

«Sì, ma non è così semplice, perché la pelle del pene è una
pelle particolarmente elastica, speciale e unica in tutto il corpo
»...

Insomma, l'unico modo sarebbe stato quello di prendere la
pelle da un altro pene. Cioè da un donatore. Un cadavere!

A quel punto ho cominciato ad avere la paranoia delle infezioni.
Vedevo microbi e batteri dappertutto pronti ad attentarmi
l'uccello. I normali gesti quotidiani erano dettati da ossessioni
compulsive. Mi lavavo continuamente. Mi spalmavo
battericidi, pomate antibiotiche, antibatteriche, antisettiche... e
pregavo che non mi venisse l'infezione.

Il professore e il destino insieme mi hanno salvato da quella
che avrebbe potuto essere una soluzione veramente difficile da
sopportare.

Non ho difficoltà con il concetto di donazione, tutt'altro, so-
no io stesso donatore di organi, ho lasciato a mia moglie chiare
disposizioni in proposito. Credo con convincimento nella
donazione. Ma sarebbe stato difficile condividere la mia intimità
con la pelle di qualcun altro.


Gennaro, il mio fan più sfegatato


Il rapporto con mio padre era molto diverso da quello che avevo
con mia madre. Lui ha sempre mantenuto il suo ruolo di padre
di famiglia e tra noi non c'è mai stato un vero dialogo
profondo. Solo dopo la morte di mia madre abbiamo iniziato a
parlare e, ovviamente, il tema delle nostre conversazioni era soprattutto
il sesso. Quando è arrivato ai settant'anni mi ha raccontato
tutte le storie che aveva vissuto da quando si era ritrovato
vedovo. La scomparsa di mia madre gli aveva dato una
libertà che non aveva mai avuto. Parlando con lui, ho capito che
la mia eccessiva libido era praticamente una questione genetica!

Da bambino ogni tanto lo sentivo discutere con mia madre, a
quel tempo non potevo capire veramente di cosa parlassero
perché certi argomenti non si affrontavano apertamente, ma
oggi so che il problema era l'atteggiamento di mio padre. Lui
è sempre stato una persona garbata, mai violento e sempre
gentile con tutti, ma soprattutto, e forse anche un po' troppo,
con le donne! I giochi delle carte, le boccette e il Lotto non lo
interessano affatto.

Da qualche anno è affetto dal morbo di Parkinson, ma mentalmente
sta benissimo ed è incredibile vedere quale effetto
abbia una donna su di lui. Per fare qualche metro a piedi ci
metterebbe mezz'ora, ma se li dovesse fare per una donna gli
basterebbe un decimo del tempo! La forza del desiderio.


170 Io, Rocco

Quando è uscito il mio primo film in Italia, Fantastica Moana,
mio padre è arrivato in anticipo, prima di tutti, e si è messo davanti
alle porte del cinema. Con mio zio Mario, il padre di Gabriele.
Ovviamente, non hanno pagato il biglietto, perché erano
il padre e lo zio di Rocco Siffredi! Ciò li rendeva fieri, orgogliosi.
In sala si sono seduti, impettiti, in prima fila. Per tutto il film, si
sono comportati come veri e propri fan, applaudendo a più non
posso e facendo commenti ad alta voce. Quando siamo tornati
a casa, devo confessare, ero io quello che si sentiva in imbarazzo.
Mio padre mi aveva visto fare sesso con diverse donne, aveva
visto le mie natiche e il mio sesso sotto ogni angolatura.

Credo che se mio padre mi ha sempre sostenuto è perché io ho
avuto la possibilità di vivere la vita che lui avrebbe voluto.
Dopo la morte di mia madre, nel 1993, ho cercato di fare qualcosa
per far uscire mio padre dalla tristezza. L'ho invitato,
dunque, ad assistere alla cerimonia di assegnazione degli Hot
d'Or a Cannes; nel frattempo stavo girando un film, era lo
stesso set in cui ho conosciuto Rosa, e ne ho approfittato per
portarlo con me, perché si rendesse conto realmente del lavoro
che faceva suo figlio. Non ero preoccupato della sua reazione,
ma c'era comunque una piccola parte d'incertezza in me, un
retaggio dovuto al riserbo che c'era sempre stato fra noi prima
che iniziassimo a parlare più confidenzialmente. Ero sicuro
che non si sarebbe scandalizzato, ma avevo comunque un
certo timore. Quando è arrivato sul set, è capitato in una delle
scene più calde del film in cui Anita Rinaldi, una splendida
attrice ungherese, girava una tripla penetrazione (boccavagina-
ano). E da quel momento mio padre si è così tanto per-
so nello spettacolo che non mi ha più visto. Stava con gli occhi
talmente spalancati che sembrava non volersi perdere nemmeno
un momento infinitesimale.

Poi all'improvviso, stavamo ancora girando, ha attraversato
il set, è passato davanti alla camera e si è chinato, rispettosissimo,
su Anita Rinaldi presentandosi: «Piacere, io sono
Gennaro...».

Era tutto frizzante e gli è sembrato così naturale presentarsi

Gennaro, il mio fan più sfegatato 171

ad Anita, come avrebbe fatto con qualsiasi persona vestita. Ha
continuato, sullo stesso slancio, a salutare tutti, uomini e donne
che cercavano di nascondersi le parti intime imbarazzati da
quell'uomo anziano. Poi mio padre si è avvicinato ancora una
volta ad Anita e le ha detto: «Signorina, lei è assolutamente
deliziosa! E fa il lavoro più bello del mondo, lo sa?».

Poi si è girato verso di me e mi ha detto: «E dire che sarei
potuto morire senza aver visto tutto questo... Ma dimmi: è
questo allora che fai?».

«Papà! E tutti i film in cui mi hai visto, cos'erano? Cartoni
animati?»
«Eh, lo so! Ma così è tutta un'altra cosa!»

Più tardi mio fratello ha accompagnato mio padre a ritirare lo
smoking che gli avevo prenotato e lui è tornato all'hotel vestito
di tutto punto.

«Figlio mio, sei stato molto gentile ad avermi invitato, ma
non sai lo sforzo che ho dovuto fare, prendere l'aereo, venire
fino qua, e mi fa tutto male e bisogna che vada a letto alle nove.
Non posso fare più tardi delle nove...»

«Papà, ma se la serata comincia alle undici!»

Ha borbottato un po' e alla fine, ha accettato di venire.

E il destino ha voluto che venissi premiato per la seconda
volta consecutiva con l'Hot d'Or per il miglior attore. Allora
me lo sono preso sottobraccio e, stretto a lui, sono salito sul
palco per ricevere il mio premio.

E lì, davanti al parterre degli invitati, che si chiedevano chi
fosse quell'uomo anziano, ho preso il microfono e ho dichiarato:
«Cari amici, ho il piacere di presentarvi stasera il mio più
grande fan: mio padre!».

Le mille persone si sono alzate dalle poltrone e si sono messe
ad applaudire mio padre per lunghissimi minuti, senza fermarsi.
Credo che questo sia stato in assoluto il momento più
commovente di tutta la mia carriera.

Quando siamo andati nella saletta interna, mi ha fermato e
mi ha detto guardandomi negli occhi: «Rocco, ti ringrazio.
Oggi, in una sola giornata, mi hai fatto vivere due momenti


172 Io, Rocco

eccezionali che non dimenticherò mai». Poi ha aggiunto: «E
credimi, oggi ho capito le tue scelte. E se queste persone ti
hanno applaudito così tanto è perché qualcosa di buono l'hai
fatto anche per loro. Sono fiero di te».

Alle cinque e mezzo del mattino mio padre non era affatto
stanco, non sentiva più male da nessuna parte e teneva banco
con tutti. Era circondato da sette o otto pornostar di nazionalità
diversa, parlava, rideva, beveva. Mio fratello dice che nostro
padre quella notte ha imparato a parlare tutte le lingue del
mondo!

Mio padre è un brav'uomo. Ma è stato preso, proprio come
me, dal demone dell'amore. Non può vivere senza l'idea di fare
l'amore e, anche nei momenti più difficili, ho l'impressione che
si aggrappi ancora più forte a quest'idea. Di gente come lui e
come me ce n'è più di quanta possiate immaginare! La fortuna
che io ho avuto, diversamente da mio padre, è stata quella di
poter esternare tutta questa energia sessuale con meno
problemi e meno frustrazioni.

Quando mia madre se n'è andata, la famiglia si è spaccata
sulla questione se mio padre avesse o no il diritto di prendersi
un'altra donna. Se voleva avere una nuova moglie era solo per
farci sesso, la solitudine, ci diceva, non lo spaventava affatto.

Io stesso, al momento, non sapevo che dire. Ero combattuto.

Da un lato lo capivo perfettamente e, anzi, ero d'accordo con

lui. Dall'altro, c'era il rispetto per il ricordo di mia madre che

un'eventualità del genere mi pareva potesse offendere. Solo

poco tempo fa mi sono liberato definitivamente di questi dub


bi e conflitti interni. Io e lui abbiamo la stessa natura ed è per

questo che, più di chiunque altro, posso capirlo.

C'è stato un momento in cui abbiamo iniziato a discutere, in

famiglia. Alcuni di noi interpretavano certe esternazioni di

nostro padre, il fatto, per esempio, che si mostrasse così tanto

affettuoso con le donne delle pulizie e le baby-sitter dei nipo


tini, come sintomi di demenza senile o che, quanto meno, lui

manifestasse una seria e pericolosa ossessione sessuale. L'ho

fatto venire da me a Budapest, per poterlo osservare e render-

Gennaro, il mio fan più sfegatato 173

mi conto da vicino. Ero convinto che da me sarebbe stato meglio.
Ovviamente, ha subito cominciato a interessarsi alla donna
delle pulizie di casa mia; fortunatamente Erika l'ha presa
piuttosto sul ridere, ma io mi sono sentito in dovere di richiamarlo,
e lui, come un bambino, si è scusato, ha giurato che
non l'avrebbe più fatto e si è messo a piangere, come se si vergognasse
di non riuscire a trattenere le proprie pulsioni. Mi ha
fatto una pena immensa.

Quindi, del tutto arbitrariamente e consapevole che mi sarei
messo contro il resto della famiglia, ho preso la decisione di
accompagnarlo da una donna a pagamento.

Era il 1° aprile e gli ho detto: «Papà, sai che giorno è oggi?».

E lui: «Sì. E allora?».

Io, sorridendo, gli rispondo: «Allora, andiamo a fare un giro».

L'ho portato sulla strada delle prostitute, e appena le ha viste
mi ha chiesto, come un bambino che fa finta di non accorgersi
che sta per ricevere un regalo: «Che ci fanno qui tutte
queste donne?».

E io, come se fosse la prima cosa che mi veniva in mente:
«Sono donne soldato, stanno qui a scaricare fucili».
Lui mi ha guardato un po' perplesso. «Scaricare fucili?» E
ha continuato a fissarmi con lo sguardo smarrito.

Mi fermo e chiedo a una di loro se accetta di andare con la
persona che è con me. Ne abbiamo caricata una e mio padre si
è voltato e l'ha guardata senza dire nulla. Devo ammettere che
mi sentivo molto in imbarazzo, soprattutto perché pensavo a
mia madre e avevo paura che mi stesse guardando e che le
stessi facendo del male.

La mattina successiva sono stato svegliato da uno strano rumore,
mi sono alzato, e ho trovato mio padre sul tapis roulant,
vispo e arzillo, tutto intento a fare ginnastica. L'ho aspettato
per almeno quindici minuti e siamo andati a fare colazione.

«Sai, Rocco, ho sognato tutta la notte la ragazza di ieri. Aveva
un culo incredibile... Ma spiegami una cosa.»

«Cosa?»

«Perché non me l'hai fatta scopare?»

«Come? Ma se tremi tutto e non ti reggi nemmeno in piedi!»


174 Io, Rocco

«Io non mi reggo in piedi? Tu vammela a prendere e ti faccio
vedere io se non mi reggo in piedi.»

E siamo scoppiati a ridere. Ho capito che aveva apprezzato
il mio scherzo. Così si è sentito libero di dirmi proprio tutto. Mi
ha confessato che la sua felicità sarebbe stata poter fare sesso
un paio di volte la settimana, che sicuramente si sarebbe senti-
to molto meglio e ben più felice, piuttosto che spendere centinaia
di euro per medicine, controlli e visite specialistiche che
non gli davano nemmeno lontanamente lo stesso benessere.

Sicuramente, qualcuno della mia famiglia non ha apprezzato il
mio gesto. Ma crescendo ho imparato ad ascoltare il mio istinto
senza farmi troppe domande. In quel momento mi suggeriva di
fare qualcosa di concreto per mio padre, subito.

Prima che la malattia lo immobilizzasse, se ne andava in giro
con le mie foto per Ortona. Per le strade, entrava nei bar e persino
all'ospedale, dove ogni tanto era ricoverato, e distribuiva le
mie foto a tutte le donne che incontrava. Ci provava con tutte,
ma le donne con gentilezza lo dissuadevano dal continuare a
insistere.

E lui: «Se è per la mia età, le dico solo una cosa per rassicurarla:
si ricordi che io sono il padre di Rocco Siffredi. E non aggiungo
altro!».

Fra tutte le storie che mi ha raccontato, alcune sono davvero
incredibili! Una volta aveva conosciuto una donna ai giardini
pubblici, ha fatto di tutto per accompagnarla a casa e ha fatto
di tutto pure per finirci a letto. È stato spassoso sentirlo entrare
nei particolari, mi raccontava divertito che lei gridava molto
quando lui la penetrava, perché, dopo quindici anni di astinenza,
aveva dimenticato quali sensazioni si provassero in
quei momenti! In ogni caso di tutta questa storia il dettaglio
pazzesco è l'epilogo.

Una settimana dopo questa signora è morta per cause naturali
e lui ha commentato: «Pensa te! Appena in tempo!».
Gennaro, che personaggio! Uno dei più inverosimili che abbia
mai conosciuto!

La mia tribù: la mia ragione di vita


Rosa, mia moglie, l'ho conosciuta nel 1993 e me ne sono innamorato
semplicemente guardando una polaroid. Stavo iniziando
la produzione del mio secondo film, The Body guard, da
girare nel Sud della Francia, era esattamente quando mio padre
venne a trovarmi a Cannes per gli Hot d'Or.

Il mio assistente era appena rientrato da Budapest con le
polaroid delle ragazze da selezionare, alcune di loro sarebbero
servite per le scene soft e altre per le riprese hard.

Appena mi è passata davanti la foto di Rosa sono rimasto
ipnotizzato dai suoi occhi. Non era soltanto bellissima, era
sensualità allo stato puro. Una postura elegante, regale, e dal
brillio degli occhi potevo percepire una prontezza sottile. Non
scorgevo niente di artefatto in lei. Il suo charme mi aveva colpito
fulmineo. Il suo sguardo era fragile, ma quel tipo di fragilità
che non è debolezza, non so se riesco a spiegare esattamente
cosa intendo. Mi sono assicurato personalmente che la
chiamassero come avevo espressamente richiesto. Non sapevo
ancora che cosa le avrei fatto fare, forse il soft, forse la hostess
che distribuiva i miei volantini in cui pubblicizzavo una linea
telefonica, insomma, volevo solo avere una scusa per conoscerla.


Ho continuato a guardare le altre polaroid, le foto delle altre
attrici, ma ormai non vedevo più niente, avevo davanti solo
l'immagine del viso di questa ragazza.


176 Io, Rocco

Stava succedendo tutto molto in fretta, la mia partecipazione
all'Hot d'Or, la campagna promozionale, la produzione del
mio film. Dovevo pensare a organizzare mille cose, ma ero ossessionato
da quella foto.

H giorno dell'appuntamento aspettavo eccitato alla stazione
di Cannes il pullman con le ragazze che non arrivava mai, un
carrozzone che viaggiava a stento, lungo la strada si è perfino
fermato in salita e le ragazze hanno dovuto spingerlo tutte insieme.
Quando finalmente l'ho avuto di fronte e le ragazze
hanno cominciato a scendere, ho subito cercato di individuare
Rosa nel gruppo. Alcune le conosco, hanno già lavorato per
me, ma non le saluto nemmeno, cerco Rosa. La vedo, si distingue
per quel suo portamento aristocratico del tutto naturale,
corro subito a presentarmi, ma lei risponde al mio spropositato
entusiasmo ristabilendo le ovvie distanze tra due estranei.
Mi dà la mano, si gira e se ne va. Mi pare di capire che è sulla
difensiva.

Solo in quel momento ritorno con i piedi per terra e mi rendo
conto che Betty Gabor, l'attrice protagonista, non c'è, non
si è presentata all'appuntamento. Avevo già affittato le due
ville, assunto una quindicina di attori, una decina di tecnici,
ma non ho nessuno per sostituirla.

Sono disperato. Sono in uno stato di confusione totale, oppresso
da tanti problemi la cui risoluzione non posso delegare,
devo occuparmene in prima persona, ma con la testa sono
altrove.

Il mio assistente aveva notato che per quella ragazza avevo
un certo debole, insisteva energicamente affinché le chiedessi
di sostituire la protagonista. Non volevo farlo, ero sicuro che
non avrebbe accettato.

«Smettila, Claudio! È venuta qui per fare altro, non per fare
un film hard! Non accetterà mai. Inoltre, mi è sembrata un bel
po' altezzosa e nemmeno troppo simpatica.»

«Va bene» fa lui «ma che ti costa chiederglielo?»

Così, molto imbarazzato dalla situazione, perché quello non
era certamente il genere di proposta che Rosa doveva
aspettarsi, e con tutte le precauzioni del caso, ho abbordato

La mia tribù: la mia ragione di vita 177

l'argomento. Le ho chiesto se fosse disposta a fare il film. Lei
ha chiamato il traduttore ungherese e, guardandomi dritto in
faccia, ha risposto: «Se è con te sì, ma solo con te».

Mi ha lasciato di stucco.

Mi sono tuffato immediatamente sulla sceneggiatura, ho riscritto
le scene per intero, adattandole a lei. Ho lasciato solo
un'unica scena di sesso finale. Ho dato al film una vera storia
d'amore.

Avevo fatto di tutto perché dormisse nella villa dove ero alloggiato
io, nella speranza che si stabilisse un po' d'intimità tra
noi, ma lei non mi considerava, continuava a restare distante.
Mi sfuggiva la ragione per cui avesse accettato di girare con
me scene hard, ma in privato non volesse avere a che fare con
me. Lei, che non era nemmeno un'attrice hard!

Durante tutta la realizzazione del film sono stato in una
condizione a metà tra l'angoscia e la felicità, tipico dell'adolescente
innamorato.

Erano solo pochi mesi che mi ero messo a fare anche produzione
e non riuscivo a preoccuparmi troppo degli innumerevoli
problemi che quel set stava avendo, pensavo solo a lei. Mi
sentivo leggero. Ero pieno di attenzioni, di cure per lei, e nonostante
tutto Rosa continuava a restare sulle sue. Mi ricordo
il giorno in cui giravamo le scene in barca e lei vomitava e io,
invece di preoccuparmi di dirigere gli attori, le tenevo la
mano. Il mio assistente era allarmato, si rimproverava di
avermi fatto vedere quella polaroid. Sentivo che
cominciavano a nascere dei sentimenti ed ero combattuto. Mi
si riaffacciavano alla mente tutti i brutti ricordi del passato in
circostanze simili. Mi ero giurato di non innamorarmi più sul
lavoro. Ma ogni sera che andavo a dormire e ogni mattino che
mi alzavo avevo lei sempre in testa.

A volte ci ripenso, da solo con me stesso, e lo trovo davvero
incredibile: io e Rosa stiamo insieme da tredici anni, ci siamo
sposati, abbiamo avuto due figli, e la prima volta che abbiamo
fatto l'amore è stato su un set porno. È stato molto romantico.
Non potrò mai dimenticare la sua faccia quando l'ho tirato
fuori. Lei l'ha guardato e ha abbassato gli occhi. Ancora mi


178 Io, Rocco

chiedo se per le dimensioni o perché non si era resa conto di
cosa aveva accettato di fare. Rosa ha chiesto a tutti di lasciare
il set, tranne a coloro la cui presenza era realmente indispensabile.
La scena è stata magica, abbiamo davvero fatto l'amore,
l'aspettavo da una settimana. Lo volevo da quando l'ho vista,
ma sapevo che dovevo attendere. In quel momento non
c'era più nessuno sul set, né cameraman, né tecnici. Niente,
c'eravamo io e lei.

A quel punto avevo una sola idea in testa, portarla via con me.
Il mio assistente, preoccupato, ha continuato a farmi pressioni
assillanti, aveva esperienza di tante relazioni affettive nate sul
set, finite generalmente nel disastro, ha fatto di tutto per allontanarla.


Così, io m'invento una scusa per farla venire a Roma
affinché possa restare con me!

Avevo bisogno di chiarirmi con lei, di togliermi dubbi e
problemi. Le ho detto subito che se voleva stare con me non
avrebbe mai dovuto frapporsi fra me e il mio lavoro. Ha
accettato. Eppure, io non mi fidavo! In ogni caso lei ha
cominciato a seguirmi nei miei spostamenti, per film miei o per
altre produzioni. Non volevo che questo potesse crearle
problemi, così le ho parlato sinceramente: se avesse voluto
fare hard, io non sarei stato contrario, non mi avrebbe dato
fastidio. Non le avrei mai fatto scenate di gelosia. Ma neanche
lei me ne avrebbe dovute fare.

Allora lei mi ha guardato, sorridendo e mi ha detto: «Ma
non succederà, Rocco. Per quanto riguarda me, invece, non mi
piace nessuno... sono tutti brutti!».

Dall'ingenuità della sua risposta ho avuto conferma che
Rosa non era proprio tagliata per fare l'attrice hard, mostrava
troppo pudore. Lei è incapace di mentire. Quando fa una cosa,
ci mette tutta se stessa, senza altri fini. Non riesce, per
esempio, nemmeno a controllare la mimica corporale di fronte
a qualcosa che non le piace, e questo atteggiamento non ti è
certo di aiuto nella vita; fortunatamente io l'ho sempre
considerato assai più che un pregio!

La mia tribù: la mia ragione di vita 179

Io sono uno curioso di tutte le sfumature del sesso, nel bene
e nel male, e posso anche andare a letto con donne senza
provare sentimenti o una forte attrazione per loro. Rosa no,
per lei è impossibile. Lei è la purezza. Eppure, per starmi
vicino si divertiva a interpretare alcuni ruoli, ritagliandosi la
possibilità di fare scene solo con me. Fra questi, i film più
importanti in cui abbiamo lavorato insieme sono stati, oltre a
The Body guard, Tarzan X, Rocky X e il Marchese de Sade.

A Rosa piaceva molto recitare, si impegnava con grande
professionalità.

C'è un aneddoto divertente legato alle riprese di Tarzan. Io e
Rosa dovevamo arrampicarci su un albero, come due scimmie,
ma io soffrivo di vertigini, mi ero abbarbicato alla base del
tronco e non mi spostavo, quando ho visto volare sopra di me
Rosa che leggerissima era già arrivata in cima.

«Oh, mio Dio» faccio io, nel panico. «E adesso come scendi?»
E Rosa: «Così. Come sono salita» e in un attimo era di
nuovo giù.

Mi sono sentito ridicolo davanti a tutta la troupe, Joe
D'Amato sghignazzava, mentre diceva qualcosa come:
«Rocco, hai trovato qualcuno che ti insegnerà qualcosa!».

Rosa aveva il potere di stupirmi qualsiasi cosa facesse o
dicesse.

Come nome d'arte avevo scelto per lei Rosa Caracciolo. Le ho
dato questo nome perché la sua naturale aristocraticità mi faceva
pensare al mio grandissimo amico Franco Caracciolo, un uomo
che proveniva da una famiglia nobile, della quale aveva
mantenuto intatti tutti i modi, e che purtroppo avevo perso da
poco.

Durante i nostri viaggi io e Rosa abbiamo avuto non poche
discussioni, la sfibravo con i miei dubbi e la mia sfiducia. Non
capivo come potesse accettare il mio lavoro. Per circa due anni
ho dubitato della sua sincerità. Mi chiedevo che cosa mi
nascondesse, quale brutto colpo si preparava a giocarmi e,
soprattutto, quando sarebbe successo. Mi era difficile credere
che questa ragazza, così diversa da me, avesse l'intelligenza e
la generosità di accettare me e la mia vita da pornostar. Le


180 Io, Rocco

proponevo un'esistenza complicata agli occhi della società e
lei l'accettava giorno per giorno, comunque. C'era qualcosa
d'illogico, che io non riuscivo a capire, mi sfuggiva qualcosa
che non era immediato da ammettere. Mi sono fatto mille
domande sulle ragioni del suo amore per me.

Consapevolmente, oggi me ne dispiaccio, non è stato
semplice per lei starmi accanto e io non ho fatto niente per
facilitarle il compito, soprattutto sul piano sessuale. Ho
rischiato più di mille volte di mandare in pezzi la nostra storia.
Quando ci siamo conosciuti ero all'apice della mia carriera e,
nonostante la vedessi preoccupata, talvolta, di non essere
all'altezza della varietà delle mie occasioni sessuali, avevo fatto
e continuavo a fare sesso con centinaia di altre donne, prima di
lei e dopo di lei, centinaia di bellissime attrici, e non facevo
niente per rassicurarla.

Mi chiedevo quello che si chiedono tutti, chiunque appena sa
che sono sposato mi domanda: «E tua moglie non ti dice
niente?».

Ecco, me lo chiedevo anch'io. Sarà stato per il retaggio
culturale, quello stesso che mi faceva pensare che non mi
sarei mai potuto sposare. Nel pieno di una delle tante crisi,
una volta a Los Angeles, non mi ricordo più per quale motivo
specifico, l'ho messa su un aereo e l'ho costretta a tornare in
Ungheria. Insistevo perché se ne andasse, al contrario, lei
insisteva per restare.

Oltre la porta d'imbarco si è voltata verso di me e mi ha
detto: «Tanto ci penserà qualcuno lassù, sta' sicuro».

Accadeva di pomeriggio. La notte stessa c'è stato un
terribile terremoto! Ero al tredicesimo piano di un hotel, le
oscillazioni erano fortissime, e ho veramente avuto paura.
Non riuscivo a non pensare a lei, il terremoto era sicuramente
un segno del destino e, l'avrete capito ormai, io credo ai segni
del destino.

C'erano tante cose che non mi spiegavo di lei, per esempio,
con il suo corpo avrebbe potuto guadagnare quello che
voleva, soprattutto dopo esser stata Miss Ungheria nel '90,
invece,

La mia tribù: la mia ragione di vita 181

con il denaro del concorso si era comprata una casetta in città
e faceva lavoretti per pochi soldi al giorno. Era stata
parrucchiera, modella e poi giornalista.

Era altera, e subito dopo era anche quella stessa ragazza
semplice che era scesa a spingere il pullman per venire alla
stazione di Cannes a fare volantinaggio sulla Croisette!

In quel periodo della mia vita, per me le donne erano tutte
uguali, magari per deformazione professionale; conoscerne
così tante e con ognuna di loro avere lo stesso genere di
rapporto ti può dare l'illusione di credere che abbiamo tutte la
stessa sessualità. Rosa mi ha fatto cominciare a capire le
differenze. Mi ha dimostrato che non è così. Con lei ho
riscoperto il lato più naturale dell'umanità.

Nel bel mezzo di una grave crisi, Rosa mi dice che se ci
sposiamo i problemi finiranno. L'idea di una famiglia, di avere
dei figli, dice, questo mi tranquillizzerà. Ero stupito di sentirla
parlare così. Ma come? Erano proprio quelli i motivi che mi
tenevano in agitazione! E lei li usava per dissipare ogni mia
ansia. La sua idea di famiglia era genuina, assolutamente
sana. Mi ha indotto ad accettare la sua buona fede e, da quel
momento, come per magia, è diventato tutto perfetto tra noi.

Mi sono domandato spesso: se Rosa fosse nata in Italia, sotto
l'influenza della religione cattolica, avrebbe accettato con la
stessa naturalezza il mio lavoro?

La nostra coppia si è mantenuta compatta, ha superato prove
difficili, e ogni giorno si è consolidata sempre più.

Rosa non ha mai detto una parola sul fatto che io facessi
sesso con tutte quelle attrici. Che questo fosse il mio lavoro, e
la mia passione, lo sapeva già da prima, ma era successo
qualcosa di nuovo, io ero cambiato, avevo accettato di
costruire la fiducia tra noi. Del resto, non ho mai più provato
alcuna attrazione sentimentale per un'altra donna in questi
tredici anni.

Tuttavia, quando si decide di diventare un attore di film
pornografici la vita sentimentale diventa molto complicata. Io
sono


182 Io, Rocco

stato fortunato di aver incrociato sulla mia strada una donna
come Rosa, con un'intelligenza rara che le permette di
condividere con me quello che non so quante donne avrebbero
anche solo potuto tollerare. Non ha mai fatto finta di capire e
accettare il mio lavoro. Rosa mi ha sempre sostenuto con
sincerità. E senza la sua integrità che ci ha protetti dai commenti
delle amiche e dei conoscenti, dagli sguardi maligni e dai
pregiudizi, quanto saremmo durati noi come famiglia? Ha una
forza psicologica che a volte mi fa quasi paura. Sono oltre
tredici anni che, senza mai farmelo pesare, trova ogni giorno la
grande dignità di allontanare dalla nostra vita privata quello che
per noi non è importante.

L'unica volta in cui Rosa ha voluto dire la sua sulla mia
professione, pensate un po', è stata quando ho fatto un film di
cinema tradizionale. Sarei dovuto partire per sei settimane di
riprese non stop lontano da casa, e il mio personaggio doveva
vivere una storia d'amore intensa con la protagonista
femminile.

Rosa mi ha detto: «Ti conosco, Rocco, tu non fai mai le cose
a metà. Tu sei abituato a fare sesso davvero davanti alla
telecamera e se qui dovrai innamorarti, io so che tu lo farai
davvero. E io, sappilo, non potrò accettarlo».

Questa è Rosa. La maggior parte delle donne si sarebbe
rallegrata di vedermi interpretare un ruolo per il cinema
tradizionale, senza intuire immediatamente e saper individuare
i pericoli che ciò avrebbe comportato. Ma Rosa no, è una
ragazza tutta d'un pezzo, senza compromessi. E agisce per
istinto, sentendo in ogni occasione ciò che è meglio per tutti
noi. Se questa volta intuiva un pericolo, io dovevo
assecondarla. È per questo, forse, che stiamo insieme da così
tanto tempo.

E sono straconvinto che, al di là della sua bellezza, sono
state la sua purezza e la sua intelligenza a farmi innamorare di
lei.

Almeno una volta l'anno, ogni anno, le faccio la stessa
domanda: «Rosa, che ci fai tu con un uomo come me?».
E la sua risposta è la stessa, da sempre: «Perché in una vita
normale, con un uomo normale, mi sarei annoiata a morte!».

La mia tribù: la mia ragione di vita 183

Quando le ho detto che intendevo chiudere la mia carriera di
attore, la sua risposta non è stata: «Ah davvero?» come mi
sarei aspettato.

Lei non ha detto nulla, è rimasta perplessa per tutto il
giorno. A cena sono tornato sull'argomento, le ho richiesto se
c'era qualcosa che non andava nella mia decisione, lei ha
alzato lo sguardo dal piatto e mi ha risposto: «Ti basterò io da
sola?».

Sinceramente mi ero preparato ad affrontare molti aspetti di
questa decisione, ma a quell'ulteriore risvolto non avevo
pensato. Ancora una volta mi metteva di fronte il suo
straordinario senso pratico!

Oggi posso dire senza ipocrisia che le perplessità di Rosa
erano quanto mai realistiche; non è facile passare da una
situazione in cui ci si alza e si va sul set per fare l'amore con
quattro, cinque partner differenti, a una in cui si vive accanto
alla propria donna tutti i giorni. Riconosco che non è facile,
ma faccio comunque il possibile per concentrare ancora di più
tutte le mie energie su di lei e sulla mia famiglia. La sensibilità
e la grande dedizione che Rosa mi ha dimostrato meritano in
questo momento della mia vita la mia più grande attenzione.

Del resto mi sono disintossicato dal mio lavoro in pochi mesi:
ho ridotto gradatamente il numero di scene in cui dovevo
recitare, per abituare il mio corpo e la mia libido a una
quantità minore di atti sessuali. All'inizio dello svezzamento ho
sofferto enormemente, fisicamente ma soprattutto
psicologicamente. Vedere ragazze bellissime con attori che, a
volte, non hanno nemmeno l'erezione o che non sanno
preparare la partner -che è una delle fasi fondamentali per la
buona riuscita di una scena di sesso, e che purtroppo gli attori
di oggi prendono molto alla leggera -è per me un supplizio
terrificante!

Mi sono chiesto più volte che cosa ne sarebbe stato della
mia vita se non avessi incontrato Rosa! Chi lo sa, magari avrei
trasformato la mia vita privata in un set sempre aperto, avrei
comprato una casa megagalattica a quattro piani e l'avrei
riempita di super-fiche. E magari avrei avuto tutti i giorni
qualche riga di coca su un tavolo di cristallo! Solo a immagi



184 Io, Rocco

narmelo, sono già annoiato. La ripetitività avrebbe reso il
tutto ordinario, insopportabile, quanto di più estraniante per la
persona. Nemmeno facendo questo genere di lavoro avrei
potuto usare il sesso come alibi per riempire la vita, se non ne
avessi trovato il senso che mi riguarda intimamente. D'altra
parte non ho mai voluto avere nemmeno una vita normale,
un'esistenza stereotipata con orari di lavoro da rispettare, capi
lunatici da considerare, un impiego sedentario e ripetitivo. Ho
capito molto in fretta che non ero tagliato per fare
quarant'anni questo tipo di vita, che era l'esatto contrario di
quello che avrei voluto, e ho sempre fatto di tutto per vivere
diversamente, rifiutando l'ordine prestabilito delle cose e il

politically correct.

La sfida di sposarmi con Rosa e avere dei figli all'inizio
sembrava comunque impossibile da realizzare. Ma oggi sono
dodici anni che condividiamo la vita e abbiamo due bambini
meravigliosi. Prima di incontrarla, io avevo dato per scontato
che volendo fare il mio lavoro non avrei potuto concedermi il
lusso di una famiglia. Lei mi ha convinto del contrario. Ha
reso la mia esistenza davvero completa. E posso senz'altro
dire che il suo ingresso nella mia vita ha rafforzato il mio
equilibrio psicologico nell'affrontare questo lavoro, ha
contribuito alla costruzione stessa del mio lavoro. Ma anche
alla strutturazione di me come uomo adulto.

La gente spesso spalanca gli occhi, sorpresa, quando sa che
siamo una coppia sposata e solida. Come si concilia la vita del
pornostar con quella di una famiglia che più classica non si
potrebbe? Eppure, noi siamo la prova vivente che è possibile:
un pornostar è un uomo come tanti altri, che si innamora e che
può tranquillamente assumersi la responsabilità di una
paternità in modo sano.

Tutto quello che faccio è indirizzato a loro: Rosa e i miei
bambini sono la cosa più importante della mia vita.

Ovviamente siamo come tutte le coppie, litighiamo e discutiamo
per gli stessi motivi per cui lo fanno tutti. Ma ciò che ci
salva è che non siamo superficiali, non abbiamo paura di af-

La mia tribù: la mia ragione ài vita 185

frontare e approfondire subito qualsivoglia problema e
toglierlo di mezzo per poter proseguire.

Sono stato perennemente accompagnato dalla sensazione
che viviamo in una società che non ti lascia il tempo di
conoscerti davvero, di soffrire per correggere un tuo difetto e
poter crescere insieme alla donna che ami. Che ti induce a
essere duro con te stesso e con gli altri, senza permetterti di
conquistare nessuna vera soddisfazione dal punto di vista
umano, a meno che tu non sia disposto ad allontanarti da tutto
quello che non ti riguarda direttamente e a ragionare con la
tua testa. Ho capito che è fondamentale avere la capacità di
immaginare soluzioni pratiche per costruire la propria felicità.

Per nulla al mondo lascerei Rosa e i bambini. Se si dovesse
presentare una situazione di crisi così grave, sarebbe più facile
per me immaginare un mondo nuovo e costruirlo, piuttosto
che chiudere con la mia famiglia!

Ma se un giorno non dovessimo amarci più, certo non
saremmo ipocriti, certo non faremmo finta che nulla sia
cambiato per salvare le apparenze davanti ai nostri figli. I
bambini sanno sempre tutto, e la falsità che gli adulti
perpetrano ai loro danni è la cosa più deprecabile e denigrante
che io possa immaginare.

Da quando sono nati Lorenzo e Leonardo mi sono reso conto
che essere padre è il mestiere più complicato del mondo. Non
nasci mica che lo sai già fare, lo impari intanto che lo fai, e
così ovviamente sbaglierai anche tante volte, ma essere padre
ti dà la coscienza che non puoi mai sottrarti al dovere
principale di essere un educatore. L'infanzia è il periodo più
bello, e anche il momento in cui ci si costruisce, ci si arma per
il futuro. Il ruolo dei genitori è fondamentale se non si vuole
rovinare l'inizio di un uomo o di una donna.

Mia moglie a volte mi dice che vizio troppo i nostri figli.
Tuttavia faccio ben attenzione a non confondere i loro veri
desideri con i capricci che talvolta fanno. Preferisco che
pratichino attività sportive, piuttosto che passino quattro,
cinque ore davanti alla PlayStation. Da alcuni anni Lorenzo e
Leonardo hanno


186 lo, Rocco

scelto di correre in moto, io cerco di essere sempre presente alle
loro gare, mi organizzo perché i miei impegni possano
combaciare con le loro esigenze. Mi piace fare il padre. Adoro
andare a prenderli a scuola. La gioia incontenibile che mi
trasmettono quando mi abbracciano all'uscita non ha prezzo.
Credo che queste cose siamo il fondamento, per il futuro, di
un rapporto solido tra un padre e un figlio. A volte, quando
stavo fuori troppo a lungo, al ritorno li riempivo di regali per
reprimere il mio senso di colpa, poi ho capito che non funziona
così, è molto più importante cercare di stare con loro il più
possibile.

L'insegnante di Lorenzo mi dice che si accorge dal suo
comportamento se in quel periodo io sono a casa. Ecco, avere
la certezza di essere qualcosa di importante per loro è ciò che
mi riempie di senso.

Devo anche riconoscere di essere stato molto favorito dalla
sorte per aver incontrato una donna che ha lo stesso mio senso
di responsabilità nei confronti dei figli. Sicuramente Rosa, in
questi anni, ha messo da parte tutte le sue ambizioni per
restare vicina ai suoi figli. Conosco tantissimi genitori, sia
madri sia padri, che se ne fregano delle responsabilità e
lasciano tutto il lavoro sulle spalle del coniuge più
consapevole, con tutti i problemi che ne conseguono.

Ho cercato di educare sia Lorenzo sia Leonardo alla consapevolezza
che tutto ha un costo e che bisogna lavorare e anche
saper fare dei sacrifici, e, soprattutto, che è importante dare un
valore a quei sacrifici.

Del resto, quando partivo, il piccolo mi diceva sempre: «Papà,
non ci sono più soldi? È per questo che vai a fare sexy vero?».
Allora io gli rispondevo: «Ognuno di noi ha il suo lavoro, il
vostro è quello di andare a scuola e studiare bene!».

Da quando ho avuto i miei figli vivo più di giorno rispetto a
prima. Dormo solo cinque o sei ore a notte. A volte mi sveglio
nel cuore della notte e resto a letto, in silenzio, a pensare. Mi
faccio domande che ruotano tutte attorno a questioni esistenziali
e ai miei figli. Da quando sono nati, ho iniziato a preoccu-

La mia tribù: la mia ragione di vita 187

parmi per loro, soprattutto per il primo. Il primo figlio ti coglie
di sorpresa, non ci sei abituato. Tutte le notti mi alzavo a guardarlo
dormire e a controllare che fosse vivo. Osservandolo, mi
accorgevo di che razza di miracolo è un figlio! È qualcos'altro
da te, eppure è così tanto di te. Mi riconoscevo in una sua
espressione, in un dettaglio specifico dei suoi tratti, in un accenno
di sorriso, non avrei potuto immaginare uno sballo, un'emozione
più forte nella vita: tutto quello che puoi trovare avrà
sempre un effetto limitato, i tuoi figli non finiscono mai!

Una volta stavamo per perdere Leonardo per una sciocchezza
di cui non posso rimproverare nessuno, né me stesso né Rosa.
Eravamo in Egitto, lui aveva preso dal tavolo un pugno di
noccioline e le aveva inghiottite senza masticarle. Correndo,
ha avuto un attacco di tosse e alcune noccioline gli sono finite
nei polmoni; ha cominciato a soffocare, senza che noi ci accorgessimo
di niente.

Per un mese non abbiamo saputo quello che gli era successo,
aveva difficoltà respiratorie sempre maggiori, i diversi medici
dai quali lo portavamo diagnosticavano tutti cause differenti:
asma, adenoidi eccetera. Leonardo era sempre più debole, si
trascinava lentamente per la casa, e mentre prima era un vero e
proprio tornado, ora non aveva più energia.

Un giorno, davanti a Rosa, Leonardo è diventato
improvvisamente pallido e poi si è fatto scuro in volto. Rosa
credeva che gli fosse andato qualcosa di traverso e, di riflesso,
gli ha stretto molto forte la cassa toracica, e lui ha ripreso a
respirare. L'ha portato subito in ospedale e dalla radiografia si
sono resi conto che il cuore si era spostato un po' verso il
centro del petto. Il medico, un uomo anziano con molta
esperienza, ha interpretato questo come un chiaro segnale su
cui indagare. Lo ha addormentato per potergli introdurre una
sonda e ha visto subito che aveva sette noccioline incastrate
tra l'esofago e i polmoni.

Per un mese intero non sono riuscito a dormire, e tuttora
ringrazio Dio perché mio figlio è salvo.


188 Io, Rocco

I miei bambini hanno anche loro un carattere molto forte, e
qualche volta diventa difficile gestire le situazioni senza
perdere le staffe. Mi ricordo che quando Lorenzo aveva solo
tre anni mi aveva piantato una grana perché voleva fare
motocross con me. Era così piccolo che gli ho detto che gli avrei
comprato una moto solo quando fosse stato in grado di andare
sulla bicicletta senza le due ruote di sostegno. Pensavo così di
cavarmela, e che per alcuni mesi sarei stato tranquillo. Sono
partito per il weekend, ma al rientro lui mi ha chiesto subito di
togliergli le rotelline. Mi ha portato in strada con lui, ha
inforcato la bici e si è messo ad andare su e giù per la via. Il
giorno dopo eravamo al negozio di moto. Avevamo fatto un
patto, Lorenzo aveva rispettato la sua parte e adesso toccava a
me.

Sotto questo aspetto debbo anche riconoscere a Rosa che è
una super mamma, adora i bambini e, soprattutto, è una
mamma coraggiosa, è una mamma che prende dei rischi per
assecondarmi nell'educazione che ho scelto per loro.

Voglio talmente bene ai miei ragazzi che farei tutto per loro.
Mi ricordo che quando sono arrivato a Budapest, dopo aver
comprato casa, ho cominciato a tracciare una piccola pista da
motocross con un bobcat su un terreno non lontano da casa.
Niente di straordinario, solo una pista dove i miei figli potessero
divertirsi in tutta tranquillità e, soprattutto, in perfetta sicurezza.
Sono arrivati subito gli agenti della forestale per chiedermi
che cosa stessi facendo. Mi hanno ordinato di lasciare
subito il posto. Io l'ho fatto immediatamente ma, per non deludere
i miei figli, ci sono ritornato tutte le notti per una settimana,
con una torcia tascabile, e ho continuato a fare la pista,
ultimandola con qualche piccolo salto. Una follia, tutto con la
torcia e, alle sei del mattino quando il sole spuntava, via a casa!
Purtroppo, i miei sforzi sono serviti a poco perché da lì a
una settimana la forestale è arrivata con la ruspa e l'ha spianata
di nuovo.

La gente mi fa spesso questa domanda: «Ma i figli di Rocco
Siffredi sanno che lavoro fa il loro padre?».

La mia tribù: la mia ragione di vita 189

La risposta è sì. I miei bambini sanno esattamente quello
che faccio, qual è la mia professione e come mi guadagno da
vivere. Mi è sembrato molto importante metterli subito a
conoscenza del lavoro che facevo, perché non fa parte del mio
carattere far sapere qualcosa che mi riguardi alle persone che
contano da un intermediario o, magari, fra qualche anno, dai
loro compagni di classe. Io e mia moglie cerchiamo di
crescerli senza ridicoli tabù sul sesso perché, alla loro età, noi
non facevamo questo tipo di discorsi con i nostri genitori e ne
abbiamo sofferto. Rosa ha spiegato loro tutto dal punto di
vista anatomico, in modo straordinariamente pedagogico e di
certo meglio di come avrei potuto fare io. Loro sanno
perfettamente come un uomo e una donna sono fatti. Io,
invece, ho cominciato ad affrontare la questione della
sessualità con mio padre quando lui aveva settant'anni!

A questo proposito, mi torna in mente la storia di mio zio
Costantino. Aveva due bambine di circa dodici e quattordici
anni e un giorno è scoppiato lo scandalo. Costantino mostrava
alle sue bambine delle riviste pornografiche e spiegava loro
con le immagini come funzionava la sessualità fra uomo e
donna. Diceva loro che da lì a qualche anno avrebbero
incontrato un ragazzo e che avrebbero cercato di fare questa o
quell'altra cosa.

Oggi so che queste due ragazze sono due donne sposate,
perfettamente equilibrate, che non hanno alcun problema sul
piano sessuale. Se dovessi scegliere tra il suo modo di educare le
figlie e quello che i miei hanno usato con me, preferirei di
gran lunga quello di mio zio. Il silenzio che regna sul tema del
sesso, per tutti i tabù imposti, è assolutamente ridicolo
oggigiorno, in una società come la nostra. Più si tace
sull'argomento, più questo diventa un cosa oscura, strana,
piena di falsi concetti, di menzogne, d'ipocrisia. Certo,
Costantino si era spinto senza dubbio un po' oltre, ma lasciare
la gente nell'ignoranza è il modo migliore per sviluppare
immense frustrazioni.

Tuttavia, nonostante sia molto soddisfatto dell'educazione
che stiamo dando loro, sono abbastanza preoccupato per i miei


190 Io, Rocco

bambini. La nostra società uccide tutto quanto cerchi di
svilupparsi in modo naturale e spontaneo. In ogni settore della
vita è in atto una lotta senza quartiere, in cui il valore che
emerge è il piccolo ego. È il nuovo razzismo, quello che ti fa
meritare il rispetto solo per i tuoi soldi. Io non sono un
sociologo, però ho una buona memoria. Non vorrei nemmeno
sembrare nostalgico, ma mi ricordo che venticinque anni fa un
egoismo così generalizzato non esisteva, la gente era più
generosa e soprattutto era meno stressata.

Mi annoia un mondo in cui il pensiero è seriale, a tutti si
chiede di essere performanti, di avere gli stessi ritmi; l'umanità
mi piaceva molto di più quando c'erano caratteristiche
personali che ci rendevano esseri umani distinguibili.

Domani e ora

La mia vita è sempre stata un connubio molto violento di felicità
e di profonda tristezza, un caldo e freddo continuo. Ho la
sensazione che ogni volta che mi è successo qualcosa di fantastico
ho immediatamente dovuto pagarlo. Ci sono persone per
le quali l'esistenza è un lungo fiume tranquillo, senza alti né
bassi. Per me non è stato così. La felicità è sempre andata di
pari passo con il dolore.

E tuttavia, se potessi rinascere e morire di nuovo, rifarei per
mille volte esattamente le stesse cose. Perché credo che ciò che
vale davvero la pena di comprendere, e che vorrei condividere
con voi, è che l'importante è raggiungere dentro di noi il cuore
delle nostre passioni più autentiche, non importa quanta fatica
ci costerà. E poi chiederci quello che vogliamo veramente
dalla nostra vita con correttezza, qualsiasi cosa stiamo
cercando, senza falsità né ipocrisie, perché non esisterebbero
risposte sbagliate se non esistessero domande mal poste.

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